Carla De LeoÈ già il terzo incontro in due anni, quello avvenuto di recente a Roma, a Villa Madama, tra i ministri degli Esteri di Italia e Cina, insieme ai più alti rappresentanti delle maggiori aziende dei due Paesi. Il terzo 'Business Forum Italia-Cina' da quando, nel giugno 2014, il premier, Matteo Renzi, è stato in visita per la prima volta a Pechino. Obiettivo di questi incontri è il rafforzamento delle relazioni diplomatiche ed economiche tra i due Paesi, partendo dal presupposto che una partnership più 'serrata' gioverebbe molto a entrambi. Ma in che modo, considerando che soprattutto la Cina rappresenta già una delle economie più forti del mondo, se non proprio la più forte? Attualmente, i cinesi sono giunti alla consapevolezza che lo sviluppo non può essere illimitato e, soprattutto, che non può essere gestito in maniera indiscriminata, senza cioè tener conto del rispetto ambientale, delle persone e, quindi, di un'idea di sostenibilità a 360 gradi. Dunque, il Governo e le imprese cinesi, sotto l'impulso delle emergenti spinte della popolazione e delle loro specifiche richieste, mirano a prodotti di alta qualità e innovazione. Si lega principalmente a tale proposito l'immagine dell'Italia come partner ideale. E, nonostante la crescita del Pil cinese sia drasticamente rallentato rispetto agli standard a cui ci aveva abituati negli ultimi 20 anni (una crescita da +4% l'anno), un mercato così ampio, per quanto divenuto più attento e selettivo, può comunque continuare a offrire grandi opportunità di crescita per gli altri Paesi. Il cambiamento nel metodo di sviluppo e la serie di riforme strutturali con cui la Cina è attualmente alle prese, si dirige in direzione del coordinamento, dell'apertura, dell'innovazione e dell'ecologia. I tassi di crescita previsti non saranno più vertiginosi, ma garantiranno comunque una 'soglia' medio-alta di ripresa costante. Allo stato, il volume del mercato cinese è il più grande del mondo: 4 volte in più rispetto a quello degli Stati Uniti. Tradotto concretamente, ciò significa che la Cina sarà ancora in grado di offrire possibilità di business, sia per l'Italia, sia per gli altri Paesi. Soprattutto in alcuni comparti, in cui il potenziale non è ancora completamente espresso (come accade per l'urbanizzazione, 'sfruttata' per un 40% del mercato cinese e intorno alla quale il nostro Governo mira a raggiungere il 70%). Si possono dunque innescare 'domande' di lungo termine, di quelle che generano opportunità di investimenti e business. Per quel che riguarda l'Italia, le prospettive potrebbero essere molteplici, considerando l'indiscusso appeal che il nostro 'Made in Italy' evoca e le molteplici competenze che tutto il mondo ci riconosce. Punti di forza da utilizzare come leva, per penetrare un mercato altamente competitivo. I temi in primo piano, in questa terza edizione del 'Business Forum Italia-Cina', sono stati quindi: ambiente e sviluppo sostenibile; finanza; infrastrutture; sanità; agroalimentare; moda e interior design. Nell'incontro, sia il ministro Gentiloni, sia il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, hanno ribadito la volontà dei rispettivi Governi di collaborare, soprattutto sulla base delle forti complementarietà e affinità tra i settori sopra citati. Green economy, protezione ambientale e tecnologie per combattere l'inquinamento, sviluppo agroalimentare e design sono stati individuati come principali settori di collaborazione e di scambio. Si tratta, tra l'altro, di quei comparti in cui il valore, le competenze e le potenzialità italiane sono universalmente riconosciute e che generano una 'domanda d'Italia'. "Una Ddomanda che in Cina è fortissima", ha affermato il nostro ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, "ma che al momento non è sfruttata in pieno: siamo il quarto Paese esportatore in Cina, ma dobbiamo aspirare almeno al terzo posto". Un 'desiderio di Italia' che si conferma anche a giudicare dal numero di visite di turisti (3 milioni di cinesi solo nello scorso anno) e dalla percentuale di investimenti nel nostro Paese, che ne fanno la seconda meta europea. Anche il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, è apparso entusiasta del Forum e della possibilità di crescita per il suo Paese, soprattutto in termini di trasferimento di 'know how', competenze e conoscenze a cui una più stretta e facilitata collaborazione con l'Italia darebbero vita. C'è, inoltre, un altro progetto: quello della 'via della seta', che troverebbe nel mar Adriatico la sua destinazione naturale, dando nuova linfa alle zone costiere e marittime, ai porti e, quindi, alle nostre imprese di infrastrutture, strade e ferrovie. E quindi? Cosa succederà, da adesso in poi? Tutti d'accordo, entusiasti e felici? "Speriamo che si passi, finalmente, ad azioni concrete", ha auspicato Marco Tronchetti Provera, presente all'incontro in qualità di presidente della parte italiana del 'Business Forum', "senza dover attendere ancora incontri su incontri, innumerevoli firme sul 'Mou' (Memorandum of understanding, ndr) e niente di tangibile all'orizzonte". Perché purtroppo, la sensazione dominante è che si resti ancora fermi agli 'step' di partenza.


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