Entrare a scuola alle 10? Chissà quanti ragazzi avranno avuto un pensiero simile svegliandosi al mattino presto, con un sonno che sembra non voler andar via e l’unica forma vocale conosciuta emerge dopo lunghi e prolungati sbadigli. In siffatte condizioni, si entra in classe con l’attenzione ai minimi. E, tra un seno e un coseno della professoressa di trigonometria, si rischiano ‘svarioni’ di cui è meglio non parlare. Ebbene: il ‘ritardo’ tanto desiderato in passato, adesso sembra possibile. Anzi, è consigliato e supportato da uno studio inglese, secondo cui sedersi più tardi sui banchi permette una resa scolastica migliore. Generazioni di adolescenti si sono dovuti sorbire i peggiori ‘rimbrotti’, al suono di una stramaledettissima sveglia, da parte di genitori apprensivi per il ritardo del figlio, reo, a loro insindacabile giudizio, di aver fatto tardi la sera prima o di voler poltrire tra le calde coperte del letto. Finalmente, per i ragazzi, qualcuno si è preso la briga di offrire supporto a quello che, secondo loro, è sempre stata non una tentazione, bensì una naturale propensione che sarebbe bene assecondare. Già, perché secondo
Russell Foster dell’Università di Oxford, autore dello studio in questione, per ottenere migliori risultati i ragazzi dovrebbero seguire i
ritmi ‘circadiani’, quelli che regolano il sonno/veglia. Secondo Foster, a partire dalla pubertà, questi ritmi mutano e spingono ‘naturalmente’ i ragazzi a svegliarsi più tardi. Questo docente ha infatti verificato scientificamente che, in un campione di 200 studenti, al mattino i ragazzi ricordavano il 42% delle informazioni fornite loro tramite un testo, mentre al pomeriggio la loro capacità era accresciuta sino ad assorbirne il 51%. La ‘costrizione’ di alzarsi alle 7, dunque, andrebbe contro questa predisposizione naturale. Oltretutto, capita che alcuni non riescano affatto ad adattarsi al cambiamento ‘imposto’. E, spesso, si tratta di quei poveri ragazzi ‘imbambolati’ accusati di dormire troppo, o troppo poco, di rendere male a scuola per le loro errate abitudini nel riposare. Questi benedetti ritmi ‘circadiani’: a saperlo prima! Ma cerchiamo di capire meglio di cosa si tratta. Nel nostro corpo avvengono ogni giorno normali operazioni fisiologiche, che si ripetono nel tempo a intervalli regolari. Il ritmo circadiano indica proprio un ciclo di 24 ore in cui si compiono questi processi. Il metabolismo umano e quello di gran parte degli esseri viventi è regolato da questi ritmi. Per fare un esempio, essi spiegano il motivo per cui ci svegliamo alla luce del sole e ci addormentiamo di notte, oppure perché i fiori si aprono e si chiudono a intervalli regolari tra la fase diurna e quella notturna, oppure ancora, che le pecore non figlino in inverno, perché metterebbero a rischio la loro prole e via discorrendo. In una società frenetica, in cui ogni momento della giornata è continuamente scandito da ritmi ‘esterni’ differenti (la campanella scolastica, l’ora di pranzo, quella della cena, il telegiornale, il programma in televisione) i ritmi ‘interni’ circadiani non sempre riescono a battere lo stesso tempo.
“La scuola”, sostiene Foster,
“è un luogo che distrugge le reali potenzialità dei ragazzi, costringendoli a un sacrificio inutile”. Il primo istituto scolastico ad applicare le teorie dello studioso è stata la
Monkseaton High School di Whitley Bay, nel nord dell’Inghilterra. Si tratta di una scuola molto sperimentale. Tra i partner (si è trasformata da alcuni anni in fondazione) figurano la
Microsoft e il
Dipartimento di Neuroscienze dell'Università di Plymouth. Proprio da qui sono partite le idee innovative da applicare alla metodologia di insegnamento. Innanzitutto, l’orario: gli adolescenti, come sostenuto da Foster, alla sera dovrebbero addormentarsi circa due ore più tardi e, alla mattina, svegliarsi due ore dopo, poiché raggiungono il massimo delle loro capacità di apprendimento nel primo pomeriggio, tra le 15 e le 17. L’orario di entrata a scuola, pertanto, è stato fissato alle ore 10.
