Michela ZanarellaScrivere può essere un modo per portare alla luce ciò che non va nella società. E diventa una forma di liberazione espressiva, per denunciare i mali della nostra epoca. La raccolta di Vincenzo Calò ci accompagna, con uno stile non semplice, dentro un sistema che sente il bisogno di recuperare certezze e valori. Partendo dal presupposto che la poesia è prima di tutto essenzialità, lavoro acuto di immagini e parole, con un ritmo che regola il flusso dei versi, ci accorgiamo che il lavoro di Vincenzo Calò, dal titolo 'In un bene impacchettato male' (deComporre Edizioni), si presenta in una forma di poesia che, passo passo, si fa contaminare dalla prosa, anche se attraverso un orientamento civile pronto a scuotere e a disarmare chi legge. L'intenzione dell'autore è quella di lanciare uno sguardo acuto e a tratti puntiglioso sulla società, in una direzione che poi si dirama e va forse involontariamente ad allungare il contenuto, per dare una più consistente narratività a ciò che viene espresso: "Fisso la depressione di un pesce di sole attese/ributtato nel mare delle battaglie/non garantite d'alcun microcredito d'impresa". Ci sono alcuni passaggi, alcuni momenti nella scrittura di Calò che prendono forza per poi cedere a quel confine che divide la prosa dalla poesia: "C'è un bisogno di odio così decente che/l'anima viene navigata alla perfezione". Roberto Baldini, che ne ha curato la prefazione, scrive: "Le sue parole devono scorrere liberamente: se le analizzerete una per una capirete la frase, ma non il suo discorso". Ecco perchè ci si trova disorientati, senza una continuità. E se si cerca di dare una tracciabilità ai versi, si resta quasi perplessi. E' chiaro il bisogno dell'autore di muovere critiche verso il sistema. E risulta indispensabile prendere coscienza dell'atteggiamento di una società sempre più rivolta a una tecnologia che s'impone in quanto sinonimo di benessere e progresso. Viviamo in una continua ricerca di equilibrio e di stabilità, dimenticando i valori che potrebbero garantirci una quotidianità migliore. Spesso l'autore fa riferimento alle ragioni economiche che muovono i fili del sistema, agli interessi e al potere che gravitano intorno alla nostra esistenza. E troviamo "fabbriche semichiuse" o "comunicati stampa per lettori che non hanno il terrore di sbagliare" tra le realtà drammatiche e assurde del nostro tempo. Dove insistono "minacce globali" e "promesse false", Vincenzo Calò ci mette in guardia. E non tace nulla di ciò che sente scorretto, anche dal punto di vista politico. Non è di facile lettura lo stile adottato: è necessario scavare con attenzione in profondità, perchè l'autore ci affida parole che hanno una funzione di frammentazione, con il rischio però di allontanare il lettore medio, che già difficilmente legge poesia. E tra una critica e uno sgambetto "per questo Paese che tocca il culo ai sovrani" non ci resta che cercare di recuperare quel poco di bene 'impacchettato male' che rimane. E, forse, la poesia ci salverà.

In un bene impacchettato male
di Vincenzo Calò
deComporre Edizioni
pagg. 80, 8 euro


L'autore
Vincenzo Calò nasce a Francavilla Fontana (Brindisi) nel 1982. Diplomatosi ragioniere, ha al suo attivo numerosi riconoscimenti letterari. Nel 2011 ha pubblicato una raccolta di poemetti dal titolo 'C'è da giurare che siamo veri...' per Albatros/Il Filo Editore. In campo giornalistico, come aspirante pubblicista cura diverse rubriche collaborando col periodico romano 'L'Attualità', la testata on line 'Roma Capitale Magazine' e la web/fanzine 'Suoni del silenzio'. Inoltre, si è cimentato in rappresentazioni teatrali e musicali, ha partecipato come comparsa a due cortometraggi e ha contribuito alla sceneggiatura di un film inedito.


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