Uno spettacolo
'duro' e intenso, quello andato in scena al
Teatro Trastevere di
Roma dal 16 al 21 febbraio scorso e intitolato:
'Il senso di colpa'. Un testo di
Federica Colucci, diretto d
Bruno Giovenale. Cinque giovani donne sono costrette a dividersi la cella di una prigione femminile londinese, in attesa di essere giudicate per omicidio. Nel corso della
'pièce', ognuna racconta la propria storia innanzi al giudice, fornendo la loro versione dei fatti. Tra un interrogatorio e l'altro, la rappresentazione ci descrive alcuni interessanti momenti della dura vita all'interno di una casa circondariale femminile, con tutta la sua
oppressione psicologica e le varie
prevaricazioni. Le ragazze sono 5 tipologie distinte di donna: c'è la
'bella', sin dall'infanzia abituata ad avere corteggiatori attorno a sé;
'l'ape regina', la quale, all'interno della struttura carceraria, si è ritagliata una propria autonomia grazie al suo personalissimo
'carisma'; c'è
l'arrabbiata passionale e vendicativa, che in realtà lascia trasparire evidenti tratti di bambina mai cresciuta; c'è la
'tossica', che proprio non riesce a smettere di
'farsi', poiché a suo tempo coinvolta nel tunnel della droga da un
'tipaccio' di cui si era innamorata negli anni giovanili; infine, c'è la
'dissociata', sconvolta dalle violenze sessuali subite
in famiglia da parte del padre e dal fratello. Uno spettacolo forte, caratterizzato da personaggi tragici, ben interpretati dalle 5 attrici in scena, che si sono tutte distinte nelle loro rispettive
'perfomances'. Il colore bianco delle uniformi detentive declina, in forma metaforica, la loro
innocenza morale. Ma via via che i fatti di cui sono rispettivamente accusate vengono chiariti, una per volta le ragazze escono di scena, con l'illusione di rientrare nella società. Ciò, invece, non avviene affatto: ognuna di loro, dopo pochi mesi di libertà, va incontro a una sorte già
'segnata', a dimostrazione di un sistema carcerario esclusivamente
punitivo, che
'brucia' l'equilibrio interiore di chi si ritrova in stato di detenzione attraverso giornate cariche di tensione, alternate all'alienazione più profonda: una condizione che proprio non riesce ad assolvere alcuna
funzione riabilitativa. Anzi, finisce con l'essere solamente un
'tunnel', dal quale si emerge addirittura peggiorati. Un testo coraggioso, insomma, che si è posto il problema di dare un valore effettivo alla
libertà spiegandoci con quale facilità si possa finire col
perderla, anche quando si è vittime innocenti di un
ambiente 'malato' o di una
famiglia terrificante. Le ragazze hanno tutte il nome di personaggi femminili
'shakespeariani': Ofelia, Lady Macbeth, Cordelia, Giulietta e
Desdemona, quasi a voler
trasfigurare il teatro classico come un qualcosa di lontano e distante, immerso nel passato, che confligge con la
'crudezza' di un testo che volutamente immerge lo spettatore all'interno di un
'incubo'. Uno spettacolo che può anche 'disturbare' per il suo 'realismo', ma che si rivela indubbiamente
ben 'pensato' e altrettanto
ben recitato dalle 5 protagoniste in scena, nell'ordine:
Federica Colucci (autrice del testo); Cristiana Mecozzi; Roberta Misticone; Francesca Nobili ed
Elisa Panfili. Veramente un buon lavoro.