Silvia MattinaLo scorso 17 febbraio, presso la 'Casa del Cinema' di Roma (L.go Marcello Mastroianni n. 1) si è tenuta una 'serata-evento' dedicata al grande attore italiano Raf Vallone. In occasione del centenario della nascita, infatti, le figlie Eleonora e Arabella hanno organizzato, in collaborazione con la 'Casa del Cinema', una serata dedicata a questo autentico 'uomo al quadrato', capace di emergere come protagonista in qualsiasi attività si cimentasse.  Al centro della manifestazione, la proiezione del film 'Uno sguardo dal ponte', diretto nel 1962 da Sidney Lumet, che valse a Raf Vallone il premio David di Donatello quale miglior attore protagonista. La proiezione è stata preceduta dalla presentazione, in anteprima assoluta, di un frammento inedito di una recente intervista con Peter Brook, che diresse Vallone nella storica versione teatrale di 'Uno sguardo dal ponte' (580 repliche solo al Théâtre Antoine di Parigi tra il 1958 e il 1960). Il film, tratto dal dramma teatrale di Arthur Miller intitolato 'A view from the bridge', ha tra gli interpreti anche Jean Sorel, Maureen Stapleton, Carol Lawrence e Raymond Pellegrin. E' la storia di Eddie Carbone, emigrato italiano e portuale newyorchese che vive a Brooklyn con la moglie Beatrice e la nipote diciottenne Catherine, di cui è morbosamente geloso. Quando ospita a casa sua Marco e Rodolfo, immigrati clandestinamente negli Stati Uniti, Eddie non riesce a sopportare che tra la nipote e Rodolfo nasca un reciproco interesse e si convince che il giovane stia cercando di farsi sposare per poter ottenere la cittadinanza americana. Dopo averlo più volte provocato, arriva addirittura a denunciarlo all'ufficio immigrazione e a farlo arrestare. La rivalità avrà un esito tragico e sarà lo stesso Eddie a rimanere vittima del suo amore impossibile. Raf Vallone, nato a Tropea il 17 febbraio del 1916, laureato in Filosofia e in Giurisprudenza, prima di intraprendere la carriera di attore era stato un ottimo calciatore in serie A con il Torino calcio, con cui vinse la Coppa Italia nel 1934 e, in seguito, caporedattore delle pagine culturali de l'Unità nonché apprezzatissimo critico cinematografico de 'La Stampa'. Intellettuale rigoroso e attore internazionale in grado di recitare anche in inglese e francese, dal 1949, anno del suo esordio cinematografico con 'Riso amaro' di Giuseppe de Santis, Vallone ha interpretato come protagonista oltre un centinaio di film. In Italia, è stato da registi quali Pietro Germi; Vittorio De Sica; Alberto Lattuada; Dino Risi; Mario Soldati. All'estero da Marcel Carné; Jules Dassin; Henry Hathaway; Otto Preminger; Francis Ford Coppola. E' stato partner maschile di Silvana Mangano; Sofia Loren; Gina Lollobrigida; Anna Magnani; Lucia Bosè; Simone Signoret; Lea Massari; Sara Montiel ed Elena Varzi, quest'ultima poi diventata sua moglie. E' stato protagonista de 'Il Cristo proibito', unica esperienza dietro la macchina da presa dello scrittore Curzio Malaparte. Molto attivo anche in teatro, ha interpretato Ibsen; Pirandello; Brecht; O'Neill; Shakespeare; Miller e molti altri grandi autori di primissimo piano. Molto spesso è stato  anche regista di se stesso, come nella versione teatrale italiana dello stesso 'Sguardo dal ponte', con Alida Valli. Raf Vallone ha inoltre curato la regìa di alcune opere liriche in Italia e all'estero e ha partecipato a numerosi sceneggiati televisivi: indimenticato protagonista con Ilaria Occhini del Jane Eyre (1957) di Anton Giulio Maiano e con Giulia Lazzarini de Il mulino del Po (1963) di Sandro Bolchi. Tutta la vita fu legato a sua moglie, l'attrice Elena Varzi, da cui ebbe tre figli: Eleonora, Arabella e Saverio. "Quando lo conobbi mi colpirono la sua intelligenza la sua discrezione, la sua mancanza di vanità", disse di lui in un'intervista Marlène Dietrich, che non nascose mai di subirne il fascino. E ancora, a proposito della sua interpretazione parigina di Eddie Carbone, ruolo cui Vallone era rimasto indissolubilmente legato: "Quando andai a vederlo al Théâtre Antoine restai sbalordita: dominava totalmente la scena e il pubblico lo seguiva come in 'trance'. Vi era un meraviglioso equilibrio tra sapienza interpretativa e tensione emotiva. Tutta Parigi si era innamorata di lui. Pochi spettacoli rimasero in cartellone cosi a lungo come 'Uno sguardo dal ponte'. Per di più, aveva accettato la sfida di recitare in francese. E l'aveva vinta".


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