Carla De LeoIn occasione della loro recente visita in Europa, i più importanti imprenditori cinesi hanno scelto come mete dei loro viaggi Germania e Italia. Dopo la tappa tedesca, mirata alla conoscenza del loro modello, i 26 membri del Cec (China entrepreneur club), associazione costituita nel 2006 che raggruppa i 47 maggiori imprenditori privati cinesi, sono sbarcati in Italia: una visita 'intensiva', che si è distribuita tra Roma, dove hanno incontrato il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni e i principali vertici di Confindustria, Firenze e si è poi conclusa a Milano tra i padiglioni di Expo 2015. Il loro soggiorno nel 'Belpaese', capitato in concomitanza del 45esimo anniversario dalla nascita delle relazioni diplomatiche tra Italia e Cina, ha voluto essere un'occasione di avvicinamento e di studio reciproco. A 'muovere' la curiosità dei cinesi, la conoscenza e l'esame delle aziende familiari italiane di più lunga tradizione. L'interesse si è cioè rivolto a quella cultura di 'impresa all'italiana' che tanto stupisce per la vitalità e il successo nonostante le dimensioni, per la maggior parte piccole, delle nostre aziende. Gli imprenditori cinesi da poco tempo sono alle prese con il concetto di imprenditorialità. E sono, quindi, alla ricerca di nuovi input, di punti di riferimento e di confronto con altre e differenti realtà imprenditoriali. "Se le industrie cinesi vogliono confrontarsi con chi ha una storia più antica e diversa dalla loro, l'Italia è certamente il Paese perfetto", ha infatti spiegato la Segretaria generale del Cec, Maggie Cheng. Ovviamente, l'occasione non è stata estranea alla volontà di 'sondare' il terreno per porre le basi in favore di nuove collaborazioni economiche tra i due Paesi.

I dati di fatto
L'incontro capitolino è servito a fare il 'punto' sull'attuale situazione imprenditoriale dei due Paesi, per capire su quali settori investire, insistere o tentare modifiche, affinché questa collaborazione possa realmente espletarsi con conseguenti benefici per entrambe le parti. La crescita delle esportazioni dei prodotti cinesi nel nostro Paese ha portato a un deficit di circa 15 miliardi di euro: l'Italia, quindi, per parte sua, deve mirare a un riequilibrio della bilancia commerciale con la Cina, attraverso un incremento delle esportazioni - già cresciute del 6%, ndr - che può avvenire soprattutto puntando sulle nostre eccellenze, quindi sulla valorizzazione del 'Made in Italy' e la promozione delle competenze e delle capacità delle nostre imprese in Cina. Tra i più grandi limiti e ostacoli da abbattere per raggiungere tale obiettivo possiamo elencare: a) le barriere tariffarie, che costituiscono un grosso ostacolo al radicamento delle nostre imprese in Cina; b) la contraffazione, da eliminare attraverso la tutela dei diritti di proprietà intellettuale; c) l'astensione dalla vendita di prodotti italiani contraffatti sulle piattaforme più a rischio, poiché le vendite 'on line' sono una grande opportunità per le imprese italiane, soprattutto in Cina, ma la presenza dei nostri prodotti dev'essere maggiore sulle piattaforme più diffuse. L'Italia conta per il 5% degli investimenti totali europei in Cina: industrie, energie e infrastrutture sono i settori 'pionieri'. Bisognoso di rafforzamento è perciò il 'privato', attraverso investimenti bilaterali in settori come la salute, le biotecnologie e il comparto biomedicale, ambiti produttivi in cui le industrie italiane sono leader al mondo e che, quindi, vanno valorizzati e rafforzati. Anche il comparto manifatturiero rappresenta un forte canale di scambio, se si pensa che l'Italia ha 'fatto scuola' (motivo per il quale, anche durante i più duri anni della crisi, il settore ha retto egregiamente, mantenendo le stesse quote di produzione), ma che la Cina ha intrapreso uno straordinario percorso che l'ha resa numero uno al mondo nella produzione manifatturiera, passando dal 9% a quasi il 20% in soli dieci anni.

