Silvia MattinaQuando fu presentato lo scorso anno al Festival del cinema di Locarno, un generale consenso positivo non tardò ad arrivare, come era facile attendersi. Uscito lo scorso 29 agosto 2018 nelle sale cinematografiche italiane, 'Lucky' presenta davvero un tris d'assi: dalla regia di John Carroll Lynch, attore collaudato ma alla sua prima prova dietro la macchina da presa, al protagonista, Harry Dean Stanton, un combattente indomabile del cinema statunitense e, ancora, alla partecipazione di un grande maestro, David Lynch. A questi, Carroll si riferisce in più punti della sua opera, attraverso trovate surreali e conversazioni al limite del verosimile: insomma un vero e proprio punto di riferimento visivo e stilistico. Il nonagenario Stanton ha paura del 'nulla dopo la morte'. E anche noi proviamo lo stesso. Non contano l'età o il sesso: l'invecchiamento è inarrestabile e, con esso, le ben note conseguenze. In una società che coltiva il culto del corpo, l'accettazione della decadenza della pelle non è contemplata e, con essa, la resa all'ignoto. Lucky, come lo chiamano gli abitanti di una sperduta cittadina degli Stati Uniti, ama la sua 'routine', che segue con rigore quotidiano come fosse un monaco tibetano, lasciando fuori dalla sua casa chiunque e sfiorando amici così vicini, anche se "ognuno in fondo perso dentro i fatti suoi", come dice il Vasco. "Sentirsi da soli e stare da soli sono due cose differenti", dichiara il protagonista: dopo aver avuto la propria epifania, si invecchia. Un'ovvia verità, che per l'anziano suona come un risveglio dal proprio letargo, al fine di iniziare un nuovo percorso interiore che lo pone, per la prima volta, in diretto contatto con gli amici di una vita, spingendolo a rivelare con un sorriso il tragico epilogo: il "nu cazz". Alla lentezza dei movimenti dell'anziano sembra corrispondere un altro personaggio, citato per tutto il film: la testuggine dal nome di presidente Roosevelt, che funge da rappresentazione simbolica della caducità della vita davanti alla lunga esistenza dell'animale, l'emblema della resilienza. Un film intimo e universale, delicato e potente, ironico e filosofico, che dipinge magnificamente la vecchiaia e la solitudine, omaggiando un attore che ha fatto la storia del cinema americano, lasciandoci altresì un testamento impegnativo: la riflessione sul senso di questa esistenza umana. Il cofanetto è impreziosito da rare 'gemme' cinematografiche, che dimostrano la grande ammirazione di Carroll Lynch per Stanton, con il riferimento ad alcuni dei personaggi di molti celebri film, tra i quali quelli diretti da Francis Ford Coppola e David Lynch. Lucky, il fortunato, è un soprannome che ha diverse radici nella storia e nei fumetti. Negli anni venti del secolo scorso, l'attributo venne affidato proprio al famoso malavitoso Charles Lucian, vissuto proprio negli anni di quel presidente che ha dato il nome alla testuggine nel film. Un rinvio artistico può essere rintracciato anche fisicamente, con il cowboy solitario creato dal fumettista Morris nel 1946: Lucky Luke. E, più in generale, con il cinema western, tra stivali e sigaretta sempre pendente dalla bocca.


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