Carla De LeoUna mostra sulle correnti artistiche attive in Italia negli '80 e '90, recentemente presentata presso il ministero degli Affari Esteri, s'inserisce in un quadro di iniziative che mirano ad avvicinare sempre più il cittadino alle istituzioni: ce ne parla Anna Mattirolo, del Comitato scientifico della 'Collezione Farnesina'

L'arte è luogo d'incontro, un 'ponte' tra persone e civiltà differenti. Un linguaggio universale, che avvicina e fa dialogare. Ed è a questo spirito di vicinanza che si richiamano le sempre più frequenti iniziative promosse dal Maeci (ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, ndr), tra le quali s'inserisce anche la mostra sulle correnti artistiche attive in Italia negli anni '80 e '90 del secolo scorso, presentata di recente in Farnesina. L'esposizione, che va a decorare gli spazi del secondo piano dell'edificio, è stata inaugurata in occasione della nuova edizione di 'Farnesina Porte Aperte' e va ad accrescere una collezione, denominata appunto 'Collezione Farnesina', il cui corpo e la cui qualità stanno notevolmente aumentando. Nel complesso delle 223 opere presenti, selezionate dal team di esperti del comitato scientifico tra lavori già esistenti negli archivi del ministero, nuove acquisizioni e prestiti in comodato d'uso, emerge come la sensibilità artistica sia progressivamente cresciuta. Molto probabilmente, ci si è resi conto dell'enorme potenziale dell'arte in quanto grande strumento di comunicazione che 'ingentilisce' e fa sentire più vicini anche luoghi 'austeri', come le sedi delle nostre istituzioni. Ecco allora che le occasioni attraverso le quali la nostra diplomazia rinnova il proprio impegno nella promozione del patrimonio artistico risultano duplicate, divenendo una sorta di 'politica parallela', un momento d'incontro con le persone in cui raccontare chi siamo e cosa facciamo: uno 'specchio' dell'Italia dentro e fuori i confini del Paese stesso. Non è un caso, infatti, se tra le novità dell'edizione 2016 di 'Farnesina Porte Aperte' sia giunta anche la collaborazione con il 'Google Cultural Institute' - per la prima volta a contatto, in Italia, con il mondo istituzionale - che si è occupato della 'digitalizzazione' delle opere (176 al momento), ora visibili anche 'on line'. Ciò consente non solo di preservare l'arte e la cultura, ma anche di diffonderla il più possibile grazie alla sua democratizzazione, ovvero all'accesso facilitato: attraverso la 'piattaforma digitale', infatti, chiunque lo desideri può esplorare e conoscere archivi, capitoli di Storia e bellezze. È inoltre possibile, mediante la tecnologia 'street view', muoversi all'interno del primo piano (quello del ministro, ndr) visionando luoghi e opere esposte. Il percorso d'arte, gratuito e aperto al pubblico durante i giorni della manifestazione, è comunque 'a disposizione' dei cittadini in qualsiasi momento dell'anno: è sufficiente telefonare per prenotare una visita. Chi, come noi, l'ha visitata, ha notato una certa eterogeneità e difficoltà espositiva, uno sforzo di adeguamento in spazi nati per ospitare uffici e non per fare da 'cornice' a una galleria d'arte. La curiosità di capire in che modo e in base a quali criteri sono state selezionate e collocate le opere è nata, dunque, spontaneamente. Perciò, abbiamo deciso di chiedere 'lumi' all'ex direttrice del 'Maxxi', la dottoressa Anna Mattirolo, oggi membro del Comitato scientifico del ministero dei Beni e delle Attività culturali per la 'Collezione Farnesina'.

