Una grande artista e, soprattutto, una gran donna. Carla Accardi è morta lo scorso 23 febbraio a Roma, città che l’aveva accolta quando molto giovane, nel 1949, giunse dalla lontana Sicilia. Nata a Trapani il 9 ottobre 1924, la Accardi dopo aver terminato gli studi all’Accademia delle belle arti di Palermo si era trasferita prima a Firenze e poi a Roma, dove aveva frequentato l'Osteria Fratelli Menghi, noto punto di ritrovo per pittori, registi, sceneggiatori, scrittori e poeti. A condurla nella capitale e all’interno del gruppo 'Forma 1' l’incontro con Sanfilippo, che divenne presto suo marito. La sua formazione proseguì a Parigi, dove ebbe modo di conoscere il lavoro di Matisse e i suoi racemi bicolori, gli arabeschi, le campiture piatte del pittore francese; e anche la produzione artistica di Picasso, il grande e 'rivoluzionario' Picasso, il vero 'motore' delle avanguardie. A Parigi si avvicinò inoltre ad Alberto Magnelli, un pittore autodidatta legato all’avanguardia futurista fiorentina che animava la rivista 'La Voce', in particolare ad Aldo Palazzeschi, suo amico di infanzia, Giuseppe Prezzolini, Giovanni Papini e Ardengo Soffici. Carla fu l’unica donna ad aderire al gruppo 'Forma 1' (1947), di ispirazione marxista, con Antonio Sanfilippo (sposato nel 1949), Dorazio, Perilli, Consagra e Turcato. Fino al 1949 espose alle mostre del gruppo e nel 1950 tenne la sua prima personale alla Libreria Age d'Or di Roma. L'anno successivo fu alla libreria ‘Salto’ di Milano, punto di ritrovo degli artisti del Mac. Negli anni sessanta il sodalizio con la giovane studiosa Carla Lonzi la immerse nella militanza femminista. Nel 1964, una sua personale alla Biennale di Venezia la impose all’attenzione internazionale. Negli anni Cinquanta, pervasi dal clima artistico informale, Carla Accardi propose una calligrafia pittorica inconfondibile nella quale il segno, rigorosamente bianco su fondo nero, divenne tratto distintivo della sua arte, dettando una linea di demarcazione col passato. In seguito, il suo eloquio figurativo si arricchì di tinte e forme diverse, senza mai alterare quel marchio originale che la distinse dai suoi colleghi. Fu l’inizio dei lavori che la stessa artista definì “autorigenerativi”, portati avanti nel suo ordinato studio romano. E poi la grande sperimentazione degli anni Sessanta e Settanta. Una sperimentazione condotta su un doppio livello: quello materico e quello spaziale. Come in Fontana e Burri, la sua ricerca volse progressivamente verso il superamento della superficie piana della pittura e l’invenzione di forme spaziali innovative. Un rapporto fra opera e spazio che la condusse a concepire le ‘Tende’, vere e proprie strutture abitabili, percorribili. Opere di grande impatto, che ebbero un riflesso anche sull’arte Povera di Merz e di Gilardi. La sperimentazione materica proseguì negli anni Ottanta e in quelli a venire. Carla Accardi realizzò delle tele grezze attraversate da stesure cromatiche di varia intensità. Tutto questo, senza mai perdere quel segno grafico assolutamente peculiare che l’accompagnò per tutta la sua lunga ed intensa attività artistica.