Siamo sempre più instabili. Tanto dal punto di vista geologico, quanto in quello del clima politico. Terrorismo, guerre, una crisi economica complessa, calamità naturali e cambiamenti climatici sono in costante aumento. E, gradualmente, stanno sconvolgendo il pianeta. Flagellano i Paesi colpiti e mettono in ginocchio intere popolazioni, lasciando dietro di sé soltanto paura, distruzione, sofferenza, devastazione e miseria. Protezione civile e aiuti umanitari dei diversi Paesi da anni concertano le sinergie e uniscono gli sforzi per prestare soccorso immediato alle comunità colpite. Ma i fenomeni sono sempre meno controllabili e prevedibili. E, soprattutto, si stanno moltiplicando a macchia d'olio. Sono proprio queste ultime considerazioni che hanno fatto sorgere la necessità di adottare e seguire una strategia comune e 'responsabile'. In Europa, è infatti attivo già da anni il
'Meccanismo di Protezione civile': uno strumento dell'Unione europea per rispondere tempestivamente e in maniera efficace alle emergenze che si verificano su un territorio, dentro e fuori l'Unione. L'esponenziale aumento di interventi urgenti - basti ricordare soltanto gli esempi più recenti: Sud Sudan, Siria, terremoto di Haiti, tifone 'Hayan' nelle Filippine - pone la necessità di fare di più. Non solo perché i costi dei disastri sono enormi (le perdite ammontano ad oltre 500 miliardi di dollari), ma soprattutto perché in gioco ci sono vite umane (più di 110 milioni di vittime e circa 650 milioni di persone colpite dagli impatti delle alluvioni, dei terremoti, dei tifoni, degli tsunami e di tutte le altre calamità naturali o climatiche). Per l'Italia, il punto di partenza per rispondere efficacemente alle catastrofi deve ancorarsi a un percorso di prevenzione, teso a mitigare gli effetti delle calamità e a sconfiggere i punti deboli. Obiettivo che si può raggiungere soltanto attraverso il rafforzamento e l'ampliamento del coordinamento tra aiuti umanitari e Protezione civile dei diversi Stati. Questa la proposta avanzata dal nostro Governo cogliendo l'occasione del
33° Meeting dei vertici di protezione civile Ue, svoltosi a Roma il 29 settembre scorso presso la sede del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale. Appuntamento da inquadrare nell'ambito dell'agenda legata al semestre di presidenza italiana del Consiglio dell'Unione europea, che ha rappresentato un importante momento di dialogo e di confronto. E che ha dimostrato come il tema della protezione civile sia diventato ormai un 'collante' e una priorità per gli Stati membri. E non solo per loro. Oltre ai direttori generali dei sistemi di protezione civile dei 28 Paesi membri dell'Unione europea, dell'Islanda, del Liechtenstein e della Norvegia, erano presenti anche i rappresentanti degli Stati candidati, o potenzialmente candidati, all'adesione Ue (Balcani occidentali e Turchia). E la firma del Montenegro, con la quale è stata ufficialmente sancita la sua adesione all'interno del
'Meccanismo europeo di Protezione civile', testimonia come il problema sia sempre più sentito, interessando e impegnando un crescente numero di Paesi. L'Italia, a causa della sua posizione che la rende una 'faglia fragile' - sia politica (si vedano i milioni di immigrati sbarcati ogni anno sulle nostre coste), che naturale (per l'alto rischio sismico e climatico) - dunque da sempre alle prese con il fronteggiare le emergenze, si fa portavoce e fautrice di questa battaglia grazie alle competenze, sviluppate negli anni, sulla valutazione dei rischi. Battaglia che comunque è possibile contrastare soltanto con la prevenzione e con collaborazione e la sinergia delle parti. Come ha sottolineato
Franco Gabrielli, capo del dipartimento di Protezione civile "resta essenziale il principio di sussidiarietà. E la capacità di gestione del rischio deve continuare a essere un importante protocollo di comune politica di prevenzione. L'aumento dei rischi di terremoti, di atti di terrorismo, così come la crisi complessa, rendono il tema molto attuale. Dove la prevenzione è la risposta più efficace". L'apertura dei lavori della riunione - presieduta appunto dal Capo del dipartimento di Protezione Civile, Franco Gabrielli e dal Direttore generale della
DG-ECHO, Claus Sorensen - è stata affidata alle parole di
Lapo Pistelli, Viceministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, che ha così commentato: "L'Europa ha il dovere, etico e morale, di portare soccorso, di agire e di prevenire, se si può, per mitigare gli effetti delle catastrofi. Il cambiamento passa dal rafforzamento e dal miglior coordinamento tra la protezione civile e gli aiuti umanitari. Bisogna unire tutte le forze, le competenze specifiche e la tecnologia. Bisogna potenziare e condividere le informazioni. Solo in questo modo si può aspirare alla rimozione del rischio di catastrofi e si possono rafforzare e rendere più tempestivi gli interventi. Mi auspico che l'Italia continuerà a godere dell'appoggio degli Stati membri. Perché l'obiettivo è di rafforzare gli aiuti per salvare vite umane".
