Carla De Leo"L'estate sta finendo..." cantavano i fratelli Righeira a metà degli anni '80. Un successo che fece ballare milioni di italiani in vacanza sulle spiagge. E ora, ci risiamo: si parte per le agognate mete estive quando quell'andare in ferie è, da sempre, sinonimo di divertimento in cui una parte importante la gioca proprio il ballo. E che si tratti di un momento di socializzazione o semplicemente di sfogo personale ce lo dicono i periodi storici: a ogni generazione la sua musica, il suo ritmo e, soprattutto, la sua danza. Ballare, anzi ‘andare a ballare’ è diventato, nel tempo, sinonimo di divertirsi veramente, 'contorcendosi' sulle note o sul 'tormentone' del momento per conoscere nuova gente, fare amicizia e… (perché no?) avere la possibilità di 'rimorchiare'. Ma si è sempre ballato nello stesso modo? Osservando i lunghi decenni di 'ancheggiamenti', si può notare come questi siano radicalmente cambiati nel tempo. Probabilmente, perché anche la danza costituisce un sintomo e un simbolo di una società in continuo mutamento, che ne interpreta segnali, ideologie e valori (o disvalori…). Divertirsi non ha mai significato la stessa cosa: in 50 anni di musica e balli, in fondo, è trascorso mezzo secolo di vita del Paese. Ripercorriamolo insieme in questo breve excursus.

Cominciamo dagli anni ‘60
Dopo l’immediato dopoguerra, caratterizzato dal ‘boogie woogie’ di diretta importazione americana e dalle contaminazioni cubane, o più generalmente latino-americane, di mambo, rumba e cha-cha-cha degli anni ’50, giunge il mitico e indimenticabile decennio del boom economico, del benessere e della ricchezza. Anni scanditi da ritmi sfrenati, da movimenti convulsi, da un torcersi e dimenarsi senza precedenti. Non a caso, re e capostipite di tutti i balli è il twist (dall’inglese 'torcersi', 'dimenarsi', appunto). 'Figlio' del rock’n’roll, il twist appare per la prima volta nel 1962 con i successi di Chubbi Checker - 'The Twist' e 'Let’s twist again' - a cui seguono alcuni brani intramontabili dei Beatles: 'Please please me' e 'Twist and shout'. L’avvento del twist porta anche un’importante novità: una danza non più di coppia, bensì collettiva, di gruppo, determinata dalla necessità di differenziare i locali da ballo per i giovani (le future discoteche degli anni '70), da quelli per gli adulti (le più 'classiche' balere). In Italia, i ragazzi si scatenano sulle note di Mina ('Tintarella di luna', 'Una zebra a pois'), di Adriano Celentano ('Stai lontana da me'), di Edoardo Vianello ('Guarda come dondolo') o di Peppino di Capri ('St. Tropez Twist', 'Speedy Gonzales'). Ben presto, accanto al twist si affacciano altri balli, sempre collettivi e spesso di contaminazione straniera: dall’hully-gully ('Hully gully in dieci', 'Abbronzatissima', 'I watussi'); al surf (nel 1964, Rita Pavone 'cavalca l’onda' con 'Datemi un martello', mentre Catherine Spaak faceva ballare sulle note de 'L’esercito del surf'). Senza dimenticare le esperienze 'ballerine' dello shake, del limbo, dello ye-ye e del geghegé. Si tratta degli anni in cui vengono definitivamente rimarginate le ferite della seconda guerra mondiale e il mondo sembra finalmente rilassarsi e respirare. A farla da padrona è soprattutto la voglia di vivere e di scatenarsi, rifuggendo tutto ciò che significhi impegno. La tecnologia e il progresso sembrano dare una risposta a tutto. E, Pasolini a parte, un diffuso clima di cieca fiducia aleggia indisturbato. Cos’altro può essere generato in quegli anni di 'leggerezza', se non ritmi altrettanto effimeri, 'facili' e orecchiabili, in cui ogni canzone finisce con l’essere identificata con un ballo? A ciò si aggiunga la determinazione dei giovani a essere protagonisti assoluti della vita sociale di quegli anni: ecco facilmente spiegato il proliferare di innumerevoli nuovi generi e movenze, dove 'torcersi' costituisce un verbo indispensabile e irrinunciabile. Insomma, l’atmosfera degli anni '60 resta inconfondibile per spensieratezza e vitalità. Ed è indicativo se proprio a questo periodo è riconducibile anche la nascita delle 'canzoni da spiaggia', o ‘dischi per l’estate’. Solo per fare degli esempi, chi non ricorda a memoria i versi di 'Sei diventata nera' o di 'Stessa spiaggia stesso mare'?
