È difficile dire quale fosse il reale obiettivo dell'attentato terroristico al museo del Bardo di Tunisi. Era il parlamento tunisino, dove il quel momento si stava votando una legge restrittiva contro il terrorismo? Oppure era fin dall'inizio il museo dei mosaici, affollato da turisti stranieri? Saranno certamente le indagini a stabilire quale fosse il vero obiettivo dei terroristi. Sicuramente, sono due gli aspetti certi di questa vicenda. Il primo sono le vittime: 22 morti e 42 feriti, tra cui diversi italiani. Il secondo è che, seppur l'obiettivo non risulti ancora chiaro, il progetto nasconde uno scopo ben preciso: colpire la Tunisia per colpire la nazione tra quelle arabo-islamiche più fermamente agguerrita contro il terrorismo. Dopo la caduta di Ben Ali nel 2011 e la rivolta della 'primavera araba', la Tunisia si è riscoperta democratica e, al tempo stesso, islamica. Difatti, anche se in un primo momento alle prime elezioni libere dopo le rivolte era stato il grande Partito islamico Ennahda a vincere, tale vittoria non nasceva da un desiderio della maggioranza dei tunisini di imporre il velo alle donne o di modificare l'ordinamento giuridico inserendo i principi e i dettami del Corano e della shari'a. Il motivo della vittoria del Partito islamico è stato, prima di tutto, la profonda divisione del fronte laico. Certamente non va dimenticato che nel corso della lunga dittatura di Ben Ali, gli 'islamisti' erano stati il movimento politico che aveva sofferto di più. Così, dopo il 2011, agli occhi della piccola borghesia commerciale e dei dipendenti pubblici il programma presentato da Ennahda era apparso rassicurante, perché al fianco di una politica economica liberista univa un programma politico rigoroso e puritano. Potremmo definire la vittoria di Ennahda una sorta di "effetto democrazia cristiana" post caduta del fascismo (in Italia)/della dittatura di Ben Ali (in Tunisia). Con la differenza che Ennahda ha dimostrato, fin da subito, di non riuscire a perseguire i propri obiettivi politici, come la ripresa dell'economia e, anzi, a preferire l'integrazione dei gruppi più estremisti anziché reprimerli. In seguito, alle elezioni anticipate Ennahda ha avuto la capacità e l'intelligenza di farsi da parte, di accontentarsi di ruoli politici non primari e lasciare spazio al fronte laico, che oggi guida, insieme al Partito islamico, il nuovo governo di salvezza (o unità) nazionale tunisino. Insomma, il progetto politico della Tunisia era certamente l'obiettivo più immediato dei terroristi islamici dell'Isis, perché si è dimostrato capace di accantonare le frange più estremiste e di preferire, con coraggio, la nascita di una società democratica laica, in cui la Costituzione, fresca di stampa, introduce alcuni principi fondamentali come quello democratico e partecipativo, quello della separazione e dell'equilibrio dei poteri, i diritti e le libertà fondamentali di tutti i cittadini e quello della parità tra uomo e donna, sancita, per la prima volta, in diversi articoli (art. 21 sull'uguaglianza tra cittadine e cittadini nei diritti e nei doveri; all'art.34, che obbliga la rappresentatività delle donne in Parlamento; all'art. 40 e, soprattutto, nell'art. 46, che sancisce il principio di parità tra uomo e donna e garantisce la lotta contro le violenze perpetrate nei confronti delle donne). Ecco perché la Tunisia è lo Stato che l'Isis vuole colpire e condannare, poiché è riuscito più di qualsiasi altro Paese arabo-islamico a rinnovarsi e ritrovare se stessa, in un'ottica che è certamente anche religiosa - la Costituzione introduce l'islam come religione principale dello Stato senza mai menzionare la shari'a tra le fonti di legge - ma al contempo fermamente e orgogliosamente democratica e rappresentativa di tutti i cittadini. La Tunisia fa paura perché la sua forza, il suo coraggio potrebbero diffondersi in tutto il Medio Oriente e 'catturare' le società dei Paesi arabo-islamici. Anche perché il nuovo governo tunisino, da tempo si mostra deciso a fermare l'avanzata del fronte integralista e terrorista, che combatte sia sulla frontiera libica, sia su quella algerina. Una politica così sostenuta che il premier tunisino ha dichiarato, senza mezzi termini, di voler "estirpare il flagello del terrorismo che nuoce alla Tunisia". E' proprio su questa paura che giocano i terroristi, sperando di far fuggire gli investitori stranieri e i turisti colpendo un'economia in lentissima ripresa, gettando la società civile nel caos. Ci auguriamo che se, da un lato, per la Tunisia sarà certamente molto difficile fermare la fuga degli stranieri, dall'altro, il governo e tutti i cittadini saranno capaci di fronteggiare i terroristi e di combattere, affinché la democrazia appena conquistata si rafforzi sempre più e dia un colpo mortale al terrorismo islamico internazionale.