Silvia MattinaCosa succede quando uno dei capolavori della drammaturgia di Cechov del 1895, 'Il gabbiano', entra in un teatro romano nel 2019? 'Di tanto amore' è lo spettacolo andato in scena al Teatro Trastevere fino al 5 maggio. Ed è nato dalla libera interpretazione del drammaturgo e regista, Giancarlo Moretti. Al suo debutto assoluto, l'opera teatrale presenta l'ardita volontà di intrecciare passato e presente, attraverso la fitta trama di due sentimenti: amore e pazzia. Non ci sono mezze misure? O si ama, o si muore? Per amore si può dunque, morire. E il desiderio non corrisposto costituisce la leva dei timore e delle angosce dei quattro personaggi che si rincorrono senza sosta, in un circuito apparentemente senza uscita. Articolato nella trama (quattro atti) e competitivo nello sguardo ai modelli passati, il regista coordina i sei attori - Simone Bobini, Giovanna Cappuccio, Ines Le Breton, Ornella Lorenzano, Alessio Maria Maffei e Natalia Simonova - con una messa in scena molto tradizionale nell'impianto generale, che tuttavia trova la sua libera interpretazione mediante preziosi tagli e inserimenti di nuove scene. Fin da subito, l'effetto è estraniante, poiché guidato da una forza apparentemente lontana e sconosciuta, che fa leva sulla potenza distruttiva dell'amore, il cui corpo corrisponde al teatro, che viene fatto resuscitare da Moretti con pochi semplici strumenti. Masha è internata in un ospedale psichiatrico, da dove ogni sera cerca di far rivivere il dramma, tirando fuori da un baule gli indumenti dei folli d'amore: le due giacche per il giovane drammaturgo Kostja e l'attrice amata Nina; una collana per la famosa diva Irina Arkadina e un taccuino per l'amato scrittore Trigorin. Ma è Masha il vero filo conduttore di tutto lo spettacolo: dalla resurrezione iniziale di 'pirandelliana reminiscenza', alla morte fisica e filosofica di Kostja quale eroe romantico e unico rappresentante incompreso di un teatro d'avanguardia. La libera interpretazione 'morettiana' funziona nello sviluppo delle sequenze dal ritmo veloce e circolare, che pongono ancor più in evidenza la formula del 'teatro del teatro' di Cechov. Le figure di Trigorin e Nina emergono maggiormente e ben simboleggiano la buona e rassicurante mentalità del teatro consolatorio, che rifiuta il nuovo perché ne prova timore e preferisce distruggerlo, perché lo disturba. Il buon vecchio teatro, comprensibile e chiaro, appare oggi più attuale che mai, nella sua metafora politica di un conservatorismo di matrice ottocentesca, ma di declinazione ideologica contemporanea, in cui sembrano tornare di moda famiglia, tradizione, religione e, soprattutto, l'ostilità verso il nuovo e il diverso.


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