 
Gli anni ‘70
Già sul finire degli anni '60, l'atmosfera cambia radicalmente: si avvicina il rovente clima della contestazione giovanile, le discoteche si svuotano e la musica ‘ballabile’ conosce un forte declino. Arriva la 'Beat generation': in Italia, i giovani diventano frequentatori assidui soprattutto del 'Piper Club', storico locale capitolino dove si riversano in massa per vedere, oltre a Mal dei Primitives, Patty Pravo e Mita Medici, meglio conosciute come: “Le ragazze del Piper”. L’influenza è quella dei 'grandi': Beatles, Rolling Stones, Byrds, Beach Boys. La nuova canzone ‘pop’ dei complessi e dei giovanissimi non riesce comunque a cancellare la tradizionale canzone melodica 'all’italiana'. E, sebbene allo scoccare degli anni ‘70, l’incontro con i grandi protagonisti del pop-rock internazionale, con i cantanti folk 'di contestazione' per eccellenza (Bob Dylan e Joan Baez, i primi a mettere in musica la contestazione giovanile del '68) e con altri grandi artisti di 'rottura' (Jimy Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison dei Doors, Eric Clapton) sia già stato siglato, i palcoscenici di quell’Italia che sta cambiando sono, per lo più, Sanremo e Canzonissima. I meno giovani e i tanti ragazzi italiani di provincia, lontani dal trambusto ideologico e di costume che 'infesta' i grandi centri urbani, si 'salvano': il loro trastullo continua a essere la televisione, dove l’immortale Raffaella Carrà determina, nel 1972, il successo popolare del 'Tuca-tuca'. Ma i più seguono i 'must' di questi anni: trasgressione e cambiamento. I ragazzi iniziano a portare i capelli lunghi e le ragazze indossano le minigonne. I giovani si ritrovano nei centri sociali o si riversano in massa nelle piazze. Vogliono assistere ai grandi concerti rock, giganteschi raduni giovanili in cui le nuove generazioni dimostrano di muoversi sul palcoscenico della Storia come un ambiguo ‘Giano bifronte’. Si ascolta tanta, ottima, musica negli anni '70. E si balla tanto, senza freni inibitori. In molti, però, finiscono con l’identificare il divertimento con i ‘passi' dell’eccesso, del vizio e del disprezzo delle regole: ci si droga (ne è testimonianza la celebre espressione 'Sesso, droga e Rock’n’roll') o spesso si rincorre l’amore libero (i cosiddetti 'figli dei fiori'). C’è anche chi si butta nell'impegno politico e balla al ritmo della prolifera attività dei cantautori di canzoni 'impegnate' (Francesco Guccini, Lucio Dalla, Francesco De Gregori e Antonello Venditti). Non rappresentano altro che la risposta italiana al clima politico-sociale del 'lungo ‘68', con le sue lotte studentesche, operaie, femministe e la recrudescenza del ’77, che porta le vestigia persino della ribellione ‘punk’ proveniente dal mondo anglosassone. La Storia sembra ormai avere impresso ai cambiamenti un ritmo vorticoso. E così cambiano da un anno all’altro anche la musica, il ballo e il modo di divertirsi. A metà degli anni '70 nasce la prima radio privata. Nel 1979, con una sentenza della Corte costituzionale con la quale le tv private vengono liberalizzate, si sancisce la nascita della televisione commerciale e, di conseguenza, dei 'consumi di massa'. Si diffondono le audiocassette: ora diventa possibile registrare e duplicare la musica ascoltata alla radio, un fatto che determina l’aumento vertiginoso degli ascolti e che, indirettamente, contribuisce ad 'accorciare' la vita delle canzoni. Le quali, in brevissimo tempo, diventano obsolete e superate.

Gli anni ‘80
E’ addebitabile a questo bisogno di continue novità se gli anni ‘80 sono contraddistinti dalla nascita di nuovi generi musicali e di danza. Mentre per un pubblico di bambini l’allora giovanissima Romina Power propone in televisione 'Il ballo del qua-qua' (1981), i giovani, rimasti vittime del fascino di John Travolta e de 'La febbre del sabato sera' (1977) tornano ad affollare le discoteche, in cui desiderano anche 'esibire' il loro talento. E’ l’epoca della discomusic, che ben presto 'si evolve' in nuove forme sonore e di ballo: dalla technomusic, alla break-dance, dal funky e all’hip-hop. Ma gli anni ‘80 saranno ricordati soprattutto per l’indiscusso predominio del pop-rock e le sue due insormontabili icone: Madonna e Michael Jackson. Personalità che hanno saputo interpretare il sentimento di quegli anni imponendolo come 'modus vivendi' della società. Oltre a dominare la scena musicale, riescono infatti a stabilire un 'predominio ideologico' anche sulla moda (le famose giacche con le spalline), sul modo di ballare, di truccarsi e di pettinarsi (ricordate i bei capelli biondi cotonati della Ciccone?). Con gli anni '80, si ritorna 'al privato', al declino dell’impegno politico, definito ben presto dai sociologi ‘riflusso’, per sprofondare nuovamente nell’effimero e nella spensieratezza. Si va in discoteca per divertirsi e per ballare. E, tra lo sfoggio di un lustrino e una paillette, per cercare di farsi notare.

