Marta De LucaL'inconsistenza di quel ‘cantiere della conoscenza’ che tanti fondi ha assorbito: così è stato definito quel dispendio enorme di risorse economiche investite nel restauro della cappella del Guarini a fronte di uno sfoggio di tecnologia e innovazione che, a quanto pare, ben poco ha contribuito ad accorciare i tempi di realizzazione di un intervento che avrebbe dovuto concludersi in un anno. Un nutrito elenco di sistemi di misurazione accompagnato da numerosi programmi scientifico-tecnologico ‘multidisciplinari’. A cominciare dall'Otomimus, un orecchio elettronico che ‘sente’ e registra puntualmente, zona per zona, le condizioni della struttura da controllare. Una richiesta della Soprintendenza per i Beni architettonici e per il paesaggio del Piemonte che aveva sottolineato l’esigenza di sviluppare, per il cantiere di restauro e di riabilitazione strutturale, un sistema di monitoraggio capace di rendere oggettivi i rilevamenti che dovevano accompagnare e certificare il consolidamento dei conci lapidei che costituiscono la struttura della cappella e dei gruppi scultorei collocati al suo interno. A seguito di questa sollecitazione e della dettagliata descrizione delle necessità operative dettata dalla Soprintendenza, grazie alla collaborazione con il Politecnico di Torino, l’Istituto Superiore Mario Boella, la Fondazione Torino Wireless e l’azienda Lachesi è stata poi messa a punto questa tecnologia unica al mondo, basata su ‘microsensori’ in grado non solo di analizzare in tempo reale le condizioni del solido al quale vengono applicati, ma anche di trasmettere – tramite wireless e in tempo reale – tutte le informazioni raccolte a un computer, o persino a un cellulare. Quella che poteva essere una commissione per stabilire come condurre i lavori è diventata un investimento nella ricerca, il ‘Progetto Guarini’, dal quale sono state partorite anche un sistema diagnostico integrato permanente che consente la valutazione costante della sicurezza e dello stato dell’opera, in modo tale da consentire la definizione delle modalità di intervento per la salvaguardia dell’edificio. Questo è reso possibile dall’installazione di oltre 5 mila Rfid (Radio frequency identification), microchip in grado di conservare memoria dello stato di salute di ogni singolo concio di marmo. Il budget necessario per portare a termine l’intera operazione è stato di circa un milione di euro, parte dei quali, secondo le dichiarazioni ufficiali, dovrebbe esser stato sostenuto da sponsor privati. Progetti sviluppati appositamente per la Soprintendenza piemontese, così come per il sistema utilizzato nel cantiere per catalogare tutti i frammenti che i restauratori hanno raccolto e classificato e, grazie al quale, è stato possibile assegnare a ogni elemento recuperato dopo l'incendio del 1997, delle caratterizzazioni per descrivere il materiale, la posizione originaria, lo stato di conservazione e via dicendo, in modo da conservare informazioni relative alla situazione ‘pre-incendio’. Al sistema ha poi fatto seguito una web application, l’applicazione Gis, per seguire i progressi nel restauro della cappella integrando i dati relativi ai frammenti ritrovati. Tante nuove tecnologie e sistemi che sono stati promossi come il fiore all'occhiello di questo restauro. Eppure, fra le polemiche sui ritardi e le criticità dei progetti, ci sono alcuni dati che sembrano discordanti. Il ‘Progetto Guarini’ viene infatti presentato come il primo esempio di integrazione di tecniche diagnostiche ‘miste’ finalizzato al monitoraggio strumentale della sicurezza e dell’integrità di un manufatto di estremo valore architettonico e religioso. È stato avviato nel 2007 e il suo orizzonte temporale era stimato, fin dall'inizio, in 6 anni. Ciò ci porterebbe al 2013: come si poteva, dunque, affermare, nel 2008, che ci avrebbero restituito la cappella del Guarini restaurata nel 2010? Inoltre, secondo quanto dichiarato in questi giorni dal direttore regionale dei Beni Culturali del Piemonte, Mario Turetta, per concludere i lavori mancano 6 milioni di euro. Ma i soldi inizialmente c'erano: forse era necessaria una commissione ‘ad hoc’ per definire come investirli in una maniera oculata?


Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio