L'Italia è quel Paese dove spesso ci si
indigna per le cose
sbagliate. Non poche sono state, negli ultimi giorni, le polemiche seguite alla diffusione nel nostro Paese del gioco
'Pokémon Go', disponibile per cellulari. Ormai è passata più di una settimana dal
'lancio' sul mercato globale della
'app', sviluppata dalla
Niantic. E le polemiche hanno riguardato soprattutto la
sicurezza stradale e la
privacy, ma anche l'incredibile successo del gioco, capace di spodestare
'colossi' come
Youporn dalle classifiche di traffico sull'intera rete internet. I
'non appassionati' sono insorti inesorabili contro i ragazzini che giocano a
'Pokémon Go', affollando i loro punti di ritrovo digitali preferiti. Ma l'impressione che si ha, più che altro, è quella di
un'opposizione di principio verso qualcosa che già in passato si aveva fatto fatica a comprendere. Dal classico:
"Ma le belle ragazze non vi piacciono più?", passando per
"avete trent'anni e ancora giocate con i Pokemon?", gli attacchi sono stati molteplici. E se gli
Imam hanno chiesto di mettere al bando la
app perché quest'ultima starebbe banalizzando i luoghi di preghiera della religione islamica, i responsabili di alcuni musei hanno espresso la loro contrarietà in merito al fatto che alcuni
animaletti virtuali sarebbero stati nascosti presso le loro strutture. In effetti, ben più gravi risultano essere i casi di incidenti connessi al gioco. Come quello avvenuto in
California, dove due allenatori sarebbero precipitati da una scogliera proprio mentre cercavano i loro
Pokémon. Ma al di là di queste sporadiche situazioni di tragicità, il gioco, di fatto, è innocuo. E i motivi per
indignarsi dovrebbero essere
ben altri, soprattutto in
Italia. Per esempio, per la notizia di questi giorni dei
foraggiamenti bellici da parte del nostro Paese
all'Arabia Saudita. L'Italia, infatti, continua a rendersi
complice dei crimini di guerra
sauditi nello
Yemen, con
forniture e
assistenza bellica al regime di
Ryad. Pochi giorni fa, in particolare, alla
Fiera militare inglese di
Farnborough, Leonardo-Finmeccanica avrebbe firmato un contratto con
l'aeronautica militare saudita e con quella della
Giordania per la fornitura dei nuovi
'droni' Falco Evo. Ovviamente, l'azienda avrebbe voluto tenere riservata l'identità dei clienti, ma quest'ultima è stata rivelata dalla rivista americana
'Defense News'. Tutto ciò appare abbastanza paradossale: mentre su tutti i media italiani sta passando l'accorato appello dei
bimbi siriani, che si sono fatti immortalare da
un'agenzia di stampa locale (politicizzata) con un cartello in mano dove, a fianco alla frase
"Trovateci e salvateci", appare l'immagine di
'Pokémon Go', nel tentativo di sensibilizzare la comunità internazionale a intervenire per salvare quelle anime innocenti dal regime di
Assad, altrove stiamo partecipando, seppur indirettamente, alla censuratissima
guerra saudita contro lo Yemen, che ha già provocato la morte di
3200 civili, di cui ben
700 bambini. Un conflitto in cui i
2/3 delle vittime sono causate proprio dai
'raid' sauditi, che bombardano indiscriminatamente mercati, scuole e ospedali.
'Blitz' aerei sovvenzionati proprio dal nostro Paese. A questo proposito, dobbiamo precisare che il
parlamento europeo ha approvato, il
25 febbraio scorso, una risoluzione per l'imposizione di un
embargo sulla
vendita di armi all'Arabia Saudita. Pertanto,
l'Italia sta violando gli accordi internazionali e anche le proprie leggi nazionali, poiché le armi che vendiamo
all'Arabia Saudita sono utilizzate negli attacchi
contro la popolazione civile. E poco importa se l'accordo di
cooperazione bilaterale nel settore della
difesa del
1993, rinnovato nel
2007 dal
Governo Prodi, consenta alle aziende italiane di
aggirare la legge 185/90, che vieta la vendita di armi ai
Paesi in guerra, perché ciò che sta avvenendo nello
Yemen è un qualcosa di davvero
grave e
immorale. E dovrebbe
indignarci assai più di un'innocua
applicazione.