Il passato recente
Gli anni ’90 e i primi anni duemila sono il regno incontrastato della dance music ‘made in Italy’. Le discoteche vivono un nuovo periodo d'oro grazie a dj spesso dai nomi esterofili, ma nati e cresciuti in casa nostra. I vari Molella, Prezioso e Albertino, discendenti a loro volta dal ‘pioniere’, oltre che buon conduttore televisivo degli anni ’80, Claudio Cecchetto, girano la penisola diffondendo il nuovo ‘verbo’ sonoro all'insegna del 'su le mani'. Si balla al centro della pista, scatenandosi con le hit del momento fino all'alba. La voglia di ballare e cantare quei pezzi che, oltre a contenere un ritmo scatenato, sono costituiti da melodie, è tanta. Remix di pezzi italiani o ‘new entry’ fresche di produzione, l'importante è che ‘battano’ il tempo giusto. La cosiddetta ‘pompa’ e la melodia si mescolano assieme. L'italiano che balla non sembra rinunciare facilmente a certi aspetti. Tutto comincia con 'Rockin' Romance' di Joy Salinas e poi, sempre un'altra donna si guadagna il titolo di regina della notte: Corona. Quella musica, che si può danzare e cantare a squarciagola, riesce a far ballare mezza Europa. I ragazzini e i meno giovani difficilmente resistono al richiamo di quelle note. E la ‘tribù’ che balla ha i suoi miti da venerare ogni sabato notte. Gli anni ‘90, insomma, più dei decenni precedenti bruciano velocemente le tappe: ciò che è commerciale viene sfruttato fino a raschiare il fondo del ‘barile’. L'immagine vince ancora su tutto. Le droghe e l'alcool sono un 'supporto' per l'apparire e il conoscere. E i telegiornali della domenica cominciano a raccontare le tante ‘stragi’ del ‘sabato sera’, ovvero gli incidenti automobilistici conseguenti all’abuso di alcolici, droghe e atteggiamenti irresponsabili. Divertirsi sulle piste è imperativo categorico: la massa vuole solamente ballare e l'impegno sociale viene lasciato a pochi. La discoteca resta il luogo di riferimento per l'effimero, per il 'rimorchio' e lo ‘sballo’. Non si sa perché, ma l'importante è esserci, senza riflettere. Anche la televisione si accorge del momento che si è diffuso e contribuisce a consolidare il successo di balli ‘alienanti’ o di rifugio nel ‘branco’, come la 'Macarena' dei Los del Rio. Politici e vip ballano anch’essi in televisione. La 'lambada' dell’ultimo scorcio degli anni ’80 è ormai solo un pallido ricordo. L'operazione commerciale si ripeterà con cadenza stagionale. Sarà la volta di Ricky Martin, prima con 'Un, dos, tres, Maria', in seguito con 'La copa de la vida'. Il decennio si chiude col 'Supercafone' firmato da Er Piotta, un titolo e un paradigma di comportamenti di quegli anni. Tutti, ma proprio tutti, si catapultano nei salotti 'discotecari' di Briatore & co. Gli anni ‘90 trascinano la dance fin nei primi anni duemila. Certo, i vari 883 e altri italiani come Raf ('Battito animale') sono un ricordo del passato recente. Ma c'è spazio anche per altri: Grignani esce con l'irriverente 'Ti raserò l'aiuola', che verrà mixata e remixata in tutte le salse. I primi anni duemila vengono vissuti ‘di rendita’ dalle produzioni italiane, che hanno raggiunto l'apice sul finire del '99 - Eiffel 65 con 'Blue' e Gigi D'Agostino con 'Bla Bla Bla' - sfruttando la spinta propulsiva degli 'ultimi campioni di razza'. Paola e Chiara dominano con 'Vamos a bailar'. E sono sempre altri italiani che impongono i nuovi ‘tormentoni’. La meteora Valeria Rossi (ripescata, come vuole la leggenda, da un sottopassaggio metropolitano) perseguita le menti con “Dammi tre parole: sole, cuore e amore”. I dj nostrani capiscono l'antifona e ne preparano vari remix per le piste da ballo. Ma i ‘discotecari puri’ si scatenano con l'originale 'Up & Down' di Billy More e 'Candela' di Noelia, decisamente più ritmate e ballabili. Qualcuno, come gli Alcatraz, ripropone sonorità un ‘filino’ retrò: nasce 'Crying at the discoteque', altro successo commerciale che riprende un vecchio brano del 1979 