Carla De LeoLa 'crisi ucraina' e le differenti opinioni sulla situazione in Medio Oriente avevano determinato un deterioramento delle nostre relazioni con Mosca. Ma la riapertura del Consiglio italo-russo, recentemente riunitosi presso la nostra sede diplomatica dopo 4 anni di 'stop', ha voluto mettere la parola fine al 'gelo' tra Roma e Mosca. Infatti, era dal 2012 che il Consiglio italo-russo non si riuniva: ben quattro anni di interruzione di uno dei 'fori pilastri' dei nostri rapporti istituzionali con la Russia. La crisi in Ucraina e le differenti posizioni sui temi legati alla risoluzione dei conflitti in Medio Oriente avevano dato origine a un quadro politico complesso. E, in un clima simile, la cooperazione, soprattutto quella di carattere economico-finanziaria, non poteva certamente trovare spazio. Riprendere un'attività che si era bruscamente interrotta per quattro anni testimonia, tuttavia, la volontà di ambedue le parti nel voler ritrovare una via di dialogo e di collaborazione. Le motivazioni sono indubbiamente da ricercare nella necessità di ridare nuovo slancio alle 'provate' economie dei due Paesi. Ma, più in generale, è altrettanto vero che gli scambi economici favoriscono i buoni rapporti. E il 'gelo' non fa bene né all'Italia, né a Mosca,all'Europa intera. Quel che è necessario, come ha sottolineato il nostro ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, è che la cooperazione affondi nella comprensione, nella fiducia e nella franchezza, perché "la Russia è un Paese essenziale nell'equilibrio mondiale e dobbiamo, perciò, confrontarci nelle varie situazioni di crisi: dalla Siria alla Libia, dalla lotta al terrorismo al radicalismo di matrice religiosa. Il nostro auspicio è che Mosca possa ancora mostrare la sua influenza moderatrice per gli equilibri nel Mediterraneo". Questi dunque i presupposti con cui si è aperta la XIV sessione del Consiglio, che si è svolto nei giorni scorsi presso la Farnesina e che ha visto riuniti sotto lo stesso tetto i più alti rappresentanti del mondo della politica, dell'economia, della finanza e delle imprese di Russia e Italia, con l'obiettivo di rafforzare i rapporti diplomatici, ma ancor di più quelli economici. Noi abbiamo bisogno di investitori: questo non è un segreto. Le 'armi' utilizzate per convincere la controparte russa a investire nel nostro Paese o a chiudere accordi puntano soprattutto sulla forza del popolo italiano, che dopo la profonda recessione del 2009 è riuscito a ristabilire un segno positivo al tasso di crescita, per quanto ancora piuttosto basso: la domanda interna sta tornando a farsi sentire; il tasso di disoccupazione è in lieve diminuzione; i mutui hanno ripreso a essere erogati, passando da 19 miliardi di euro degli scorsi anni agli attuali 74. Altri fattori di rilievo, come per esempio la presidenza italiana dell'Osce nel 2018 e la presidenza nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per il prossimo anno, testimoniano la sostanziale 'tenuta' italiana, anche se un po' a 'denti stretti', di questi anni. Il 'Made in Italy' si conferma la nostra principale attrattiva, come testimoniato dalla nostra economia manifatturiera, che è la seconda al mondo e che è riuscita a resistere ai nuovi attori del commercio globale, superando le performance di Francia, Giappone, Stati Uniti e Gran Bretagna, insieme ai settori biomedicale e aerospaziale, con oltre 20 mila imprese esportatrici coinvolte. Fattori di una 'ripresa' cercata e voluta con duro lavoro e grande spirito di sacrificio, da parte italiana. Il mercato russo, vasto per dimensioni e prospettive, è dunque allettante e può offrire opportunità anche nella filiera dell'agroalimentare, oltre che nel settore energetico, dell'industria e della ricerca biomedica e spaziale. Inoltre, l'enorme successo recentemente riscosso dalla mostra su Raffaello ha ampliato lo spettro degli orizzonti, che puntano a collaborazioni anche in campo culturale e turistico. Il vicepremier russo, Arkady Dvorkovich, per parte sua ha osservato le potenzialità di una proficua collaborazione con l'Italia, soprattutto nell'agricoltura, nel campo energetico, nelle tecnologie e nel settore agroalimentare, dove la Russia ancora paga le sanzioni introdotte dall'Unione europea e in cui possono essere ampliate le forniture di quei beni che non rientrano in tali provvedimenti decisionali. La Russia si aspetta, peraltro, una maggior partecipazione delle imprese italiane dei comparti dell'informatica e delle telecomunicazioni, ma anche nel settore delle infrastrutture per la costruzione, soprattutto, di strade e ferrovie. E sottolinea come la precedenza verrà data a quegli investitori che punteranno sulle aree più 'difficili', come il Caucaso settentrionale e l'estremo oriente della vasta regione russa. L'incontro si è poi concluso a Villa Madama, con la firma di un primo accordo su turismo e cultura, oltreché nel merito di diversi progetti, sempre riguardanti il settore delle infrastrutture. Ma l'impressione di un riavvio del dialogo anche intorno alle questioni geopolitiche e sulla crisi siriana, in cui la Russia ha saputo dimostrare un peso politico e militare decisivo, secondo noi è la vera notizia che sta 'dietro' a tutte queste notizie. E che la direzione di questa testata aveva sottolineato e auspicato sin dall'inizio della 'crisi ucraina'.


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