Ha perfettamente ragione
Claudio Palomba, presidente del
Sinpref, il
sindacato dei Prefetti italiani: il bassissimo livello raggiunto dalla nostra classe politica, in particolar modo da quella locale, sta creando paradossi, incongruenze e contraddizioni continue. E proprio i Prefetti rischiano di essere trattati come i principali 'parafulmini' di tali difficoltà, quando invece sono loro, ancora oggi, a risolvere situazioni difficili, in cui lo Stato riesce a dimostrare un minimo di dignità, di serietà e di sobrietà 'laica'. Perché una classe politica alla perenne ricerca di visibilità ha costantemente il bisogno di mostrare i 'muscoli', per ottenere consenso. Ma, se oltre agli atteggiamenti 'muscolari' non c'è un minimo di lungimiranza, andarsi a cercare dei 'capri espiatori' su cui scaricare ogni responsabilità diviene il principale sintomo di un opportunismo spicciolo e perverso, di un qualunquismo privo di ogni capacità progettuale. A nostro avviso, un preciso processo di deistituzionalizzazione dello Stato è cominciato con l'avvento, sul palcoscenico della politica italiana, della Lega Nord. Un movimento che consideriamo non soltanto dannoso e inconcludente, ma imperniato attorno a forme al contempo rozze e puerili di interpretazione della vita di tutti i giorni: un pragmatismo 'piatto', basato su verità 'automatiche' e semplici pregiudizi. Un folclore che ha trascinato il Paese nella 'baraonda', al fine di interpretare uno 'strapaesismo' teso a far barcollare i pilastri stessi su cui, assai faticosamente, lo Stato italiano si è unificato. In casi di questo genere, amiamo ricordare ai lettori la figura di
Paolo Borsellino. Egli fu un uomo di destra che, tuttavia, servì lealmente e con autentica neutralità lo Stato, fino al passo estremo del martirio personale. A sinistra, la tematica della 'scelta' degli uomini 'migliori', in grado di rendere maggiormente efficienti le istituzioni, è stata spesso considerata una questione indifferente: contava di più la filosofia, l'italo-marxismo, che avrebbe trionfato a prescindere dalle capacità e dalla professionalità di chi doveva portare a termine materialmente determinati compiti. Per un comunista, poco importa che il popolo ebreo riesca a trovare la sua
"Terra promessa" guidato da Mosè o da Giosuè. Ecco, dunque, una delle svariate forme di 'misticismo-ateo' di quel materialismo storico che ha pervaso per lunghi decenni la mentalità italiana: non è Dio che decide di far morire Mosè in vista di quelle valli in cui scorrono "fiumi di latte e miele", bensì la rivoluzione della Storia, considerata come principale "locomotiva" del progresso evolutivo dell'umanità. Invece, non esiste soltanto lo 'storicismo' in quanto chiave interpretativa dei fatti o dell'intera esistenza umana. Al contrario, è proprio la Storia, spesso e volentieri, a smentire se stessa, donando onori e gloria a singoli individui 'baciati' dai mutevoli umori dell'opinione pubblica o, addirittura, dal caso. E' esattamente per questo genere di motivi che preferiamo rimanere fedeli alla lezione liberale di
Benedetto Croce e
Giovanni Gentile: i migliori e più fedeli servitori dello Stato, intendendo quest'ultimo come comunità che decide di vivere assieme dandosi delle precise regole di convivenza, sono quelli mossi dall'etica. Un'etica che, tuttavia, non è affatto un qualcosa di 'schiacciante', bensì è tenuta a rispettare e addirittura a tutelare, nel proprio seno, la libertà del singolo individuo e i diritti dei suoi cittadini. Una libertà che, a sua volta, può dispiegarsi al meglio solo all'interno di un'etica collettiva, per non declinare mai verso il conservatorismo egoistico, né verso forme di autoritarismo che saltano a pié pari ogni distinzione tra pubblico e privato. Una libertà 'sganciata' dall'etica si rivela, alla fin fine, opportunistica e contraddittoria; viceversa, un'etica incapace di contemplare in sé il principio di libertà individuale trascina sempre la società verso il baratro. Noi pensiamo sia sostanzialmente questo il problema della nostra attuale classe politica: essa è affannosamente alla ricerca di un'etica, poiché non ne possiede nemmeno un'oncia. E la concezione stessa dei sindaci 'sceriffi' o dei 'Governatori' regionali - una qualifica 'raccapricciante', che ha tanto il sapore di un 'mandato imperiale' - è ciò che ha provocato una deriva di decadimento ormai in atto in ogni angolo del Paese, nella più totale mancanza di responsabilità nelle decisioni da prendere e nel più definitivo distacco tra etica e politica. E tra politica e cittadini.