A distanza di alcuni anni dall’esplosione della crisi economica globale, essa sembrerebbe volgere al termine. Verosimilmente, il processo di globalizzazione della crisi sembra destinato a rimanere incompleto, sostanzialmente limitata all’area occidentale. Questo perché sono apparsi nuovi protagonisti sulla scena economica planetaria. Infatti, alcuni Paesi considerati emergenti come Russia, Brasile, India, Cina e Sudafrica hanno acquisito un peso specifico non indifferente sui mercati internazionali, accentrando su di essi l’interesse finanziario di numerosi operatori mondiali. Questi Paesi, tra l’altro, hanno anche dato vita al cosiddetto ‘aggregato Brics’, il quale ha praticamente imposto sulla scena internazionale un clima favorevole alla formazione di altre intese, quali l’Unione doganale eurasiatica e l’Unasur. Tali partnership, a loro volta hanno diffuso una certa sicurezza in questo cambiamento geopolitico epocale. Soprattutto alle classi dirigenti di molti Paesi (Cina, Kazakhstan, Russia e India in Asia, Brasile, Argentina, Venezuela e Cile nell’America Latina). Si è pertanto imposta una nuova concezione ‘multilaterare’, o ‘mutiarea’, che non solo ha del tutto superato il vecchio mondo diviso in blocchi contrapposti, ma ha addirittura trascinato la comunità internazionale al di là della successiva fase di ‘transizione unilaterale’, cioè quella basata sugli Stati Uniti come unico ‘gigante’ geopolitico ed economico, che ha caratterizzato la fase a cavallo tra la fine del XX e il primo decennio del XXI secolo. Ciò ha fornito lo ‘spunto’ ad alcune nuove idee destinate a rivestire un ruolo determinante nella configurazione del nuovo assetto internazionale, sia sul piano dei partenariati strategici, sia nei termini più strettamente economico-finanziari. È in tale contesto che si sono delineate alcune iniziative nate al di fuori dei consueti ‘forum’ decisionali quali il G8 o il più ‘largo’ G20 e persino ‘alternative’ a quelle strutture finanziarie internazionali - Banca mondiale e Fondo monetario internazionale - che sino a pochi anni fa rappresentavano i principali centri d’impulso delle politiche monetarie sovranazionali. Ecco da quale contesto è derivata, per esempio, la nascita della ‘Banca Brics’, finalizzata a finanziare grandi infrastrutture in svariate aree del mondo. Da ciò sono sorti svariati tentativi da parte delle economie occidentali, volti a mantenere il proprio primato nella particolare fase di crisi macroeconomica. In pratica, proprio le nostre economie hanno cercato, in questi ultimi anni, di reagire alla crisi mediante una sorta di globalizzazione di questa, nella speranza di ‘aggirare’ le molteplici difficoltà del sistema economico occidentale ‘puntando’ su altre regioni o ‘quadranti’ del mondo. Per iniziativa, in particolare, di Washington. L’amministrazione Usa, nello specifico, ha cercato in questi anni di dar vita a una sorta di grande ‘mercato transatlantico’ (il Ttip, Transatlantic trade and investment partnership, ndr) e, al contempo, ha gettato le basi per nuove forme di partnership tra diversi Paesi dell’area del Pacifico (il Tpp, Trans Pacific Partnership, ndr). In buona sostanza, proprio il capitalismo americano ha cercato di uscire al più presto dal proprio isolamento geopolitico ‘unipolare’ accelerando una serie di progetti di cooperazione e commercio internazionale di carattere ‘multipolare’, procedendo verso la stabilizzazione di nuovi ‘attori’ sia nelle loro singole dimensioni nazionali, sia nelle loro ‘aggregazioni’. Tale consolidamento suggerisce ad alcune aree del sistema economico occidentale, come per esempio quella mediterranea (Italia, Spagna, Portogallo e Grecia) di avviare nuove modalità di cooperazione con i Paesi protagonisti di questi nuovi ‘assetti’ geopolitici. L’Italia, in sostanza, potrebbe anche rilanciare la propria ‘vocazione’ economica internazionale, al fine di guadagnare un maggior potere negoziale all’interno di questi recenti ‘aggregati multipolari’, passando al più presto dal ‘multilateralismo’ propriamente detto a una maggior consapevolezza circa la nuova dinamica ‘multipolare’ - tecnicamente definibile ‘multipolarismo’ - al fine di procedere verso nuove intese economiche ‘incrociate’, dettati dalla somma di svariati e molteplici accordi commerciali bilaterali nel ‘quadro’ di queste nuove aggregazioni.