Dal 14 dicembre 2013 al 4 maggio 2014 si terrà a Roma, presso lo spazio del centro di produzione culturale
‘Pelanda’, la più grande antologica (la prima in occidente) del fotografo giapponese
Kazuyoshi Nomachi. In mostra sono visibili duecento ‘scatti’, divisi in sette sezioni che, attraverso la sacralità dell’esistenza quotidiana, ricostruiscono le esperienze vissute dal fotografo documentarista in Paesi tra loro lontani, ma accomunati dalla presenza di quell’intimo e spirituale sodalizio tra uomo e natura che dà valore alle condizioni di vita più difficili e precarie. Nomachi nasce a Mihara, in Giappone, nel 1946. Da sempre appassionato di fotografia, nel 1971 inizia la sua carriera come fotografo pubblicitario free-lance. L'anno dopo, all’età di 25 anni, compie il suo primo viaggio nel Sahara nel corso del quale rimane colpito dalle condizioni di vita estreme degli abitanti del continente africano. Decide quindi di dedicarsi al fotogiornalismo cominciando, da quel momento, a visitare diversi Paesi del mondo. È l’inizio di un intenso lavoro di studio e documentazione sul tema
“preghiera e ricerca del sacro”, indagato all’interno delle più variegate culture tradizionali. Nei suoi scatti, paesaggi e popolazioni autoctone si fondono all’interno di composizioni pittoriche contraddistinte da una luce abbagliante al contempo reale e trascendente. In mostra emerge preponderante il tema della spiritualità nell’uomo, come si vede nello scatto che ritrae i fedeli in preghiera nell’atto di aggrapparsi alla
Kiswa, la preziosa copertura nera che riveste la
Kaaba (La Mecca, Arabia Saudita, 1996). Dal 1995 al 2000, l’occhio del fotografo si sofferma infatti sulle città sacre dell’Islam. Nomachi è il primo a documentare in maniera approfondita i rituali
dell'Hadj, il noto pellegrinaggio religioso dei musulmani verso La Mecca. A questo periodo risalgono le fotografie che ritraggono i pellegrini in visita alla città santa nel loro abbigliamento tradizionale (Arabia Saudita 1995) e quelle che colgono il momento della preghiera del
Maghrib recitata nel cortile del
Sacro Tempio dell'imam Reza, l'ottavo imam dei musulmani sciiti (Mashhad, Iran 2006). Le stampe in mostra raccontano anche i viaggi intrapresi a partire dal 1988 nelle aree occidentali della Cina, nel corso dei quali Nomachi si dimostra particolarmente attratto dal
buddismo e dalle popolazioni che vivono nelle altitudini del Tibet. Fra il 2004 e il 2008, il fotografo giunge alla scoperta della cultura tibetana e delle terre del sacro Gange, a ridosso delle quali nacque
l’induismo. È di questo periodo lo scatto che mostra un gruppo di donne in attesa di entrare in un tempio di
Shiva durante il pellegrinaggio del
Kanwaria, che prevede la raccolta delle sacre acque del Gange come importante pratica devozionale (Deogarh, India, 2008). Viaggiando sugli altopiani di Ande, Perù e Bolivia, Nomachi si sofferma sul sincretismo religioso tipico di alcune popolazioni sudamericane e sulla fusione tra
cattolicesimo e civiltà Inca. Questo fecondo momento di riflessione sulle usanze religiose dei paesi del Sud America è ben testimoniato dalla stampa che ritrae un gruppo di pellegrini, detti
Ukuku, nell’atto di arrampicarsi fino a una croce eretta su un ghiacciaio a un'altitudine di 5 mila metri (Qoyllur Ritti, Perù, 2004). Una riflessione, quella di Nomachi, che incessantemente continua ancora oggi e che costituisce il cuore dei suoi lavori. Questi ultimi, raccolti in 12 edizioni antologiche, sono stati pubblicati in tutto il mondo nelle maggiori riviste di fotografia, come
The National Geographic, Stern e Geo. E gli sono valsi diversi premi
- come l’Annual Award of the Photografic Society e la Medal of Honor with Purple Ribbon - per poi confluire in una grande mostra dal titolo:
"Il pellegrinaggio del fotografo, un viaggio attraverso le preghiere” (2005). L’esposizione del centro di produzione culturale
‘Pelanda’, nata dall’accordo sottoscritto da
Civita con l’artista e promossa
dall'assessorato alla Cultura di Roma Capitale, dal MACRO e da Civita stessa, propone un percorso espositivo emozionante, in grado di coinvolgere lo spettatore attraverso un allestimento sorprendente e di grande impatto visivo.