Questo il parere di
Marco Taradash, ex parlamentare radicale ed oggi giornalista e commentatore politico.
Marco Taradash, cosa ne pernsa del pacs? E' una buona idea?
“Certamente sì, poiché non si tratta di dar vita ad una ‘parodia del matrimonio’, bensì di disciplinare un nuovo tipo di relazioni che non possono essere consolidate con un matrimonio – o che, in certi casi, non si vuole che giungano ad un simile evento -, e dove i protagonisti di questi rapporti chiedono di mettere ‘nero su bianco’ determinati obblighi reciproci. Io penso, naturalmente, ad un pacs molto ‘leggero’, nel quale lo Stato si limiti a registrare la volontà dei contraenti e che estenda, a chi li vuole avere, determinati benefici riservati, attualmente, solo a chi è sposato”.
Ma da un punto di vista antropologico, lei ritiene giusto tentare di dare delle regole a rapporti di carattere affettivo o di natura sentimentale?
“E’ giusto allorquando queste regole servono a coloro che le chiedono. Se sorgono problemi di eredità, di assistenza sanitaria o di semplice frequentazione che magari non viene concessa dalle famiglie di origine, se ci sono questioni insomma che non nascono dalla volontà dei singoli ma dall’iperregolamentazione dello Stato, allora bisogna smantellare proprio questi eccessi. Se un’eredità non si può avere perché lo Stato dice che non è possibile creando situazioni assurde, allora bisogna restituire alle persone un giusto spazio di libertà. In questo senso, il pacs è una scelta pienamente liberale…”.
Tuttavia, da un punto di vista costituzionale, sembra sorgere contraddizione tra la libertà è l’eguaglianza dei cittadini - sancita dall’art. 3 C. - e l’indicazione esplicita della famiglia tradizionale come nucleo fondante della società...
“La Costituzione italiana nasce alla fine degli anni ’40, quando certi problemi nemmeno si affacciavano: la realtà di oggi è ben diversa. La famiglia rimane il nucleo fondante di qualsiasi società organizzata, ma il concetto stesso di famiglia si è trasformato. Quindi, è anche necessaria una lettura non troppo rigida della Carta costituzionale…”.
Nel dare un ruolo significativo alla famiglia tradizionale, la Costituzione italiana, dunque, non vieta esplicitamente nuove forme di regolamentazione familiare?
“La Costituzione è figlia degli anni che l’avevano preceduta, tempi caratterizzati da una lettura unidimensionale della famiglia, ma questa, ripeto, ha subito indubbie evoluzioni: si può ormai definire un nucleo composto di persone dello stesso sesso che sta insieme come famiglia omosessuali, oppure si può addirittura parlare di famiglie omosessuali con figli, poiché scelte ed orientamenti di alcuni genitori si sono modificati nel corso degli anni. La famiglia resta al centro del sistema sociale italiano, va valorizzata, consolidata e rafforzata, ma il concetto di famiglia non è più quello di una volta”.
Gli italiani hanno la mentalità culturale per interpretare le idee che lei esprime secondo principi liberali e non liberticidi?
“Assolutamente sì: gli italiani, soprattutto per ciò che riguarda il privato, sono ultraliberali. Su questa questione non c’è da fare i conti con gli italiani, bensì con gruppi di interesse o lobbies potenti che cercano di comprimere le scelte dei cittadini. Ma gli italiani sono pronti e maturi ad affrontare certi mutamenti”.
Insomma, non siamo più un popolo di ‘bacchettoni’ in perenne contraddizione con noi stessi?
“Direi che, un momento prima di pensarci, noi italiani non siamo dei ‘bacchettoni’. Se poi veniamo costretti a fare i conti con alcune reti d’interesse, all’interno delle quali vengono fatte determinate scelte, allora bacchettoni lo diventiamo. Ma, in linea generale, io penso che gli italiani siano sempre stati tutt’altro che ‘bacchettoni’, poiché quando vengono messi di fronte a delle scelte importanti, assumono decisioni assolutamente liberali”.
Come commenta il parere dei cattolici sul pacs, ovvero sì alle coppie di fatto eterosessuali come preparazione al matrimonio concordatario e netto rifiuto verso le coppie omosessuali?
“Lo commento affermando che rappresenta una posizione che rientra nella precettistica cattolica. Questa va giudicata con rispetto, anche se ad essa si conforma solo una minima parte degli italiani”.