L'appeal del 'lifestyle' italiano: uno scambio culturale che può trainare anche i rapporti commerciali  
La maggior collaborazione tra Cina e Italia può aprire spiragli notevoli: la Cina ha una storia millenaria che, confrontata e rapportata alla tradizione e alla Storia d'Italia, non può che portare ad azioni positive. La nostra gamma di imprese si compone di piccole e medie aziende, sicuramente non paragonabili, per 'dimensioni' e fatturati, a quelle cinesi, ma tutte di lunga o lunghissima tradizione e, quindi, di grande competenza e tecnologie all'avanguardia, che possono offrire vantaggi al modello imprenditoriale cinese il quale, proprio in questo periodo, grazie a un 'pacchetto' di riforme volute dal Governo di Pechino, sta vivendo una fase di riorganizzazione e di trasformazione, che stimolerà una nuova fase di sviluppo. L'importanza degli scambi tra Italia e Cina è stata confermata dal fondatore di 'Alibaba', Jack Ma, che ha commentato l'incontro sottolineando la volontà delle più importanti aziende cinesi di cooperare con l'Italia, perché "nonostante la Cina sia il Paese con i più alti tassi di crescita (si attesta intorno al 7%), abbiamo bisogno di confronti con modelli nuovi per 'aggiustare' il nostro sistema economico. E l'Italia può essere il Paese giusto. Noi amiamo l'Italia per il cibo, la cultura, l'arte, per la sua capacità di accoglienza e il suo spirito di innovazione. La longeva cooperazione tra i nostri due Paesi va perciò incrementata". Sicuramente, la situazione è divenuta più 'allettante' grazie alle riforme che anche il nostro Governo sta attuando, al fine di riprendere la marcia della crescita economica. Riforme che prevedono una serie di agevolazioni per gli imprenditori esteri che vogliono investire in Italia. Una più stretta e 'facilitata' collaborazione con il nostro Paese significa anche dare l'opportunità di entrare in contatto con il nostro apparato tecnologico e gestionale, del quale i cinesi si stupiscono molto e con il quale, per loro, è difficile relazionarsi. A incuriosire è soprattutto la resa e il successo che molte delle nostre aziende hanno ottenuto, divenendo leader mondiali in settori specializzati, considerando le dimensioni così piccole: solo 150 imprese su 5 milioni hanno più di 15 dipendenti. È necessaria, pertanto, una maggior presenza e conoscenza diretta, perché è importante che gli imprenditori si pongano in rapporto con le nostre aziende, che le conoscano, che ne esplorino le loro straordinarie potenzialità. La qualità principale italiana rimane, in particolare, l'aspettativa che riusciamo a generare negli altri: l'Italia stupisce il mondo per la propria propensione all'ingegno, da cui nascono idee e invenzioni sempre nuove e intriganti. La Cina ha grandi disponibilità di capitali. La collaborazione tra i due Paesi deve, perciò, diventare più profonda, puntando alla creazione di un nuovo modello di sviluppo che alcuni membri del Cec hanno identificato nell'unione tra alcuni 'brand' italiani e i mercati cinesi. Anche perché è fondamentale prestare ascolto alle esigenze e ai gusti in continuo mutamento dei consumatori cinesi, le cui richieste cambiano di continuo e guardano ai prodotti migliori, più affidabili e all'avanguardia. Dunque, la dinamica del mercato cinese pone grandi interrogativi, ma anche stimoli nuovi, ai quali bisogna saper rispondere adeguatamente. Le aziende italiane che vogliono competere e che vogliono approcciare il mercato senza rinunciare alla loro identità, dovranno adattarsi attraverso la capacità di produrre nuovi prodotti, finalizzati a sollecitare nuove esperienze di acquisto. Preparare il mercato cinese significa, insomma, predisporre i consumatori cinesi al 'lifestyle' italiano. L'Italia è una delle mete privilegiate degli investimenti diretti all'estero dai cinesi. E ciò significa che il nostro Paese è considerato un 'buon' luogo nel quale investire. "L'ambizione dell'Italia dev'essere", ha dichiarato il ministro degli Affari Esteri, Paolo Gentiloni, "quello riuscire a farsi amare e apprezzare anche per la qualità della propria impresa. Moda, cibo, design, innovazione, ricerca ed energie rinnovabili rappresentano le nostre eccellenze, i punti di forza sui quali puntare. La Cina ci aspetta...".

Cos'è il China entrepreneur club (Cec)
Il Cec è un'associazione fondata nel 2006 dai principali imprenditori privati cinesi. Al momento è composta da 47 imprenditori, tra fondatori e proprietari di aziende private, che sommate tra loro costituiscono il 4,5% del Pil della Repubblica popolare cinese, con un fatturato annuo pari a circa 300 miliardi di euro.  


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