Si è spento all'età di
91 anni a
Leeds, città del
Regno Unito, il filosofo e sociologo polacco
Zygmunt Bauman, considerato uno tra gli intellettuali contemporanei più attivi e illuminati sulle problematiche sociali fino agli ultimi istanti della sua esistenza. Di origine ebraica, nato nel
1925 a
Poznan, in
Polonia, viveva da anni in
Inghilterra, dove si era dedicato all'insegnamento della
sociologia. Conosciuto in tutto il mondo per le sue teorie sulla
'postmodernità', era riuscito ad analizzare il tessuto sociale e politico definendolo
'liquido', ovvero inafferrabile, viste le dinamiche consumistiche legate alla globalizzazione. Questo processo di mutamento rapido delle economie e della politica, causato innanzitutto dal
crollo delle ideologie, ha portato a uno
smarrimento delle
identità culturali, tanto che l'esposizione costante al cambiamento è diventata una sorta di
'violenza' volta all'incertezza della collettività.
Bauman parlò della fragilità dei legami affettivi, della profonda solitudine dell'uomo, della cultura nell'età dei consumi sfrenati, con un riferimento all'uso smisurato dei
social network, in particolare di
Facebook. Nel tempo moderno, tutto è
'liquido', perché non c'è una struttura: ogni singola operazione, sia commerciale, sia relazionale, appare anonima, sfuggente, senza consistenza. Ne emerge un
individualismo apparentemente
forte, ma in realtà
fragile. Ci restano, dunque, le lezioni di un docente che ha lasciato una traccia
'solida' e strumenti efficaci per capire in che direzione stiamo andando e come stiamo cambiando. Sarebbe interessante affrontare meglio la sua
'Etica del lavoro ed estetica del consumo', dove il ritardo della gratificazione in ambito professionale provoca due tendenze in opposizione: mezzi e fini si invertono, premiando il lavoro fine a se stesso, estendendo la continua ricerca di regole e modelli comuni.
L'estetica del consumo si è sempre più
estremizzata verso un campo di innumerevoli possibilità, di sensazioni da vivere alla ricerca di situazioni diverse da provare. Ecco perché le persone sono attratte dalle
tecnologie e dalle
realtà virtuali. In ogni saggio, a partire da
'Amore liquido: sulla fragilità dei legami affettivi' edito da
Laterza a
'La società dell'incertezza' edito da
Il Mulino, passando per
'Stato di crisi' edito da
Einaudi fino a
'Per tutti i gusti: la cultura nell'età dei consumi' edito da
Laterza, Bauman compie un'analisi dettagliata della nostra contemporaneità, definendo con precisione le dinamiche della modernità. Monitora la transazione e il passaggio dalla cultura moderna a postmoderna. Già nel
1989, nel lavoro
'Modernità e Olocausto', riuscì a stabilire un contatto tra la persecuzione degli ebrei e le regole della civiltà odierna. Considerò lo sterminio un fatto che potrebbe ripetersi, proprio perché la
'Shoah' è stata il frutto della
tecnologia e della
burocrazia. Il potere è nel controllo di pensieri e azioni. Siamo noi stessi, oggi, a facilitare il compito delle aziende, a diventare
'vittime' consumando i prodotti e informandoli indirettamente, fornendo i nostri gusti e le nostre scelte. Non esiste luogo, non ci sono più muri, perché veniamo
sedotti dall'autopromozione. Il fatto di doversi
'standardizzare' a ogni costo per non sentirsi esclusi non si basa sul non poter comprare l'essenziale, bensì sul non poterlo fare per sentirsi parte della modernità. Tutto si trasforma in
merce, anche
l'essere umano: la mercificazione delle esistenze e la conseguente omologazione portano a un
assorbimento, totale e passivo, per consuetudini e modi di vivere basati su precisi modelli culturali. Tali comportamenti vengono accettati e trasferiti di generazione in generazione, senza alcuna contestazione o
spirito critico. Ecco che si dà forma alla
'spersonalizzazione', fino a giungere
all'alienazione. Viviamo in un'epoca dove
l'eccesso è
all'ordine del giorno. E lo stesso flusso di informazioni crea una serie di incertezze e frustrazioni. La precarietà richiede, invece, qualcosa di più solido e concreto. L'individuo ha bisogno di sentirsi
considerato. Purtroppo, continuano a crescere
paure e si fa spazio la
violenza. Lo sguardo di
Bauman è sempre stato vigile, curioso verso le nuove realtà del progresso, critico verso quelle
'reti' che si sono sostituite alle
strutture, verso quegli individui che da cittadini sono diventati dei veri e propri
'clienti' di un modello economico in cui tutto è veloce, istantaneo, senza meditazione, dunque privo di libertà. La smania dell'avere, di possedere, hanno fatto perdere il vero senso delle cose e il concetto stesso di
felicità. Secondo
Bauman, la felicità doveva essere un obiettivo a cui tendere, non una vita
priva di problemi: bisogna, invece,
accettare la sfida, mettersi in gioco, impegnarsi ad affrontare le difficoltà. Parole profonde, importanti, per costruire un futuro con dignità. Dobbiamo
"dare le ali" a ciò che ci blocca a terra come un
'macigno': facciamone tesoro.