Serena Di GiovanniA quanto pare esistono ancora individui onesti, capaci di rinunciare a posti e incarichi di rilievo, le famose 'poltrone', quando questi siano ritenuti in contraddizione con i propri principi e convinzioni. È il caso di Tomaso Montanari, storico dell'arte di fama internazionale, collaboratore de 'Il Fatto Quotidiano' e del 'Corriere della Sera'. Infatti, qualche giorno fa Montanari ha rinunciato a un prestigioso ruolo all'interno di una commissione del Mibact per protesta contro alcune scelte del Governo nel settore culturale. Tra gli organizzatori della mobilitazione, tenutasi lo scorso 7 maggio a Roma contro le nuove disposizioni del Governo Renzi e del ministro del Mibact, Dario Franceschini, in materia di beni culturali, lo storico in questione è da sempre impegnato nella difesa del nostro patrimonio e dell'articolo 9 della Costituzione, in cui è sancito che "la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della nazione". Promozione e tutela minacciati dalle più recenti normative, le quali hanno disposto il 'distacco' dei principali musei e 'poli museali' dalle Soprintendenze di riferimento e dai contesti in cui sono nati. Una 'frammentazione' di figure, ruoli e competenze associata ad accorpamenti 'improbabili', che risulta molto pericolosa e alla quale è connessa la nomina di 'superdirettori', in buona parte scelti all'estero, di cui abbiamo già parlato tempo addietro. A stupire non è tanto la provenienza geografica dei neo-direttori, quanto il fatto che questi ultimi siano stati scelti senza tener conto delle loro competenze specifiche e, di fatto, 'piazzati' a capo delle varie istituzioni senza un criterio logico e coerente. Così è accaduto che Eike Schmidt, tedesco esperto di avori e tessuti, sia approdato alla Galleria degli Uffizi di Firenze spodestando il precedente direttore, Antonio Natali, che molto e bene aveva fatto per il noto museo fiorentino. E' successo inoltre che Paolo Giulierini, un etruscologo dal curriculum definito "modesto" da molti esperti del settore, abbia ricevuto la direzione del Museo greco-romano di Napoli, di alto valore e prestigio. E se il nuovo direttore della Reggia di Caserta, Mauro Felicori, esperto di marketing e di cimiteri (di recente ha pubblicato un volume sull'architettura dei cimiteri monumentali europei, ndr) avrebbe paventato la possibilità di far 'sguazzare' la nuotatrice olimpionica Federica Pellegrini nelle vasche della residenza dei Borboni per "rilanciare l'immagine del monumento", il giovanissimo e aitante Gabriel Zuchtriegel, trentaquattrenne svizzero privo di qualsivoglia esperienza gestionale di rilievo, ha pensato bene di rendere il sito archeologico di Paestum una location perfetta per i matrimoni. Come, del resto, aveva già prospettato il collega austriaco Peter Aufreiter, direttore del Palazzo Ducale di Urbino, il quale, oltre ad aumentare il prezzo del biglietto del palazzo di 1,50 euro, ha anche ventilato l'affitto di alcuni spazi per matrimoni, eventi e feste di laurea. Insomma, una visione economicistica 'alla Berlusconi' del patrimonio culturale, svenduto o affittato al miglior offerente per 'fare cassa'. Eppure, già nel lontano 2002, Salvatore Settis, con il suo libro 'Italia S.p.a. L'assalto al patrimonio culturale', ci aveva profeticamente messi in guardia da una concezione "meramente utilitaristica dei nostri beni culturali", ponendo in rilevo l'importanza dell'inscindibile legame che congiunge il patrimonio al suo territorio, e, quindi, alla Storia di un Paese. Paradossalmente, nel volume non solo vengono elencate esperienze e fallimenti della pubblica amministrazione, ma viene anche offerta una possibile risoluzione del problema, da ricercare nelle potenzialità del 'sistema Italia' - unico al mondo perché fondato sul capillare intreccio tra bellezze storiche e naturali, cultura e territorio - ovvero nell'interazione (finora