In questi giorni è stato presentato, a
Ravenna, il docufilm di
Carlotta Piccinini: 'Eco des femmes'. Il documentario fa parte del progetto di cooperazione internazionale
'Eco des femmes, Femmes, Terre, Economie', che le due
Ong italiane
Gvc - Gruppo volontariato civile - e
Cefa stanno portando avanti da diversi anni con il supporto e il contributo
dell'Unione europea e della
Regione Emilia-Romagna. Il documentario, che in Italia ha ottenuto numerosi riconoscimenti, tra i quali il
Premio Banca Etica all'Euganea Film Festival, è il racconto corale delle esperienze, dei desideri professionali e di vita di sei donne originarie delle zone rurali di
Tunisia e
Marocco. Zina, Cherifa, Halima, Jamila, Fatima e Mina sono le protagoniste della pellicola, unite da un unico obiettivo comune: quello di emanciparsi economicamente e professionalmente, creando delle
cooperative agricole, attraverso le quali riuscire a coniugare gli antichi saperi tradizionali con lo sviluppo di nuovi prodotti per il mercato interno e straniero. Le sei ragazze del documentario combattono tutti i giorni per ottenere, attraverso il loro lavoro, il riconoscimento della propria identità professionale e di genere. Tuttavia, come ci si rende ben conto nel corso della narrazione, le sei donne stentano a raggiungere un
guadagno e le loro fatiche si perdono nelle speranze e nei sogni di tutti i giorni.
'Eco des femmes' è dunque il simbolo di tutte le donne che vivono nelle aree rurali del
Maghreb, costrette ancora oggi, dalle consuetudini e dalla povertà, alle medesime condizioni di
'sottomissione' culturale e professionale. Seppur si intuiscono delle differenze marcate tra la situazione della
Tunisia e quella del
Marocco, il dato che riunisce queste diversità è lo stesso: il
35% della popolazione femminile lavora nelle campagne occupandosi, rispettivamente nel
70% e nel
90% dei casi, dei lavori agricoli. Le donne sono cioè le protagoniste assolute del lavoro agricolo nel
Maghreb, ma il loro impegno non trova alcun riconoscimento professionale, né economico, perché la ricchezza generata dalle loto fatiche quotidiane
non confluisce mai nelle loro mani. È una questione di genere e di pari opportunità, di partecipazione alla vita sociale ed economica del Paese. Lo strumento più adatto per combattere tale stato di povertà appare sempre più quello di sostenere la nascita di
un'economia sociale, in cui le donne possano riunirsi in
cooperative e associazioni, costituendo una rete commerciale dinamica e strutturata, per la produzione e la vendita di prodotti artigianali e agro-alimentari. L'obiettivo di questo toccante documentario e del progetto di cooperazione da cui prende vita è quello di rafforzare le dinamiche di aggregazione e di collaborazione socioeconomica tra le donne, di tutelarne i diritti e di promuovere l'eguaglianza di genere. Il
'docu-film' si sviluppa seguendo un unico
'fil rouge', che collega le diverse storie di vita narrate. È, infatti, l'analfabeta
Zina, la protagonista e narratrice principale, che dalle campagne aride di
Kasserine, vicino al confine con
l'Algeria, ci accompagna alla scoperta delle tradizioni locali, in cui le donne, soprattutto se nubili come
Zina, sono costrette a vivere. La specialità di
Zina è la lavorazione
dell'Alfa, un'erba spontanea con la quale lei e altre ragazze creano, insieme, prodotti artigianali rivenduti dagli uomini nei mercati nella domenica.
Zina e le altre donne non ottengono alcun guadagno e, a mala pena, riescono a far sopravvivere la propria famiglia. Già, perché uno degli aspetti che accomuna le sei protagoniste, tunisine e marocchine, è la loro fortissima presenza familiare e sociale, perché seppur silenziose e quasi invisibili nel contesto commerciale,
le donne maghrebine reggono e sorreggono da sole l'intera famiglia. Il lavoro di una donna, come racconta la tunisina
Halima, si confonde tra lavoro
domestico e
lavoro 'commerciale'. E la vita è un lungo e monotono fiume costante, in cui la preparazione del
pane mattutino e la tessitura della lana pomeridiana si mescolano in un unico flusso di forza e necessità. I sei racconti di vita sono molto potenti, trasmettono tutta la fierezza e la forza d'animo di queste donne, ferme nella loro decisione di
emanciparsi, di studiare e di combattere affinché vengano loro riconosciuti il diritto allo studio, al lavoro e alla salute. Sono donne modernissime in un contesto altamente
tradizionale, in cui si mescolano il desiderio di un'autonomia economica e la valorizzazione della cultura locale, riconosciuta come il primo passo verso l'emancipazione. Le donne
marocchine si distinguono dalle
tunisine per la serenità con la quale si rivolgono alla telecamere,
'rasserenate' dalla presenza paterna di un
re, che seppur spesso soffoca il conflitto sociale con la violenza, garantisce tuttavia la protezione e il rispetto di valori comuni, che si manifestano nella pacifica convivenza reciproca. La
Tunisia e le sue donne, invece, soffrono di una condizione ancora molto
confusa dopo la
'rivoluzione dei gelsomini' e delle libertà che da essa sono discese. Libertà e diritti che, tuttavia, non riescono a inserirsi in un contesto civile ancora
immaturo, che deve sforzarsi e riabituarsi alla convivenza reciproca, passo decisivo per la costruzione di valori condivisi da tutti.
'Eco des femmes' è la cassa di risonanza di queste donne coraggiose, ma è anche la voce di tutte le altre, che ogni giorno combattono in situazioni sociali svantaggiate, affinché la società e lo
Stato riconosca loro la parità nell'accesso dei diritti fondamentali e del controllo delle risorse economiche.