Serena Di GiovanniLo scandalo di 'Mafia Capitale', che ha letteralmente 'sommerso' Roma e che possiede le sue radici negli anni dell'amministrazione Alemanno, con il coinvolgimento e la connivenza di qualche esponente del Pd (e non solo), ha rivelato come certe alleanze 'sistemiche' tra politici e malavitosi organizzati siano rintracciabili anche in molti altri comparti e settori della vita pubblica, compreso quello dei beni culturali e della loro gestione. Lo dimostrerebbe, fra le altre, la vicenda di Anna Maria Buzzi, 57 anni, sorella di Salvatore Buzzi, presidente della potentissima Cooperativa '29 giugno', che proliferava grazie a Massimo Carminati (ex terrorista dei Nar accusato, in passato, di aver fatto parte della famigerata banda della Magliana) finito in carcere per l'inchiesta di 'Mafia Capitale'. Laureata in pedagogia e inquadrata presso il ministero dei Beni Culturali come 'restauratrice di libri', la Buzzi ha fatto una 'strana' carriera-lampo, che l'ha portata a diventare dirigente di 'prima fascia' a 168 mila euro l'anno e a guidare, dal 2012, la Direzione generale per la valorizzazione del patrimonio culturale. Secondo quanto si apprende dalle intercettazioni telefoniche, nel novembre 2013 la Buzzi, per il tramite del fratello Salvatore, avrebbe favorito la figlia, Irene Turchetti, in un concorso al comune di Roma per un posto da ispettore amministrativo. Inoltre, secondo gli inquirenti, si sarebbe 'sdebitata' con Angelo Scozzafava, all'epoca dirigente dell'ospedale Sant'Andrea di Roma e componente della commissione esaminatrice, con un orologio di Bulgari.

Gli implicati
Secondo quanto emerge dai giornali, il 'salto di qualità' della carriera della Buzzi (la quale, va detto, si dice 'estranea ai fatti') sarebbe avvenuto sotto il dicastero di Walter Veltroni e di Giovanna Melandri, attualmente presidente del museo Maxxi di Roma. In effetti, la Buzzi avrebbe ottenuto le nomine di 'Direttore reggente della Divisione formazione del ministero' nel 1996, quindi durante il Governo Prodi I e il dicastero 'retto' da Veltroni, e quello di 'Dirigente del Servizio I del Segretariato generale' nel 2001, sotto il Governo Amato e il dicastero di Giovanna Melandri. Non vi è, però, alcuna prova che Veltroni e la Melandri abbiano in qualche modo favorito la Buzzi, la quale, peraltro, risulta essere entrata a far parte del Mibact nel 1977, sotto il dicastero del democristiano Mario Pedini (Governo Andreotti) come 'restauratrice di libri', pur avendo conseguito la laurea in pedagogia e senza alcuna formazione in Restauro o in Storia dell'arte. Il nome della Melandri sarebbe connesso all'inchiesta relativa a Luca Odevaine, ex capo di Gabinetto di Walter Veltroni quando quest'ultimo era sindaco della capitale, poiché imparentata con lui (il fratello di suo marito ha sposato la sorella dell'ex capo di Gabinetto). Luca Odevaine, lo ricordiamo, era membro del Coordinamento nazionale sull'accoglienza profughi e, fino a poco tempo fa, risulta aver ricevuto denaro su conti correnti bancari intestati a moglie e figlio. Giovanna Melandri, che a suo tempo scelse Odevaine come consigliere al ministero della Cultura, sembrerebbe essere anche collegata a Stefano Bravo, suo commercialista per 15 anni, il quale avrebbe avuto un ruolo importante nella 'cupola romana', trasferendo all'estero i proventi illeciti di Buzzi e Carminati. E non è finita: un altro dirigente del ministero di Dario Franceschini, Mario Guarany, sembra essere congiunto per 'parentela' con un indagato di 'Mafia Capitale', in quanto cugino di primo grado di Carlo Maria Guarany, manager del sistema cooperativo della '29 giugno'.  Anche lui era entrato per la prima volta al Mibact nel 2001 proprio con la Melandri, sulla quale, si ribadisce, attualmente non grava alcuna imputazione. Lo scenario che si sta profilando, tuttavia, la dice lunga sul problema delle 'parentopoli', altro tallone d'Achille di questo Paese, soprattutto nell'ambito del pubblico impiego.  

