Alcuni giorni fa, si sono riuniti a Roma in una ‘tre giorni’ di dibattito, filosofi, giuristi, architetti, artisti, filologi, letterati e pedagogisti. Tutto lo scibile umano, al fine di discutere di un ritorno al realismo e delle sue conseguenze. Secondo questi esperti, saremmo in una fase immediatamente successiva a quella postmodernista di matrice ‘nietzchiana’. Detto in altri termini, mentre prima prevaleva l’interpretazione dei fatti sui fatti stessi, oggi sta avvenendo il contrario. La realtà è ritornata sulla scena, a scapito dell’antirealtà. Un cambiamento che interesserebbe tutti i campi del sapere. Ora, senza perderci in analisi - peraltro molto interessanti - sull’esistenza o meno di una realtà oggettiva, indipendentemente dall’interpretazione che ne possiamo dare o provare a stabilire in cosa consista un’opera d’arte o se esista un modo obiettivo di definire un concetto, voliamo più ‘terra terra’, prendendo però spunto da queste riflessioni. Se focalizziamo lo sguardo sulla politica italiana di questi ultimi tempi, scorgiamo un cambiamento evidente rispetto al passato. Si tratta di un mutare che, in effetti, potrebbe spiegarsi con questo presunto ritorno al realismo. Una volta c’era la ‘realpolitik’, la politica che aveva appeso al chiodo i principi etici per essere libera di compiere scelte più squisitamente pratiche. Quel pragmatismo, però, figlio di Machiavelli (il ‘gioco’ vale la ‘candela’, “il fine giustifica i mezzi”) e Richelieu (la Ragion di Stato), mirava al raggiungimento di un obiettivo preciso: la ricerca e il mantenimento del potere, indipendentemente da questioni etiche che avrebbero potuto sollevare dubbi di sorta. Oggi, nei protagonisti della vita politica italiana, da Renzi a Grillo, passando per Berlusconi, qualcuno può ravvisare questo atteggiamento? Matteo Renzi, da quando è stato nominato premier, va menando la storia delle riforme che ‘s’hanno da fare’, altrimenti lui non ci sta. Quindi: riforme, o morte. Sua politica personale. E questo sembra, evidentemente, un fatto concreto, non un’interpretazione. Oltretutto, non dimentichiamo con quanta insistenza ha propugnato la ‘manovrina’ degli 80 euro in busta paga. Ha sventolato un giorno sì e l’altro pure la sicurezza che gli italiani avrebbero trovato quell’aumento. Ne ha fatto quasi una questione di principio, che alla fine voleva significare solamente che lui, contro tutti, un’azione veramente concreta l’ha realizzata. Anche in questo caso, si tratta di un fatto reale, appunto, un altro fatto non interpretabile. Grillo e il suo movimento, poi, hanno costruito tutto il potere proveniente da un grande bacino di voti, basandolo sulle proposte concrete che portano avanti e divulgando ogni risultato in rete. Grillo, sul suo blog, inserisce di continuo non soltanto le azioni propositive del M5S, ma anche quello che i media, a suo dire, non dicono. La massima visibilità, la più trasparente possibile altro non sarebbe, quindi, che la realtà nuda e cruda, privata da ogni forma di interpretazione. Per questo stesso motivo sembra ritenersi il massimo depositario del sapere e della verità. Populismo, dunque, come accusano i suoi detrattori o ‘iper-realismo’? E Berlusconi, in tutto questo? Sulla sua testa pende una condanna che lo ha ‘imprigionato’ tra ‘anziani signori’. Ci ha abituati a resurrezioni impossibili, ogni qual volta lo davano per ‘morto’. Rispetto agli altri, appare il meno ‘reale’ e realista. Non soltanto nel senso estetico, per quei lifting che lo illudono di ringiovanire. Dei tre ‘competitors’ è in assoluto il ‘mago’ delle illusioni: vende anche quello che non ha. Se non è anti-realtà questa, scusateci tanto. Il ‘berlusconismo’ è stato, in fondo, una sorta di ‘realpolitik alla rovescia’. Stesso fine, il potere, ma con base differente. Ora, se davvero stessimo vivendo un grande ritorno al pragmatismo, anche in politica, quale potrebbe essere il futuro dei tre leaders? Alla lunga vincerà chi davvero saprà ancorarsi ai fatti. Chi dimostrerà di non essere solo parole. La gente, effettivamente, è da tempo che mostra insofferenza. La famosa ‘antipolitica’ in cui prima hanno stagnato vari movimenti (i ‘girotondini’, il popolo viola, lo stesso Di Pietro) altro non era se non la realtà che sbatteva in faccia alla politica la verità dei fatti. Questo, quando la politica veniva interpretata e condotta solo, per l’appunto, su basi ‘interpretative’. Fatta la legge, trovato l’inganno: questo era il motto. Può darsi che questo ritorno alla realtà sia concreto. E perciò si spiega il fatto che Grillo non abbia costituito una ‘meteora’, come molti auspicavano. Si diceva lo stesso della Lega, quando comparve nello scenario politico. Evidentemente, chi in Italia la sa dire e raccontare bene, la verità ‘nuda e cruda’, ha sempre buon gioco su un elettorato stanco di essere preso in giro. Renzi ha perfettamente ragione quando dice che se non riuscirà a fare le riforme tornerà a casa. E questo perché glielo impone un suo convincimento personale, o perché una nuova etica, ormai, pare stia prendendo forma nel Paese, come dicono gli esperti? Se anche fosse, non sarà pragmatismo, non sarà realpolitik, ma apparentemente ci si avvicina molto. Questo, di contro, vorrebbe dire anche che potrebbe essere tutt’altro. E quel che sarà, lo vedremo andando avanti. Sarebbe meglio fermarci a queste considerazioni. Perché poi, se provassimo a interpretare i fatti, potremmo scoprire l’esatto contrario: che il Cavaliere, da uomo abituato a imporre le proprie idee, sarebbe dunque un gran realista, altro che ‘massimalista’; che Grillo, da urlatore nelle piazze, mostra ancora le fattezze del bravo comico che è stato, giudicabile, dunque, come il primo dei ‘populisti’ - lui stesso, in una recente intervista, ha dichiarato che la democrazia possibile, oggi, si chiama populismo -; che Renzi, dopo aver elencato promesse e cambiamenti epocali da realizzare in pochi mesi, se non dovesse riuscirci e, peggio, non volesse sparire dalla scena politica riporterebbe tutto come prima. Il mondo sarebbe solo un’illusione, ma possiamo interpretarlo. E un altro Berlusconi (magari Marina) si affaccerebbe sulla scena. Chissà! I fatti parleranno, come sempre, sulle nostre interpretazioni.