Cos'è il 'Meccanismo europeo di Protezione civile'È uno strumento dell'Unione europea nato per rispondere tempestivamente e in maniera efficace alle emergenze che si verificano su un territorio, interno o esterno all'Unione, attraverso la condivisione delle risorse di tutti gli Stati membri. Aderiscono al 'Meccanismo' tutti i 28 Paesi membri dell'Unione europea, i tre Paesi appartenenti all'Area economica europea (Norvegia, Islanda e Liechtenstein), l'ex Repubblica Yugoslava di Macedonia (dal 31 gennaio 2012 con la ratifica del Memorandum of Understanding) e adesso anche il Montenegro (con la firma del 29 settembre scorso). La Protezione civile, incardinata nella Direzione generale aiuti umanitari e protezione civile
(DG-ECHO) della Commissione europea, si articola in due unità fondamentali: una legata alla risposta all'emergenza (ed è quindi responsabile della gestione del 'Common Emergency Communication and Information System': missioni degli esperti, predisposizione dei trasporti, attivazione dei moduli di protezione civile europei e azioni di allerta rapida e monitoraggio); l'altra è invece rivolta alle politiche di prevenzione, preparazione e mitigazione del rischio. Ed è dunque responsabile dello sviluppo di un quadro comunitario per la prevenzione: si occupa dei corsi di formazione dell'Unione europea, della simulazione di esercitazioni, della promozione di scambio di esperti, della gestione di progetti volti alla crescita del sistema di protezione civile dentro e fuori dell'Ue. Il metodo alla base del funzionamento del 'Meccanismo' è pensato per agevolare la cooperazione negli interventi di soccorso, consentendone il coordinamento. Ma non si vuole porre come strategia sostitutiva dei sistemi nazionali. Le iniziative sono infatti basate sul principio di sussidiarietà: tutte le azioni dell'Unione devono essere quindi intraprese sempre in coordinamento e su richiesta dello Stato colpito.
Come si attivaAll'interno dell'Unione europea: quando uno Stato non riesce a fronteggiare una grave emergenza nazionale può richiedere assistenza agli altri Paesi, attivando il Centro di coordinamento della risposta all'emergenza (Ercc) che provvederà ad informare tutti i Paesi del Meccanismo. L'Ercc è quindi un mezzo che permette di agevolare la mobilitazione di squadre di valutazione e/o coordinamento e di esperti. E assicura il co-finanziamento del trasporto dell'assistenza offerta dagli Stati partecipanti. La direzione degli interventi di soccorso è comunque lasciata allo Stato richiedente.
Fuori dall'Unione europea: il Meccanismo può essere attivato attraverso una richiesta di assistenza all'Ercc da parte del Paese colpito. In questi casi, l'Alto Rappresentante dell'Unione europea per gli Affari esteri e la politica estera, insieme allo Stato che detiene la presidenza del Consiglio europeo, coordina la risposta con la commissione. In questo modo, si garantisce il collegamento con il Paese colpito, facilitando il rapido dispiegamento dei soccorsi comunitari, soprattutto nelle prime ore dall'evento.
Nel caso in cui, sul terreno emergenziale, siano presenti anche rappresentanti delle Nazioni unite, il ruolo di guida delle operazioni è detenuto da questi ultimi. L'attività svolta DG-ECHO avviene, quindi, in stretta collaborazione con l'Ufficio delle Nazioni unite per il Coordinamento degli Affari umanitari -
OCHA. Questo caso si è verificato, per esempio, in occasione dell'intervento di soccorso e assistenza portato alle popolazioni filippine colpite dal tifone Hayan nel novembre 2013.