Gaetano Massimo MacrìC’era una volta un politico di alto, altissimo rango. Uno ‘tosto’, legato al mondo dei giornali, con un passato anche sportivo. A un certo punto entrò pure in politica. Scalò i vertici, finendo finanche in Parlamento e, per un breve periodo, comandò l’intero sport italiano. Orbene, quell’uomo - un po’ come la maggior parte degli uomini - aveva un debole per le donne. Frequentava spesso quei luoghi pieni  di odorose fanciulle che, in cambio di gentilezze e ricchezza d’animo - e non solo quella - elargivano i favori più audaci. Ben disposte ad accontentare l’uomo che si dimostrava potente, ne carpivano però i segreti, anche quelli più intimi, da non rivelare a nessuno. E anche quella, in effetti, era una ricchezza da sfruttare. Al nostro personaggio capitò un giorno un fatto sgradevole: qualcuno, intendiamo qualcuno che frequentava quegli stessi luoghi di piacere, venne a conoscenza di alcuni dei suoi indicibili segreti. Forse, la ‘badessa-maîtresse’ di turno aveva osato aprire un attimo lo scrigno della sua riservatezza, lasciandovi scivolare occhi indiscreti? Non sappiamo bene come andarono le cose, come del resto succede sempre in questi casi. Il fatto è che le voci cominciarono a circolare e a crescere. E più si espandeva il loro raggio di azione, più incombeva il peso della parola ‘fine’ sul nostro malcapitato. E fu così che decadde. Volete sapere il nome, adesso? No, non si tratta di Silvio Berlusconi: era Augusto Turati, giornalista (nominato anche direttore de ‘La Stampa’), politico di spicco del Partito nazionale fascista - di cui fu Segretario dal 1926 al 1930 - capo del Coni e, ahimè per lui, frequentatore di bordelli. Pare che proprio la maîtresse della casa di lusso da lui frequentata ebbe a confidare le sue abitudini sessuali ‘deviate’, guarda caso, a Roberto Farinacci, nel cui ruolo di Segretario del Pnf il Turati era subentrato. Al di là di come si svolsero i fatti, un dato è certo: Turati non perse tempo e scrisse una lettera a Mussolini. “È necessario, Duce, che qualcuno dia questo esempio: andarsene senza chiedere nessun'altra poltrona e nessuna pensione, dicendovi grazie per avermi consentito di servire, e dato più di quanto io meritassi per le mie qualità”. Altri tempi, altri modi, altri nomi: le case d’appuntamento non erano i ‘bunga-bunga’. E anche quelle, ormai, sono decadute.


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