Dario CecconiQuando si pensa al cinema indipendente, vengono in mente i prodotti cosiddetti 'd'essai', oppure pellicole il cui significato diventa profondamente intimista, meditativo, riflessivo, la cui finalità non è commerciale. Questo genere, infatti, vive di una propria bellezza, perché non si piega alle logiche di mercato e propone, senza doversi troppo giustificare, l'autenticità del pensiero dello sceneggiatore e del regista. Capita, spesso, che i film indipendenti siano 'fuori dal comune', per i significati indotti o per lo spirito generale, che oltre ad avvalersi di attori non noti, finisce per lanciare una 'frecciata' culturale contro il conformismo di massa. Un grande impulso ai film indipendenti si è avuto circa a metà degli anni '80 del novecento con le prime videocamere. Poi, più recentemente, grazie ai modelli digitali, che hanno permesso a schiere di giovani registi di evitare i costi proibitivi delle pellicole tradizionali, dei noleggi delle attrezzature, della stampa dei negativi, il cinema indipendente è tornato di gran voga. E anche la cosiddetta post-produzione risulta più economica e veloce. Ciò è dovuto al significativo aumento delle prestazioni dei pc, all'introduzione dei Dvd e al contemporaneo sviluppo di software semi-professionali, talvolta completamente 'free' o a costi davvero irrisori. Di conseguenza, molti giovani e promettenti registi, sia italiani, sia esteri, in questi ultimi anni stanno contribuendo a far crescere in modo considerevole il numero delle produzioni di valore del cinema indipendente. Tra i più recenti film di rilievo internazionale, stando alle osservazioni di Richard Brody, critico cinematografico del 'New Yorker', troviamo 'Madeline's Madeline' di Josephine Decker (Usa, 2018), pellicola passata per il Sundance, per il Festival internazionale del cinema di Berlino e per quello di Torino. Un'opera dallo stile audace, inquieto, sperimentale. Un 'dramma di formazione', con un'adolescente (Helena Howard) colpita da disturbi mentali, che frequenta un corso di teatro a mo' di terapia. Tra i film italiani, invece, 'Non si può morire ballando' di Andrea Castoldi (2019): un film sincero, diretto, con il coinvolgimento e la passione di chi conosce bene ciò che sta raccontando. Una bella favola sui sentimenti, che viaggia su binari paralleli: da una parte il limite della vita, della scienza e della medicina e dall'altra la forza dell'amore e degli affetti. Infine, noi di Laici.it non possiamo non citare il recente 'Aquile randagie' di Gianni Aureli (2019): la coerente e coraggiosa vicenda dello scoutismo lombardo durante gli anni del fascismo, riconosciuto come film di rilevante interesse culturale sia dalla Direzione generale del Cinema del ministero dei Beni culturali italiani, sia dal parlamento europeo.


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