
Si e tenuto a
Roma, nei giorni scorsi, il
III Congresso nazionale della
Destra liberale italiana presso
l’Hotel Massimo D’Azeglio, in
via Cavour 18. All’incontro, erano presenti esponenti importanti del
Governo Meloni, come il
ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso e svariate istituzioni parlamentari, come per esempio il
vicepresidente del Senato della Repubblica, Maurizio Gasparri. La giornata è cominciata con i saluti dell’onorevole
Giuseppe Basini e della parlamentare europea,
Cinzia Bonfrisco. Subito dopo, si è avuta la relazione introduttiva del segretario nazionale della
Destra liberale, il professore e avvocato
Michele Gelardi. La mattinata di lavori è poi proseguita con i contributi del
senatore Gasparri e con una splendida analisi macroeconomica del
ministro Urso, assolutamente lucido e lineare: un intervento che dobbiamo e vogliamo sottolineare. I contributi successivi, moderati da
Giuseppe Basini e
Alessandro Sacchi, sono stati proposti alla platea dai principali esponenti della
Direzione nazionale di
Destra liberale. A margine dei lavori congressuali, abbiamo avuto modo di intervistare
l’onorevole Giuseppe Basini. Onorevole Basini, il III Congresso della Destra liberale ha messo un luce un ‘pool’ di quadri politici interessanti: voi come vi definireste? Una corrente? Un movimento? Un Partito politico vero e proprio?
“Siamo un’associazione politico-culturale liberale e speriamo di poter continuare, in questa forma, a incidere nel centro-destra. Ma se ciò risultasse impossibile, ci porremo il problema di assumere, molto a malincuore, anche una piena autonomia politica”.
Ha ragione chi dice che, in questa fase politica, la coalizione moderata e conservatrice è un po’ troppo sbilanciata a destra?
“No, anzi: è fin troppo moderata. Servirebbe un po’ più radicalismo, ma nel senso ‘libertarian’: quello di uno Stato più debole e di una società più forte, di cittadini liberi”.
L’esigenza di un nucleo di persone come voi basta a mettere in sicurezza il centrodestra dalle brutte figure o da una certa tendenza alle forzature?
“Innanzitutto, a me sembra che Fratelli d’Italia si sia già spostata più al centro dei suoi alleati. Per cui, a parte qualche sporadico episodio in materia di garantismo, non vedo il problema. Noi, comunque, rappresentiamo una linea di destra liberale, di certo non statolatra, molto decisa a battersi per le libertà personali”.
E i cattolici, che fine hanno fatto? Sono andati a ingrossare le truppe dell’astensione?
“Molti cattolici hanno finalmente abbandonato il ‘Sillabo’ per dividersi, laicamente, in destra, centro e sinistra, dando a Cesare quel che è di Cesare e lasciando al mondo islamico le schematizzazioni politico-religiose”.
Giorgia Meloni sembra avere degli sdoppiamenti tra politica estera, dove pare aver capito come muoversi e sta cercando di accreditarsi con le cancellerie europee, mentre in politica interna giustifica ogni errore dei suoi: lei cosa ne pensa?
“Giorgia Meloni mi è simpatica da sempre, ma ho anche scoperto che ha la sua ‘stoffa’ da statista: mantiene l’Italia in occidente e dà garanzie di libertà economica. Quanto ai suoi, è suo diritto/dovere difenderli, almeno fino a quando le polemiche che li coinvolgono sembrano, più che altro, aggressioni strumentali”.
Durerà il Governo Meloni? Quali garanzie di stabilità pensa che possano esistere? E sulla base di quale ‘formula’: attraverso una comunicazione più razionale e meno confusionaria? Un’immagine meno opportunista e più equilibrata?
“Il Governo Meloni può durare per l’intera legislatura, se le sue componenti continueranno a sacrificare gli egoismi di Partito per l’impresa comune. Riguardo, invece, all’immagine, dev’essere quella che le ho detto: un po’ più radicale, di una destra occidentale reaganiana”.
Tornando alla Destra liberale, qualcuno al vostro congresso ha detto che liberalismo e conservazione possono coesistere: e che liberalismo è? Autoritarismo ‘gentiliano’? Nazionalismo ‘crociano’?
“Il liberalismo è uno storico e organico complesso di idee e di prassi o, se vuole, un’ideologia; il conservatorismo, invece, è un atteggiamento mentale. Le due cose sono, dunque, collocate su piani diversi, che possono incontrarsi o meno. Nei Paesi anglosassoni, la definizione ‘conservatism’ si può effettivamente paragonare al liberalismo, ma io esito ad adoperare questo termine, perché qui da noi c’è molto da cambiare. Noi ci definiamo ‘einaudiani’, eredi della Destra storica”.Cosa pensa delle campagne e dei temi laici, come per esempio l’eutanasia, un nuovo ruolo sociale della donna, la difesa delle minoranze Lgbtq+?
“Mi trovo da sempre sulla linea di difesa della laicità, dal divorzio alla difesa del libero arbitrio dalle verità assolute o rivelate. Sulle minoranze di genere, io non credo affatto che siano davvero discriminate, piuttosto un po’ ossessionate”. Lei ritiene che esista veramente una teoria ‘gender’ che vuole omologare le diversità tra i generi?
“Sì. Essa è figlia un po’ della monomania e, molto, della distopia egualitaria: viva la differenza e tutte le differenze”.
Secondo lei, è maturo il tempo per creare un terzo genere, oltre a quello maschile e femminile, in grado di contenere o di riassumere i tanti casi individuali di sessualità incerta?
“Un giorno, in un dibattito, mi fu chiesto cosa ne pensavo del festival del film omosessuale: risposi che credevo si verificasse quando un film amava un altro film. Ognuno, in materia così personale, faccia quello che gli pare, senza però richiedere ‘patentini’ allo Stato o imporre punti di vista alla moda”.
E sul riscaldamento globale? Voi siete negazionisti, oppure solamente scettici? Come la mettiamo con la gran parte della comunità scientifica, che continua a lanciare allarmi e a proporre un cambiamento dell’attuale modello di sviluppo globale?
“E’ la gran parte dei politici di sinistra a pensarla così, non gli scienziati. L’anidride carbonica, in atmosfera, ha lo stesso effetto del vetro che chiude una serra: lascia uscire la radiazione che entra, ma ne modifica la lunghezza d’onda. Per cui, una piccola parte dell’energia resta, riscaldando le piantine. In buona sostanza, noi non sappiamo le reali dimensioni del fenomeno. Ed io dubito siano in grado di incidere veramente su un complesso di elementi assolutamente naturali, che da sempre fanno seguire ere di riscaldamento ad altre più glaciali. E’ possibile che i costi per la salute, nostra e del pianeta, della politica anti-energia, siano maggiori del continuare a produrne in maniera sufficiente. In ogni caso, perché allora non utilizzare l’energia nucleare, che produce zero anidride carbonica? Molto meno anche delle cosiddette rinnovabili”.