Gaetano Massimo MacrìNell’avvicinarsi al voto di fine febbraio per le consultazioni politiche del 2013, un problema non è ancora stato risolto: la possibilità di voto per gli studenti italiani all’estero che partecipano al programma di studi ‘Erasmus’. Il ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, era stata chiara, qualche giorno fa: “Purtroppo non potranno andare al voto perché tecnicamente non è possibile, in quanto per potere essere elettori bisogna essere iscritti nelle liste elettorali dell'Aire e queste non sono previste per chi sta all'estero da meno di un anno. E poi non ci sono i tempi tecnici per istituire delle liste elettorali. Ci vorrebbe una legge ad hoc che non è mai stata fatta”. L’Aire, per chi non lo sapesse, è l’anagrafe degli italiani residenti all’estero, istituita nel 1988. Per legge vi rientrano tutti gli italiani che risiedono fuori dai nostri confini territoriali per un periodo superiore ai dodici mesi. L’iscrizione all’Aire è il presupposto per poter votare ‘a distanza’. I nostri ragazzi non sono iscritti in questa anagrafe, pertanto non possono votare. Secondo la legge, infatti, possono esprimere il voto a distanza “gli appartenenti alle Forze armate e alle Forze di polizia temporaneamente all'estero in quanto impegnati nello svolgimento di missioni internazionali; i dipendenti di amministrazioni dello Stato, di Regioni o di Province autonome temporaneamente all'estero per motivi di servizio e i professori e ricercatori universitari”. La questione è stata affrontata in Consiglio dei ministri. Risultato: “Difficoltà insuperabili”. Una nota del Cdm ha poi precisato: “La discussione ha posto in evidenza delle difficoltà insuperabili: anzitutto di tempo e di praticabilità e, soprattutto, di costituzionalità nel selezionare unicamente gli studenti Erasmus, escludendo tutti gli altri soggetti che si trovano all'estero per ragioni di studio, ma senza una borsa Erasmus, come nuova categoria di elettori temporanei”. Rimane solo l’auspicio finale che “la prossima riforma elettorale tenga in debita considerazione le esigenze dei giovani temporaneamente all'estero per ragioni di studio e di lavoro”. Intanto, i 25 mila Erasmus protestano, invocando proprio quella Costituzione che palazzo Chigi ha citato per difendere l’impossibilità di un provvedimento: “Che fine fa la nostra Costituzione in tutto questo? Che senso hanno le belle parole “il voto è libero e il suo esercizio è dovere civico”, come si legge in una lettera-petizione che hanno scritto al presidente Napolitano. Come dar loro torto, quando, in un altro passaggio, esprimono tutta l’amarezza sul “perché impegnarsi tanto con questa integrazione tra popoli se non riusciamo a garantire neanche uno dei più elementari diritti che una democrazia dovrebbe tutelare?”. La vicenda, sinceramente, appare un po’ triste. Non solo perché l’Italia ha dovuto subire le critiche della Commissione europea che, tramite il portavoce Dennis Abbott, ha fatto notare come, nel XXI secolo, questi problemi possano essere facilmente risolti, auspicando che l’Italia possa farlo perché la legislazione europea è contraria alla discriminazione di uomini e donne. “Gli studenti dovrebbero essere trattati esattamente come i soldati in missione e gli insegnanti all'estero”, ha specificato. E’ scoraggiante vedere penalizzati proprio quei ragazzi che, invece, hanno deciso di investire una piccola fetta della propria carriera universitaria all’estero, nella speranza di essere più competitivi anche a livello internazionale (e non omettiamo, per dovere di cronaca, che esiste sicuramente una parte più ‘ludica’ del trascorrere un po’ di mesi ‘fuor di Patria’, che tuttavia non deve inficiare gli altri buoni propositi di studio). E’ desolante, inoltre, ricordarsi di questo problema troppo tardi: con più tempo a disposizione sarebbero stati inseriti nelle liste elettorali o, magari, si sarebbe potuto procedere creando una nuova anagrafe all’interno del ministero dell’Istruzione. Invece, dobbiamo accontentarci di un un provvedimento di emergenza, che sistemi (senza ‘raffazzonare’, si spera) la questione, in attesa di una soluzione definitiva. Soluzione che, a quanto pare, non si è stati in grado di trovare. Intanto, la Cancellieri ha ribadito che per gli Erasmus ci saranno sconti del 70% sui titoli di viaggio. Non ci sembra una lodevole iniziativa, ma il minimo indispensabile per un Paese moderno, che deve consentire a tutti gli aventi diritto l’esercizio della sovranità popolare. Abbiamo letto di un ateneo romano, la ‘Luspio’, che ha deciso di farsi carico, addirittura, dell’intero viaggio per i propri studenti. Posto che la ‘Luspio’ non è una università pubblica e che conta pochi iscritti, figuriamoci se dovesse farlo ‘la Sapienza’. Per il resto, vale quanto detto: minimo indispensabile. Come il senso civico degli italiani, politici in primis. A che pro mandarli all’estero, i nostri figli, quando la lezione principale è questa? Speriamo che il rinnovo del parlamento possa superare questa ‘sciatterìa’. L’Europa, intanto, se ne starà a guardare, sempre più ‘lontana’.


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