Silvia MattinaPizza e mandolino hanno sempre fatto parte dell'immaginario collettivo internazionale, ma da oggi più di 300 mila cittadini richiedono il riconoscimento e la tutela del patrimonio dell'Unesco. Infatti, la petizione 'La globalizzazione non distrugga l'arte dei pizzaiuoli napoletani: la tua firma perché diventi patrimonio Unesco' è l'insolita richiesta che intende inserire a pieno titolo, l'arte della pizza nella lista 'Rappresentativa' del Patrimonio culturale immateriale dell'umanità Unesco. Tale proposta costituisce un unicum, una nuova voce da immettere nelle liste del patrimonio mondiale dell'umanità, perché per la prima volta non è un sito naturale a essere protetto, ma un'arte che, per gli italiani, rappresenta qualcosa in più. La pizza è il simbolo per eccellenza del 'Made in Italy' e della dieta mediterranea ed è tutto merito del suo passato glorioso grazie agli antichi Egizi e la loro scoperta del lievito. A Napoli, le origini risalgono alla fine del Cinquecento e nei sobborghi veniva definita 'focaccia di pane' e anche se non c'era ancora l'uso del pomodoro (arriverà nel 1700 dal Perù, ndr), l'estro dei partenopei ha cominciato a dare un tocco caratteristico, attraverso la realizzazione di un composto di strutto, sale e aglio. La pizza diviene un piatto mondiale solo nel secondo dopoguerra, quando i meridionali cominciano a trasferirsi nel nord'Italia e in America, per poi esportarla in Paesi quali la Cina e il Giappone. L'inserimento della pizza rappresenterebbe il riconoscimento ufficiale non solo di secoli di tradizione gastronomica partenopea, ma anche di tutti i 100 mila lavoratori fissi nel settore e del loro impegno quotidiano nella produzione di 5 milioni di pizze. Con tale petizione, l'Italia risponde alle indicazioni provenienti dall'Unesco agli Stati di proporre candidature che rispondano a criteri di sostenibilità, dialogo sociale e integrazione. La candidatura 'dell'arte dei pizzaiuoli napoletani' sarà valutata dall'Unesco nel 2017 e la speranza è che il suo valore culturale conquisti finalmente anche la commissione esaminatrice perché, come sostiene l'economista francese Jacques Attali: "Se c'è un piatto universale, quello non è l'hamburger, bensì la pizza, perché si limita a una base comune - l'impasto - sul quale ciascuno può disporre, organizzare ed esprimere la sua differenza".


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