Eur Spa e 'La Nuvola' di Massimiliano Fuksas
Tra gli arrestati per 'Mafia Capitale' figura anche il nome di Carlo Pucci, dirigente di Eur Spa, società per il 90% del ministero dell'Economia e delle Finanze e per il 10% di Roma Capitale, che, in accordo con la Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici per Roma Capitale e con la Direzione regionale per i Beni culturali e Paesaggistici del Lazio, gestisce e 'valorizza' una cospicua parte dei beni storico-artistici della città dei 7 colli. Per capirci, si tratta della stessa società che stava progettando la costruzione della famigerata 'Nuvola' di Massimiliano Fuksas (considerata la 'nuova San Pietro', poiché  in 'perenne' costruzione sin dal 2007) e al centro di numerose polemiche in quanto, a detta dello stesso architetto, "il problema tutto italiano della pubblica amministrazione, della burocrazia e di una complessità di gestione da parte dell'impresa che sta realizzando i lavori" ne starebbe rallentando la costruzione. Stando all'architetto, inoltre, 'La Nuvola' sarebbe stata affidata alla stessa impresa costruttrice dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, la quale non avrebbe 'una grande esperienza' in questo genere di lavori. Tale ditta risulta essere collegata sia con Eur Spa, sia con Anas Spa, società per azioni il cui socio unico è il ministero dell'Economia (cui fa parte anche Eur Spa) implicata nel 1993 nella vicenda 'Tangentopoli' e il cui presidente, Pietro Ciucci, è stato al centro di diversi scandali. A confermare il triste presagio che sul cantiere de 'La Nuvola' di Fuksas (come su quelli avviati e mai conclusi dalla società, tra i quali la riqualificazione dello storico lunapark della capitale, LunEur) possa incombere l'ombra di 'Mafia-Capitale' è l'intercettazione che, qualche giorno fa, ha tirato in ballo il centro congressi in un'ambientale tra Massimo Carminati e Paolo Pozzesere, ancora da chiarire.

'Parentopoli' e Beni culturali: origini e proposte
Potrebbero essere tutte coincidenze, o forse no. Ma dall'inchiesta in corso appare chiaro come la 'parentopoli' sia davvero estesa e coinvolga anche il settore culturale, oggetto delle più svariate speculazioni a causa di una normativa incerta, che favorisce le infiltrazioni mafiose. Molto spesso perché, come ha sostenuto di recente il presidente della Commissione nazionale anti-corruzione, Raffaele Cantone, dopo Tangentopoli si è provveduto a smantellare completamente il sistema dei controlli amministrativi, che in alcuni casi sono stati privatizzati. E si è vieppiù 'sventrato' il sistema dei controlli sugli enti locali. Un'azione che ha avuto, come conseguenza diretta, la depenalizzazione del falso in bilancio, le prescrizioni troppo brevi e l'autoriciclaggio, i quali rendono impuniti e impunibili tanti reati di corruzione, peculato e concussione. Per risanare il Paese sarebbe necessario che la lotta alla corruzione, tanto proclamata dal Governo Renzi, confluisca nell'approvazione di una riforma della Giustizia che preveda non solo pene severe per i reati di cui sopra, ma anche controlli preventivi sulle amministrazioni, sugli eletti e sulle delibere, come avveniva, prima del 1970, nell'Italia dei 'prefetti', con le Giunte provinciali amministrative (Gpa). L'istituzione dei Coreco, organismi di controllo decentrati, nati nel 1971 per controllare le Regioni e tutti gli enti provinciali e locali, si è rivelata essere un'illusione utopica. Ben presto, infatti, tali organismi, da tecnici, sono stati trasformati in politici, riducendo sensibilmente i controlli penetranti. In seguito, con la riforma del Titolo V della Costituzione del 2001, che ha messo sullo stesso piano 'orizzontale' Comuni, Province, Regioni e Stato, tutte le istituzioni avrebbero dovuto, utopisticamente, 'auto-correggersi'; cosa che, ovviamente, non solo non è avvenuta, ma ha finito per acuire il problema dell'efficienza e della tempestività dei controlli tecnici, il quale, sommato alla problematica dei controlli politici, ha creato una sorta di 'cortocircuito'. Tali monitoraggi, in effetti, erano essenzialmente ad appannaggio delle assemblee elettive, oggetto, nel corso degli anni, di un progressivo 'svuotamento' sia nei Comuni, sia nelle Regioni. La situazione pare essere ulteriormente aggravata dalla 'perdita di peso' dei Consigli regionali e dalla scelta, operata dal Governo Renzi, di rendere impossibili i controlli delle Soprintendenze su edilizia e territorio, nominando i segretari comunali quali fiduciari dei sindaci e delle Giunte, senza più selezionarli per concorso. Infine, la condizione in cui le nostre Soprintendenze versano da anni - personale ridotto, sedi vacanti, servizi inesistenti - unitamente a una normativa poco chiara e facilmente raggirabile, hanno determinato abusi continui e, di conseguenza, la devastazione del nostro patrimonio e del territorio che lo contiene, lasciando deperire monumenti e disseminando in tutta Italia degli 'obbrobri architettonici', alcuni dei quali incompiuti. Come insegna, del resto, la vicenda de 'La Nuvola' di Fuksas.





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Roberto - Roma - Mail - mercoledi 7 gennaio 2015 13.3
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