Dottoressa Mattirolo, iniziamo da una curiosità: perché scegliere di raccontare proprio gli anni '80 e '90 del secolo scorso, che dal punto di vista politico sono ricordati come quelli del disimpegno e del 'riflusso', in un contesto come quello del ministero degli Esteri, che invece rappresenta tutt'altro?
"Premetto che l'arte degli anni '80 e '90 decora solo gli spazi del secondo piano: i temi, i soggetti e i periodi esposti negli altri piani sono di natura diversa. È innegabile che il periodo scelto sia stato caratterizzato da un forte disimpegno sociale, ma allo stesso tempo è vero anche che, dal punto di vista artistico, siano stati anni caratterizzati da un grandissimo fermento e vivacità culturale, non privi di sperimentazioni e fusioni di stili, tecniche e metodi. Dunque, interessanti per un'analisi sia artistica, sia della società in cambiamento. Inoltre, la Farnesina sta volutamente variegando la collezione, per cui si trova moltissimo Novecento al primo piano, fino a giungere all'arte contemporanea, passando dai 'poveristi' e 'concettuali', agli artisti più giovani. Abbiamo cercato, insomma, di attraversare questi decenni nel modo più coeso possibile, tenendo conto anche della natura e della funzione dell'edificio, che si presenta 'austero' ed enorme negli spazi".

Una collaborazione, quella tra ministero degli Affari esteri e dei Beni e delle Attività culturali, che sta diventando sempre più assidua e fruttuosa: ci sono già in cantiere progetti futuri?
"È vero: stiamo lavorando molto insieme, come dimostra una recente mostra che abbiamo portato qui dal 'Maxxi'. L'Italia ha nell'arte il suo punto di forza. E l'arte contemporanea, in particolare, è un canale di comunicazione straordinario, se utilizzato bene. Per il futuro, non saprei dirle nello specifico: sicuramente, sul tema di oggi siamo di fronte a un 'working in progress', perché le opere potrebbero cambiare o cambiare destinazione. La collezione sarà sicuramente ampliata, andando a segnare altre linee di ricerca".

Quale criterio è stato seguito durante il lavoro di selezione delle opere, soprattutto alla luce della grande eterogeneità con cui si presenta la mostra?
"Naturalmente, noi abbiamo potuto attingere da un bacino di opere che erano, per la maggior parte, già nella collezione della Farnesina con i contratti di 'comodato'. Quindi, grazie a una forte relazione con i prestatori, che possono essere gli artisti, i galleristi o i collezionisti. C'era, insomma, un 'bacino' forte. Dopodiché, abbiamo cercato di raccontare una storia e tentato di dare una visione, la più coesa possibile, in questo caso degli anni '80 e '90. Anche se negli altri piani abbiamo raccontato altre storie appare evidente che non siamo di fronte a una collezione museale, anche perché siamo in un altro contesto. Tuttavia, è indiscutibile il sempre miglior rapporto con gli artisti e la crescente qualità di questa collezione, che sicuramente permetterà di raccontare, in futuro, tante altre storie".

Quali difficoltà comporta un'esposizione d'arte in un ambiente che nasce per ospitare uffici?
"Le difficoltà sono diverse, spesso legate alla qualità e alle caratteristiche degli spazi. Nel caso specifico della Farnesina, la fase iniziale è stata probabilmente quella più impegnativa. Soprattutto al primo piano, dove a causa della tipologia degli spazi abbiamo dovuto veramente rivoluzionare tutto. Al secondo piano è stato fatto, invece, un lavoro che può apparire semplice, ma che invece non sarebbe stato possibile se non vi fosse stata, da parte degli uffici competenti, una manifestazione di grande sensibilità e solidarietà verso questa operazione, che ci ha garantito di collaborare in sinergia. Mi riferisco, per esempio, all'eliminazione di strutture e 'ornamenti' presenti negli ambienti di ufficio e al cambiamento dell'illuminazione, che adesso dà un valore aggiunto alle opere, facendole apparire più rarefatte. Ciò ha permesso di presentare questi lavori in un ambiente che è sì complicato - poiché è un ambiente di lavoro - ma con una sensibilità molto vicina a quella dei musei".

Le opere degli artisti più giovani, quelle cioè che non appartengono a collezioni già esistenti, in che modo sono state 'notate' e giunte in questa esposizione?
"Siamo noi stessi che, con l'occhio vigile verso la società e l'attualità, cerchiamo di capire cosa si sta producendo in questo dato momento. Per cui chiediamo agli artisti più giovani di farci pervenire i loro lavori. Ed è evidente che, più sale la qualità della collezione e più diventa facile rivolgersi agli artisti che riteniamo interessanti".


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