Vittorio LussanaNella vicenda di Terno d’Isola (Bg), ciò che colpisce non è l’efferatezza del delitto in sé o le violente modalità del 'femminicidio' di Sharon Verzeni, ma il fatto che si tratti di un atto compiuto senza motivazioni plausibili. Si è cioè materializzato un fantasma terrificante: il delitto senza movente, in grado di colpire anche chi si tiene ben lontano dalle cosiddette 'cattive frequentazioni'. Ma il delitto privo di movente, in realtà, non esiste: l’assassino di Sharon Verzeni, il 31enne Moussa Sagare, un italiano 'naturalizzato' (sarebbe questa la dicitura giuridica corretta, ndr), era incensurato. Anche se il lato occidentale della provincia bergamasca risulta molto vicina a quella milanese, tanto da esser diventata un continuum urbanistico con essa, appare alquano insolito che una persona incontri qualcuno per la strada e voglia ucciderla perché "aveva voglia di farlo”. Un fattore scatenante ci dev’essere, a prescindere dall’assunzione di droghe o dall’essere affetti da una patologia psichiatrica. A quanto pare, pochi minuti prima del delitto, l’omicida stava discutendo animosamente con due minorenni che, infatti, la procuratrice aggiunta di Bergamo, dottoressa Maria Cristina Rota, ha invitato a presentarsi innanzi ai Carabinieri, al fine di confermare o meno le ipotesi su cui si sta ragionando. In pratica, si sta ipotizzando un tentativo di pacificazione tra i tre ragazzi, effettuato della Verzeni per porre fine a una lite minacciosa. Un intervento che le è costato la vita. In questi casi, in genere, scatta un meccanismo di rivalsa: una sorta di punizione, da parte dell’assassino, contro chiunque s’intrometta in una questione privata. Ma il contesto concreto era quello di una via pubblica. Pertanto, è questo tipo di etica che è venuta a mancare. Come se lo Stato, con le sue norme, regole e leggi, non esistesse e si reclamasse di sospendere il diritto di fronte a ogni vicenda privata. Ma lo Stato non si ferma sull'uscio di casa: la libertà del singolo individuo non è assoluta e non si può pretendere una sorta di indipendenza. Questo assolutismo del privato, rispetto ai nostri doveri pubblici, è un 'miasma' totalmente 'campato per aria'. Esso discende da quel “soggetto atomico privato” teorizzato da Alfred Rosenberg, l’ideologo del Partito nazionalsocialista tedesco, per giustificare gli abusi, totalmente arbitrari, delle SS. Siamo, dunque, all’interno di un concetto 'chiuso' di società, che silenziosamente sta prendendo il sopravvento, provocando una 'guerra tra poveri'. La quale, a sua volta, alimenta nuove paure. Terno d’Isola non è Caracas. Il 'buono' di luoghi come la provincia bergamasca, mai assunta alle cronache fino al misterioso omicidio di Yara Gambirasio di qualche anno fa, è sempre stato quello di una popolazione socialmente serena, pacifica, laboriosa. Si tratta di luoghi in cui, quando s’incontra uno sconosciuto per la strada, è considerato normale salutarlo. E’ questo l’aspetto più sano della vita di provincia: una forma generalizzata e diffusa di buona educazione, socialmente utile a distendere i rapporti e a diffondere comportamenti improntati alla razionalità e alla ragionevolezza. Dobbiamo prestare maggior attenzione a questa mentalità tesa a 'privatizzare' i rapporti sociali e i comportamenti, perché si finisce col giustificare ogni arbitrio, generando un 'gap', una specie di 'iato', tra popolo e ordinamento giuridico. La 'china' che sta prendendo la nostra società non è la mancanza di un’etica. Quando ci si pone alla ricerca un’etica - spiace ribadirlo - significa che essa è già venuta meno, decontestualizzando i comportamenti. E la prima cosa che ci viene in mente di fare, soprattutto di fronte a qualcuno che non si fa i “fatti suoi”, si materializza come una reazione considerata perfettamente normale. Ma la mancanza di un’etica, l’imposizione di una libertà totalmente sganciata dai propri doveri di responsabilità sociale, espone il Paese al disordine, ai comportamenti forzati, all’esplosione incontrollata del disagio, all’applicazione rigida di moralismi preconfezionati. I quali, in nome di una reclamata semplicità o in base a una serie di verità considerate automatiche, ci relega verso una condizione di 'non responsabilità' individuale totalmente illogica, assurda, priva di senso. Si faccia, dunque, molta attenzione: si sta tornando indietro. Si sta regredendo verso una cattiva applicazione, totalmente di 'pancia', del pensiero critico, corrompendo i rapporti civili e sociali. Siamo ormai di fronte a una tendenza all’imposizione e alla sopraffazione: una sorta d’involuzione verso i comportamenti istintivi, irrazionali, quasi meccanici. E, come al solito, assai religiosamente, stiamo facendo finta di non vedere tutto questo, preferendo voltare il nostro sguardo da un’altra parte. Sta vincendo la paura, signori. Una deriva che, di solito, serve a giustificare ogni genere di forzatura e qualsiasi tipo d’ingiustizia sociale.




Direttore responsabile di www.laici.it
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