Vittorio LussanaProprio nei giorni in cui la rivista 'Time' ha voluto dedicare la copertina di 'personaggio dell'anno' all'attivista svedese per l'ambiente, Greta Thunberg, noi italiani ci ritroviamo, stando a quanto riferisce il Censis, ancora una volta arroccati sulle antiche frontiere dell'uomo forte e decisionista. Sempre gli stessi siamo: fermi e inchiodati sulle medesime suggestioni 'deleganti', forse per pigrizia o faciloneria. Ma il risorgere degli autoritarismi tende anche a rimettere in discussione il progetto di unificazione europea, concepito proprio per mettere la parola 'fine' a interi secoli di guerre combattute nel nome degli interessi nazionali. L'Unione europea sta infatti attraversando una crisi alquanto preoccupante, percorsa da spinte centrifughe e minacciata dalla crescita di Partiti populisti e xenofobi, in cui frustrazioni individuali e sociali si mescolano assieme a una diffusa sensazione di 'scollamento' tra gli 'euroburocrati' di Bruxelles e le specifiche esigenze dei singoli Stati membri. D'altra parte, non possiamo neanche attendere che i tempi lunghi della Storia seguano il loro corso, poiché abbiamo a disposizione solamente pochi decenni per far sì che l'urgenza di cambiare il nostro modello di sviluppo sia condivisa da più persone possibili, evitando che coloro i quali hanno raggiunto un certo benessere si sentano minacciati. Tali esigenze confermano, innanzitutto, come la 'green economy' non debba essere considerata un settore economico affiancato a quelli già esistenti, bensì una vera e propria trasformazione dell'economia tradizionale in un'altra 'ambientalmente compatibile' con le condizioni climatiche del nostro pianeta. Una situazione di cui la società deve cominciare a possedere piena consapevolezza. Ecco per quale motivo sono eticamente giustificate le diverse iniziative, comprese quelle di Greta Thunberg, di sensibilizzazione della comunità internazionale intorno ai rischi che stiamo correndo. Ora, però, si tratta di cominciare a darsi un 'punto di partenza' nella 'lunga marcia' che dobbiamo metterci in testa di dover intraprendere: la transizione da un concetto di 'green economy' a quello di 'green society'. Un passaggio che comporta, innanzitutto, una riflessione in merito ai nostri 'stili di vita', ormai destinati a mutare. Entro i limiti delle contraddizioni insite nella natura umana, questo nuovo progetto dovrà presentare, come obiettivo, una società per quanto possibile più equa, aperta e inclusiva. Solo in base a questi princìpi fondamentali potremo cominciare a costruire un contesto più adatto a stimolare nuovi modi di pensare e di agire, nell'interesse della collettività. In secondo luogo, per fornire risposte vincenti a problemi globali come il cambiamento climatico, la 'green society' dovrà essere estesa a tutto il mondo, con l'obiettivo di non escludere nessuno dalla partecipazione ai processi decisionali: un'eguaglianza di fatto - e non solo di diritto - che implichi la parallela riduzione degli squilibri retributivi e sociali. In caso contrario, si creerà inevitabilmente una contraddizione fra l'universalità dell'obiettivo e le conseguenze regressive per chi ne risulterà escluso. È infatti realistico valutare il rischio che una parte del genere umano intraprenda la 'lunga marcia' verso la 'green society', mentre quella numericamente maggioritaria della popolazione ne rimanga esclusa. Così come è puerile limitarsi a ignorare i molteplici processi in atto che 'remano' nella direzione opposta. Occorre, insomma, essere coscienti che una riconversione ecosostenibile dell'economia e della società non sarà una marcia gioiosa, ma un percorso ricco di ostacoli e di 'trappole'. E si dovrà pertanto saper agire di conseguenza, nella consapevolezza che l'accelerazione dei cambiamenti climatici, avvenuta negli ultimi decenni, ci lascia poco tempo a disposizione. Un'ultima considerazione, poco prima che si chiuda questo secondo decennio degli anni duemila: ciò che vi presenteremo in questo nuovo numero di 'Periodico italiano magazine' era già tutto scritto. La qual cosa significa che questi anni '10 del XXI secolo, attraversati da una lunga fase recessiva dell'economia globalizzata, per un motivo o per un altro, sono andati perduti. Ma noi vi chiediamo anche di avere fede: una fede laica, razionale, moderna e adatta ai tempi che stiamo per affrontare. Tantissimi auguri di felice anno nuovo ai nostri lettori, ormai sparsi in tutti i Paesi del mondo.

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(editoriale tratto dalla rivista mensile 'Periodico italiano magazine' n. 52 - dicembre 2019)

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