“I ragazzi”, a detta del
preside Kelly, “non sembrano più degli ‘zombies’, apprendono con maggior facilità e ne risente in positivo tutta la loro salute psico-fisica”. L’altra idea innovativa è lo ‘spaced learning’, ovvero l’apprendimento ‘intervallato’. In pratica, la classica ora di lezione è ‘scompattata’ in due fasi che si ripetono più volte: c’è il momento dell’insegnamento, che dura circa 15 minuti, cui segue una pausa di 10, durante la quale spesso si fa attività fisica. A conti fatti si hanno tre sessioni ‘intensive’ di lezione, intervallate da due pause: nella prima lezione, si presenta l’argomento per sommi capi; successivamente, lo si ripresenta, ma sempre maniera diversa, aggiungendo ulteriori dettagli. Il motivo di ciò si basa su uno studio di un professore americano,
Douglas Fields, in base al quale è stato messo in evidenza che il cervello viene stimolato meglio solo a fasi ‘alterne’. Una stimolazione ‘continua’ non riesce ad ‘accendere’ le cellule cerebrali altrettanto efficacemente. Per avere una buona memoria a lungo termine, quindi, è meglio spiegare ai ragazzi un pezzo per volta, a cicli di 15 minuti. La pausa rilassa la mente, mentre lavora per immagazzinare i dati. Pare funzioni molto bene, visti i risultati del rendimento. Soprattutto perché, già a pochi mesi dall’introduzione delle nuove metodologie, le assenze dei ragazzi si erano ridotte del 27%. La vicina Inghilterra, si sa, è sempre stata all’avanguardia nelle novità. L’Italia, invece, è uno dei pochi Paesi europei con un orario scolastico ‘mattiniero’. Queste ‘levatacce’ spesso sono, per i nostri ragazzi, causa di pessimo umore, irritabilità e, a volte, depressione. Anche gli stessi studenti, ogni tanto, si lamentano per una scuola troppo ‘vecchia’, che non regge il passo coi tempi. E vorrebbero novità che stentano a farsi largo tra i banchi. Così, il corpo docente
dell’istituto Tecnico-economico ‘M. L. Mainetti’, nel piccolo comune di
Traversetolo, in provincia di Parma, partendo dall’ istanza dei ragazzi e stimolati dalle loro richieste, ha applicato il ‘metodo circadiano’, riscontrandone da subito gli effetti positivi.
“Abbiamo provato a dare una risposta ai ragazzi”, ha dichiarato la preside della scuola,
la professoressa Gabriella Tosi, da noi raggiunta al telefono, la quale ha subito precisato come
“con queste metodologie innovative, i ragazzi possono seguire meglio la lezione e la figura dell’insegnante non è solo fonte di nozioni”. Un ‘nuovismo’ che, come al solito, in Italia è destinato a non trovare solide radici? Meglio suonare con la solita orchestra o cambiare le corde a qualche strumento? La
Tosi ne è convinta:
“Avanti il nuovo! I risultati premiano questa scelta e i ragazzi stessi si recano di buon umore a scuola, migliorando l’apprendimento. Anche chi, prima, aveva difficoltà, adesso riesce a capire meglio, raggiungendo un buon livello di conoscenza”. Quello che sorprende di più e che, probabilmente, ha convinto la preside a continuare su questa strada, è stato l’entusiasmo manifestato da parte delle famiglie dei ragazzi. Grazie al loro ‘tam tam’, infatti, tanti genitori, non solo del luogo, hanno deciso di iscrivere i figli proprio in quella scuola. Infine,
la preside Tosi ci tiene a fugare ogni dubbio circa le nostre perplessità sul fatto che questo metodo ‘carichi’ troppo gli studenti, i quali, uscendo da scuola di pomeriggio, debbono poi studiare per il giorno dopo. I ragazzi apprendono tutto durante la lezione e
“quando escono, alle 16.30, sono liberi di spendere il loro tempo. A volte, può essere necessario un esercizio in più, o un momento di riflessione a casa, ma sostanzialmente tornano a casa che hanno già appreso tutto”. Particolare degno di nota, questo, dal momento che viviamo in una società iperattiva, in cui molte mansioni richiedono la presenza costante dell’uomo 24 ore su 24. La tecnologia ci permette di risparmiare tempo, eppure ci lamentiamo di averne sempre meno, poiché viviamo sempre più in contrasto con i ritmi naturali. L’uomo primitivo non dormiva le nostre canoniche 7, 8 ore, né si permetteva il lusso di una ‘pennichella’, per riuscire a evitare attacchi imprevisti da parte degli animali feroci. Chissà se questo lo insegnano a scuola, oltre che applicarlo. In ogni caso, gli studi di
Foster, al di là dell’orario scolastico, meritano un’attenzione e qualche applicazione in più.