Queste elezioni europee non sono affatto
andate male per il centrodestra. La maggioranza ha sostanzialmente
tenuto, mentre il centrosinistra
non ha vinto né come coalizione, né come Lista Prodi, dimostrando una sconcertante debolezza alla radice del proprio progetto politico.
La sconfitta di Forza Italia va invece salutata come un provvidenziale
‘campanello d’allarme’ per Silvio Berlusconi: adesso egli sa di dover correggere molti errori, se non vuole uscire
sconfitto dalle elezioni politiche del 2006. La flessione di consensi era nell’aria (anche se non scontata) e si spiega anche per
il ruolo di eterna mediazione con gli alleati giuocato dal suo partito. Col risultato che
si sa sempre cosa vogliono An, Lega e Udc, ma mai come la pensi Forza Italia, che alla fine appare come il manzoniano vaso di coccio tra i vasi di ferro.
Forza Italia ha commesso l’errore di puntare sulla
comunicazione antipolitica proprio quando, in tutto il Paese, si registra
una nuova voglia di discussione e di militanza attiva. D’altra parte, non si può essere da dieci anni il primo partito italiano
e continuare a sostenere che la politica è un ‘teatrino’, una perdita di tempo e che, invece di discutere, si deve solo pensare a lavorare sodo. Questo gioco ormai è finito, per fortuna. Oggi, gli elettori laici dispongono di
due opzioni distinte:
votare i Radicali italiani, e allora affermano princìpi e conseguenze della cultura laica pur restando sostanzialmente
fuori dalla logica degli schieramenti politici, oppure
scegliere Forza Italia, sapendo, però, che il loro voto - utile per la vittoria complessiva dello schieramento - viene dato a una forza politica che spesso
sacrifica i princìpi laici e ne disattende le conseguenze sul piano legislativo. Insomma, la cultura laica può ritrovare spazio e forza in questo Paese solo se riesce a
produrre un punto di incontro tra un partito che - per sua scelta o per ragioni obiettive - è fuori dal gioco e un altro che per troppo tempo ha pensato di poter fare a meno della politica. E ritengo che tutti coloro che si collocano nell’area del centrodestra (perché giustamente ritengono che in essa vi sia l’unica possibilità, per il momento solo in potenza e non ancora in atto, di produrre politica riformatrice) dovrebbero lavorare concretamente
alla prospettiva di un’intesa tra il partito di Marco Pannella e quello di Silvio Berlusconi. Mi riferisco
ai socialisti di Gianni De Michelis, così come ai liberali e ai repubblicani. Non mi nascondo certo le difficoltà di un’operazione del genere. Ma dobbiamo renderci conto che è dal suo eventuale successo che dipende la possibilità di costruire, nel Paese,
una prospettiva autenticamente laica e liberale.