assente) tra gli organi pubblici di tutela e le strutture, sempre pubbliche, della ricerca e della formazione come le Università. Tuttavia, il 'modello italiano', che fin dall'antichità ha concepito come un unico elemento la conservazione dell'ambiente, del paesaggio, delle città, degli edifici, dei quadri, dei manoscritti e dei siti archeologici, è oggi più che mai messo in discussione da una ripartizione ridicola delle competenze statali, dal crescente indebolimento delle Soprintendenze (sempre più depauperate del personale specializzato) e da una visione prettamente 'social' dei beni culturali, incentrata sul puro marketing. Una visione 'propagandista', che attribuisce al patrimonio valori più economici che culturali e che vede in esso una risorsa sulla quale investire poco e male, ma da spremere fino al 'midollo'. Invertire tale nefasta tendenza di stampo 'aziendalista', rafforzando la deficitaria macchina amministrativa statale attraverso una riforma dell'amministrazione che costruisca un rapporto unitario e sinergico fra centro e periferia, sarebbe la risposta più giusta a tali problematiche. E invece no: dai tempi dei tagli 'orizzontali' delle risorse di Giulio Tremonti si è preferito passare alla definitiva 'rottamazione' della macchina statale con il decreto 'sblocca-Italia', che ha confermato il pericolosissimo silenzio/assenso entro 90 giorni qualora le Soprintendenze, sommerse di pratiche edilizie e urbanistiche, non diano un loro parere entro i termini stabiliti, esponendo in tal guisa il Paese a nuove e prossime 'colate' di cemento. E mentre le Soprintendenze, accorpate in un solo organismo, vengono sottomesse ai prefetti, cioè al ministero dell'Interno, si afferma con forza la 'Repubblica degli stagisti', composta da giovani laureati nelle discipline umanistiche - storici dell'arte, archeologi, archivisti, bibliotecari, architetti - non retribuiti o sottopagati, costretti all'interno di forme di 'schiavitù' contemporanee. Ancora una volta, in pressoché totale continuità con i Governi precedenti, alla ricerca di una risoluzione dignitosa e concreta, abbiamo preferito la 'spettacolarità' di forme palliative 'paracule' e provvisorie, incentrate su tristi azioni di marketing, come appunto la Pellegrini nelle vasche dei Borbone. Questa cosa, Tomaso Montanari l'ha compresa bene, tanto da aver recentemente affermato di non voler prestare il suo lavoro e la sua competenza alla propaganda del Governo Renzi. Con una missiva inviata qualche giorno fa al ministro dei Beni culturali e del Turismo, Dario Franceschini, lo storico dell'arte ha dunque deciso di lasciare il suo posto nella commissione ministeriale consultiva volta a vagliare le proposte di chi vuole pagare le tasse con le opere d'arte. Nella sua lettera al ministro, Montanari ha chiarito le motivazioni della sua scelta specificando come "in un anno e mezzo d'intenso lavoro, abbiamo esaminato e chiuso ventiquattro complesse pratiche. Abbiamo deciso di accettare 11 proposte di cessione di beni culturali come pagamento delle imposte, per un valore totale di 2.055.396,31 euro, ma il ministero dell'Economia ci ha comunicato che il relativo capitolo dello stato di previsione della spesa prevede solo la ridicola cifra di 31.809 euro. In queste condizioni", ha  concluso, "il lavoro della commissione è del tutto inutile: o, meglio, è utile solo all'accanita propaganda, che si sforza di rappresentare agli occhi degli italiani la falsa immagine di un Governo sollecito verso il bene del patrimonio culturale. Poiché io, al contrario, ritengo che alcune leggi e 'riforme' promosse dall'attuale Governo e da Lei siano una grave minaccia per la 'tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione', non ho alcuna intenzione di prestare il mio lavoro e la mia competenza a quella propaganda". Come dargli torto?


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