Forse è riduttivo ricordare
Pier Paolo Pasolini come uno degli intellettuali che hanno segnato la Storia, come regista di film che ancora oggi sono un riferimento per chi è del mestiere. Ma Pier Paolo è stato molto di più, come evidenziò
Alberto Moravia nell'orazione funebre del 5 novembre 1975. Non tutti, per esempio, conoscono la sceneggiatura de
'La Nebbiosa', scritta nel 1959. Pier Paolo dopo la pubblicazione di
'Una vita violenta' fece un viaggio a Milano. Con viva curiosità cercò di sviscerare le realtà di una città che non conosceva, allo stesso modo di Roma. Affidandosi ad alcuni giovani teppisti della zona s'infilò nei locali dei cosiddetti
'teddy boys', frequentando i
'night' del centro. Osservò nel dettaglio la vita di una Milano in espansione, senza mai tralasciare la periferia. Tutto divenne fonte di riflessione e di studio accurato per lui, specialmente il linguaggio.
'La Nebbiosa' non è mai diventata un film, come in realtà avrebbe dovuto essere: la sua sceneggiatura non è stata mai presa in considerazione dai registi.
Il Saggiatore ha perciò deciso di editare integralmente, nella collana
'Le Silerchie', questo lavoro di Pasolini, rispettandone la primissima stesura. Addentrandosi nelle prime pagine del libro, si viene proiettati direttamente sul set:
il bar 'Metanopoli'. Interno. Sera. La trama si svolge in una sola notte, a Capodanno. Tra macchine rubate e motociclette, un gruppo di ragazzi festeggia. Non sono festeggiamenti tranquilli: i giovani spaventano una coppia, rubano gioielli, rapiscono tre signore e le costringono a un'orgia. Per non parlare dell'omossessuale che fanno salire forzatamente in macchina fino a denudarlo, bruciandone i vestiti. Una gioventù estrema e dannata, incattivita da un ambiente che ne modifica in negativo i comportamenti, portandoli oltre il limite consentito. I
'teddy boys' compiono le loro atrocità in una città come Milano, ricca di contrasti. Pier Paolo studiò il 'gruppo', o meglio il 'branco', raccontandone la crudeltà con estrema precisione e puntiglio. Nei dialoghi è evidente come Pasolini voglia proprio far emergere le forti personalità di questi giovani
"selvaggi". La società inizia a utilizzare il termine
'teddy boy' nei primi anni cinquanta, proprio per manifestare il problema della delinquenza giovanile nelle metropoli. Pasolini riesce a condurci lì, nelle strade, nei locali, tra i vicoli del Naviglio e i grattacieli, con il Contessa, Mosè, il Gimkana, il Rospo, capo della banda, accompagnandoci alla scoperta di luoghi in cui prende forma tutto il disagio di una generazione cresciuta nel boom economico. La nebbia che domina Milano si manifesta con prepotenza quasi abitudinaria nella sceneggiatura:
"La chiara, fitta nebbia delle alte notti invernali della Val Padana, avvolge l'antico paese manzoniano. Ecco il tozzo campanile romanico: la facciata della chiesa, barocca e paesana". Pasolini cerca di portare alla luce gli aspetti contraddittori di Milano, dallo sfarzo borghese alla crudezza dei teddy boys, due mondi apparentemente lontani che, tuttavia, coesistono e che, per forza di cose, rappresentano lo stile di vita di una metropoli spesso coperta dalla nebbia:
la 'nebbiosa' Milano, appunto. Un'indagine critica e affascinante di una società che ha mille volti, mille sfumature e infinite verità.