Uno spettacolo sulla fede di 'facciata' che distorce l'obiettivo: se Gesù potesse dire la sua, oggi, ecco cosa denuncerebbe Una costruzione scenica
'senza confini', tesa a creare una moltitudine di punti di vista per lo spettatore. Il testo, le luci e le coreografie che coinvolgono a 360 gradi la platea; un messaggio diretto, dirompente, che si conclude nel pianto di un
Cristo che 'reclama' la vera essenza del messaggio che ha incarnato: un
Gesù sostanzialmente
tradito dall'umanità. Qualcuno potrebbe pensare che si tratti di una dissacrazione. Tutt'altro:
Gianni Licata (regia e coreografie) e
Fabio Filosofi del Ferro (testi), con il loro spettacolo hanno cercato di ridare vita alla vera essenza della fede. La titolazione numerica rievoca gli anni vissuti da
Cristo sulla Terra come uomo tra gli uomini. Racconta
Gianni Licata: "Quando ho compiuto 33 anni (oggi ne ho 38) mi ha colpito molto il fatto che l'umanità avesse crocifisso il messaggio di Cristo e si fosse appropriata, allo stesso tempo, del simbolo della croce. E si badi bene che non mi reputo un cristiano". Una riflessione su come il credente, quello di
'facciata', abbia corrotto se stesso, tradendo la propria fede.
"Guardando il simbolo e il comportamento della gente", dice
Fabio Filosofi del Ferro, "si ha ormai l'impressione di un allontanamento radicale". Un atteggiamento sin troppo comune, tipico di una società secolarizzata che, ormai,
vive d'immagine e che, proprio per questo motivo, ha ridotto la religione a pura simbologia.
Trentatré è una rappresentazione di teatro-danza
"tra le più interessanti dell'ultima edizione del Roma Fringe Festival", ha scritto il nostro direttore,
Vittorio Lussana, "per l'ottima regia di Gianni Licata e la sua versatile capacità di utilizzare al meglio tutte le possibilità e potenzialità di uno spazio teatrale". Uno spettacolo riproposto di recente anche alla
Factory Pelanda di
Roma, presso i locali del vecchio mattatoio del
Testaccio, destando l'interesse soprattutto delle generazioni più giovani, accorse in massa ad assistere a una 'perfomance' premiata al
Roma Fringe Festival 2015 con il
Premio speciale della critica di 'Periodico italiano magazine'. In questa breve intervista, gli autori hanno esposto le loro idee, raccontando la genesi dell'opera, svelandone altresì dettagli e curiosità.
Gianni Licata e Fabio Filosofi del Ferro, la lavorazione di 'Trentatrè' è stata piuttosto lunga, parliamo di alcuni anni: com'è stata la sua genesi?Fabio Filosofi del Ferro: "Ci siamo preparati leggendo ovviamente i Vangeli, anche quelli apocrifi. Siamo andati alla ricerca di fonti comunque importanti, compiendo un'analisi molto complessa, in cui abbiamo tentato di creare un collegamento anche con realtà contemporanee, come per esempio i reality show".
Gianni Licata: "Siamo stati 'lenti', ma in senso positivo (sorride, ndr). Dopo che l'idea era nata, l'abbiamo lasciata maturare. Il lungo lavoro che abbiamo fatto sui Vangeli, apocrifi e non, come diceva Fabio, lo abbiamo sviluppato soprattutto per immagini. Un esempio su tutti: l'ultima cena. Quelle immagini, poi, le abbiamo 'distorte': nella prima scena di 33, per esempio, si vede l'umanità che mangia, anzi che si 'abbuffa', utilizzando la croce come una mensa".
A proposito di immagini e 'icone', il vostro Cristo è interpretato da una donna, che gli conferisce un aspetto da quadro rinascimentale: perché questa scelta?Gianni Licata: "Sì, è vero: abbiamo scelto una ragazza, una bellissima donna 'androgina' che, al contempo, possiede un'immagine molto pulita".
Fabio Filosofi del Ferro: "Farei notare che non è tanto importante la questione del 'genere' del Cristo, perché il nostro è anche uno spettacolo sulle differenze, sulle diversità. E poi, si parla sempre di Dio al maschile, dunque abbiamo voluto differenziarci con una figura non completamente femminile: androgina, appunto".
Gianni Licata: "Infatti, il cuore della performance è una battuta in cui Gesù dice espressamente che "non saremo mai tutti uguali uguali, né diversi diversi". Per me, quella è la frase 'centrale' dello spettacolo".
E qual é, invece, il 'messaggio'?Gianni Licata: "La distorsione che si fa della religione appropriandosene, nonché l'importanza eccessiva che si dà ai simboli, che diventano più importanti del valore che essi esprimono".
Fabio Filosofi del Ferro: "È come se il simbolo occultuasse il principio e i valori originari della fede".
Dunque, non è uno spettacolo pro o contro la figura di Cristo?Fabio Filosofi del Ferro: "No, assolutamente: non vogliamo dividere nessuno tra pro e contro".
Gianni Licata: "Anzi, è proprio uno spettacolo contro questo giudizio".
Fabio Filosofi del Ferro: "Esatto: la figura di Cristo ha insegnato ad amare chi ci odia. E sappiamo bene quanto ciò sia difficile. Ognuno è libero di accostarsi a lui come meglio crede. Il suo messaggio di porgere l'altra guancia sembra utopico: il mondo è diventato un luogo in cui, per il vessillo e con i vessilli, si fa la guerra".
Gianni Licata: "Guerra intesa sin dalla piccola violenza, come per esempio il pettegolezzo".
Nessuna critica alla religione?Gianni Licata: "Non alla figura di Cristo, ma alla religione come 'istituzione', quello sì. Non al sentimento religioso, di cui abbiamo il massimo rispetto: la tensione all'infinito è fondamentale per l'essere umano".
Qualcuno potrebbe accusarvi di aver attuato una critica strumentale...Fabio Filosofi del Ferro: "Quando abbiamo preso in considerazione la figura di Cristo, ci è venuto naturale notare e dire che, forse, qualcosa nella diffusione del suo messaggio oggi non 'quadra'. Non c'è nulla di strumentale in questo, anzi: siamo convinti che se Papa Francesco vedesse lo spettacolo, gli piacerebbe, poiché sta cercando un'interpretazione nuova, soprattutto quando afferma che il 'dito' per giudicare il prossimo non andrebbe puntato mai, mentre invece, nel mondo ecclesiastico, sono tante le persone che lo fanno".
Gianni Licata: "Non è importante considerare soltanto la struttura istituzionale della Chiesa, così come delle altre religioni, ma è bene far riflettere lo spettatore che in quella data 'istituzione' si riconosce, perché se 'sposi' determinati canoni, devi 'sposare' anche la norma del non giudicare. Anche questo è un messaggio molto importante dello spettacolo".
Gli attori indossano magliette con i principali simboli religiosi diffusi sulla Terra, ma alcuni hanno punti interrogativi: perché?Gianni Licata: "Sì. Ci sono la croce, la mezzaluna araba, la stella di David e due ballerini indossano magliette con punti interrogativi, che rappresentano il 'non-credere', ovvero l'ateismo 'mistico', proprio per sottolineare che qualsiasi tipo di credenza, persino la negazione di essa, è sempre motivo di conflitto".