
Nutro
profonda stima nei confronti di
Vincenzo De Luca. Quel che egli ha saputo fare, in particolare quand'era
sindaco di Salerno, risulta un qualcosa di difficilmente dimenticabile. Questo capoluogo campano, in cui sbarcarono gli americani alla fine della seconda guerra mondiale, negli
anni '90 del secolo scorso era
malinconico e
'sporco', estremamente disordinato.
De Luca seppe riordinarlo, imponendo sin da subito una coraggiosa
raccolta differenziata dei rifiuti che riuscì a responsabilizzare e a coinvolgere nell'impresa una larga
'fascia' di
cittadinanza 'stanziale'. Nel giro di pochi anni,
Salerno tornò a splendere come la
piccola 'perla' di una regione in cui batte un cuore fortissimo e appassionato. Gli
'squilibri' della
Campania mi hanno sempre lasciato un po' perplesso, in verità: cose
bellissime che convivono da sempre con altre decisamente
pessime. La vita continuava a portarmi lì: da adolescente, in gita con la scuola per ammirare
Pompei e la
costiera amalfitana: luoghi di una bellezza sconvolgente; successivamente, fui chiamato prima a
Salerno e poi a
Napoli, al fine di svolgere i miei primi mesi di addestramento e, in seguito, di specializzazione militare; infine, una
lunga e
'matura' storia d'amore, che mi portò a frequentare isole, posti e luoghi quasi da
'residente'. Si tratta di un territorio in cui forte è rimasta l'impronta
'borbonica', dove momenti di
estrema felicità collettiva si alternano ad altri di
cupa disperazione. A prescindere dai suoi problemi, la
Campania e i suoi abitanti hanno sempre mostrato un difetto evidente: essi sono prolissi,
parlano 'troppo'. Si alzano dal letto ogni mattina e aprono bocca, cominciando a ragionare in libertà. Una sorta di vorticoso
'sofismo dialettico', noioso e ossessivo, che raramente prevede pause di riflessione. I lunghi secoli di monarchia assoluta da parte dei
Borboni rappresentano un retaggio incancellabile: la prova stessa di un potere
'distante', che trovava legittimazione nell'abbandonare la popolazione nella propria
'arte di arrangiarsi'. Fu una cinica forma di
'paternalismo': napoletani, campani e meridionali in generale potevano ottenere tutto quel che volevano di
'riffa' o di
'raffa', purché non venisse mai posto in discussione il
potere assoluto del re. Ciò ha lasciato tracce indelebili nel patrimonio culturale e identitario della
Campania: una cronica incapacità nel sapersi
organizzare con ordine in qualsivoglia situazione;
l'incoerenza dei comportamenti; la tendenza alla
'supplica', che rimane la più nitida evidenza di un potere secolare scioltosi come
'neve al sole' all'arrivo dei primi
'garibaldini' in
camicia rossa. Ecco perché è importante sottolineare il lavoro svolto da
Enzo De Luca: amministrare un territorio e una popolazione stracolma di problemi è un'impresa di non scarso rilievo. Eppoi
Napoli, in particolare, è sempre stata così: ogni
100 persone se ne incontra
una talmente di
valore da riuscire a
'riequilibrare' il nostro giudizio complessivo. Un popolo ingegnoso, che è riuscito a
'inventare' un capolavoro gastronomico come la
pizza, per dedicarla generosamente a una
regina sabauda reazionaria e falsamente
'affabile'. Ma proprio questa
generosità li trascina spesso verso
eccessi e
sbandamenti continui. A
Napoli, non puoi nemmeno chiedere
un'informazione toponomastica, perché nello spiegarti dove devi andare, il napoletano si sente in dovere di raccontarti
ampi 'scorci' della propria
vita personale. Un atteggiamento che evoca sempre tante piccole sfortune:
'spiritelli' negativi, pronti a prendersi gioco degli uomini e dei loro infausti destini.
"E quando pregate, non moltiplicate discorsi invano come fanno i 'pagani', che credono di poter essere esauditi a furia di parole. Sia il vostro parlare: sic, sic; no, no. Quel che vi è di più appartiene al Maligno...". Tutto chiaro, presidente De Luca? Spero proprio di sì.