dell’affascinante Sheila, accompagnata dal gruppo musicale afro-americano dei B. Devotion. Poi, un bel giorno, arriva Benny Benassi con 'Satisfaction' (2004), che rimette ordine e ridisegna il modo di fare musica in discoteca. Anche la dance ‘made in Italy’ si piega ai generi più in voga, come il minimal e l'elettro-house. I giovani seguono le serate dei dj preferiti legati a un preciso genere musicale. Si va in discoteca perché c'è Tizio o Caio che ‘mixano’ sui piatti come se si dovesse assistere a un concerto. Nonostante tutto, qualcuno ci prova ancora a sfondare con una nuova hit: nel 2006, l'Italia è fresca campione del mondo e il comico Checco Zalone si cimenta in 'Siamo una squadra fortissimi'. A dire la verità, i giovani saltellano soprattutto sul giro di basso di '7 Nations Army' dei White Stipes, trasformato dal tifo azzurro in un autentico ‘tormentone’. Un paio d'anni dopo, ecco Giusy Ferreri e la sua voce alla Amy Whinhouse, che sfonda con 'Non ti scordar mai di me'. Insomma, se da un lato si balla la sofisticata musica elettronica, dall'altro le nostre melodie riescono ancora a essere utilizzate per creare ‘hit’ da discoteca. Nello stesso anno di Giusy Ferreri, un altro brano ‘italianissimo’ balza in cima alle classifiche dei più ballabili: 'Vieni a ballare in Puglia' di Caparezza. È il gran momento del Salento, di un sud inteso da molti giovani come cultura da riscoprire. Là è riconducibile la nuova meta del turismo ‘low cost’, con sole, natura e ‘sballi’ compresi nel prezzo. Il decennio finisce e si riapre col dominio incontrastato del gentil sesso: Shakira, Kate Perry, Rihanna e Lady Gaga - per citarne alcune - ormai si sono impossessate della scena canora e non solo di quella. Fuori dagli ambienti musicali, intanto, il mondo sta ancora cambiando volto: siamo entrati nell'euro, abbiamo assistito alla morte di Papa Giovanni Paolo II e all'elezione del primo presidente ‘nero’ degli Stati Uniti. Facebook e gli altri social network, alcuni fenomeni di passaggio come il ‘Grande Fratello’ ci riconducono tutti a un unico 'villaggio globale'. La voglia di ballare e conoscersi è gestita da nuove 'regole' di condotta. Usciti dall'anonimato delle vecchie chat, ognuno si presenta in discoteca col suo smartphone e profilo 'ufficiale'. Si balla col telefonino in mano, pronti a scattare foto o, come vuole l'ultima moda, a farsi un ‘selfie’. Ci si conosce meno, in meno tempo e più semplicemente di prima. In altri termini, ci si 'connette': ogni evento si fa sempre più socialmente condivisibile. La musica perde pian piano quell'aspetto molto 'teen' e si rafforza la sua idea di messaggio globale. I disc-jokey (alcuni di essi, vedi per esempio David Guetta) sono i nuovi ‘messia’. Alcuni templi musicali, sopravvissuti negli anni, continuano a rappresentare la Mecca dei discotecari ‘duri e puri’: la riviera romagnola docet. Si moltiplicano anche i Rave party e la musica è sempre più un pretesto per 'essere' ed 'esserci'. La voglia di protagonismo si mescola al nichilismo di chi si annulla strafacendosi di alcool o droga. L'eccesso è la regola. Avete presente la scena di apertura del film 'La grande bellezza’, di Paolo Sorrentino? Ecco, quel codazzo di gente adulta che fa il ‘trenino’ sulle note di un pezzo del momento è divenuta la stortura anacronistica più indicativa dei nostri tempi. Cosa è cambiato da 50 anni a questa parte? Tutto e, al contempo, assolutamente nulla.


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Roberto - Roma - Mail - sabato 16 agosto 2014 12.40
Grazie per questo simpatico excursus di costume niente affatto nostalgico e giustamente critico nei confronti di alcune pessime abitudini. Tra i giovani virgulti che questo sito sta selezionando, questa De Leo è senza dubbio la ragazza più interessante e promettente. Anche se con qualche giorno di ritardo, auguro buon Ferragosto a tutta la vs redazione.
Rob


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