In
Italia, ogni anno, circa
7 mila persone vengono
arrestate e poi
liberate, perché
non colpevoli. Scambi di identità, sbagli madornali e false rivelazioni portano alla detenzione individui che, il più delle volte, non c'entrano assolutamente nulla con i reati imputati. E ci si ritrova vittime senza nemmeno capire il perché, sbattuti dietro le
'sbarre'. Vite sconvolte, rovinate per una casualità o distrazione e, oltre alla
'beffa', danni psicologici che rimangono come una ferita sempre aperta. Il
16% dei detenuti innocenti aspetta il primo processo; i
9.262 già condannati sono
in attesa di appello o di ricorso alla
Corte di Cassazione; solo il
66% dei carcerati è colpevole, mentre il
34% non ha subìto una
condanna definitiva. Secondo un'indagine
dell'Eurispes e
dell'Unione delle camere penali italiane, lo Stato ha speso, dal
1991 al
2012, circa
580 milioni di euro per risarcire
23.226 cittadini detenuti ingiustamente negli ultimi quindici anni. La legge prevede che vengano restituiti i soldi anche a tutti coloro che, nella fase di custodia cautelare, hanno dovuto subire un arresto insensato. Nel
2014 sono state accolte
995 domande di risarcimento, pari a
35,2 milioni di euro, con un aumento dei pagamenti del
41,3% rispetto al
2013. Nella classifica tra le città con maggior numero di risarcimenti troviamo:
Catanzaro con
146 casi, seguita da
Napoli con
143, Roma con
90 e
Palermo con
66. Analizzando le sentenze e le scarcerazioni degli ultimi
50 anni, sono milioni gli italiani reclusi e poi rilasciati perché
innocenti. Ma cosa succede a chi viene arrestato e sa di non aver commesso nulla? La privazione della libertà provoca un impatto così doloroso, che si trasforma da incredulità in paura. Il momento del
trasferimento in carcere viene vissuto come percorso materiale e interiore di sospensione di ogni certezza. Il rilevamento delle
impronte, le
foto, la consegna di ogni
effetto personale e
l'ispezione corporale diventano momenti pesanti di una procedura che chiude ogni contatto con il mondo esterno. La
'cella' diventa lo
'spazio' dove ci si rende conto del dramma assurdo in cui si è stati proiettati. Un vero e proprio
incubo che, come un
'girone dantesco', porta la persona coinvolta a essere trattata e considerata come il
peggiore dei delinquenti. La detenzione è una
prassi 'crudele', che va a modificare le esistenze. E se si aggiungono le varie
fasi processuali, che possono durare anni, quando l'errore viene accertato tutto ormai è
cambiato radicalmente e i pochi indennizzi non bastano a lenire la sofferenza vissuta nel tempo. Il
'caso-Tortora' resta uno degli esempi più noti di
'malagiustizia', ma ne esistono molti altri e continuano a crescere le cifre di questo fenomeno, particolarmente diffuso, che di certo non dà una buona
'immagine' al
sistema giudiziario italiano. Un
33enne di
Ascoli Piceno, accusato per detenzione di sostanze stupefacenti, è stato
sei mesi in carcere, ma lui con quella droga non ha mai avuto a che fare. E' stato perciò prosciolto per non aver commesso il fatto e riceverà
51 mila euro per ingiusta detenzione.
Giancarlo Noto, riconosciuto come autore di una rapina nei confronti di un'anziana, è finito in
'galera' per uno
scambio di persona: è libero grazie alle nuove prove fornite dall'analisi del
'Dna', ma nel frattempo si è fatto
un anno e tre giorni in prigione benché
innocente. Storie di uomini che hanno visto la loro esistenza cambiare, tra accuse rivolte e poi sconfessate. Sembra non si riesca a porre rimedio a tutti questi
errori. E, raramente, i magistrati che
'sbagliano' pagano. Tra l'altro, proprio nel
2015 c'è stato un
'boom' di innocenti in galera. Ciò porta alla luce uno scenario triste e drammatico, che si trascina da anni e che deriva da una mancanza di interventi efficaci da parte dei vari
Governi che si sono succeduti. Ecco allora la presenza sul territorio
dell'Associazione nazionale vittime degli errori giudiziari: una realtà di tutela che ci riporta come ogni anno vengano riconosciute dai Tribunali circa
2.500 ingiuste detenzioni, benché solo un terzo di queste vengano effettivamente risarcite. Se le istituzioni poco riescono a fare per ridurre il problema, il cinema e la letteratura cercano di dare voce a questa realtà. Nel
'docu-film' diretto da
Francesco Del Grosso, dal titolo
'Non voltarti indietro', viene narrata la storia di cinque vittime di errori giudiziari, scelte tra centinaia in
Italia: arrestati e assolti, ma con un dolore incancellabile nell'anima. Si tratta di un'emergenza sociale in cui delle
'sviste' possono danneggiare per sempre la vita di uomini e donne, che si sono visti privare all'improvviso della libertà. Anche se alla fine si ottiene la ragione ed emerge la verità, chi subisce una pena ingiusta fa fatica a uscire dalla dimensione del carcere. Diventa necessario parlarne, darne testimonianza, perché sono ancora troppi i
'senza colpa' e gli
'imputati in attesa di giudizio' che restano a lungo in prigione. Il libro
'Cento volte ingiustizia' (Mursia editore), scritto da
Benedetto Lattanzi e
Valentino Maimone, raccoglie centinaia di casi di vittime del sistema giudiziario. Dietro agli errori ci sono nomi, volti, persone, un'umanità che soffre. E viene naturale pensare che se un magistrato commette una
'gaffe', dovrebbe almeno ammettere pubblicamente le proprie responsabilità.