In questi ultimi giorni, i quotidiani nazionali e i telegiornali hanno spostato la loro attenzione dal virus dell’influenza A/H1N1 e dal ‘contagio’ italiano, alla storia di un bambino malato di distrofia muscolare di Duchenne: Daniele Amanti. La vicenda è drammatica, appassiona e coinvolge l’ascoltatore. Il cittadino viene preso quasi dalla commozione: un bambino piccolo, di pochi anni, affetto da una gravissima malattia e da una mutazione particolare, sconosciuta nel mondo. Servono i fondi per iniziare una ricerca e per cercare una cura il prima possibile. Questo sembrerebbe il messaggio: in Italia non si fa ricerca scientifica (è vero, non ne facciamo) e lasciamo morire questo bambino bellissimo (occhi blu e capelli biondi) affetto da una malattia rarissima. Ma è realmente questa la verità? La distrofia muscolare di Duchenne è una delle malattie più famose e conosciute al mondo. La mutazione di cui è affetto Daniele Amanti è certamente rara, ma non influisce sul decorso regolare della malattia così come la si conosce e la si studia da decenni. Ad esserne affetti sono i bambini maschi: per la verità ne è colpito 1 su 2 mila e 500. È una malattia genetica particolarmente diffusa, che coinvolge il cromosoma X e che priva le cellule di una proteina, la distrofina. Colpisce i maschietti e non le bambine, se non in casi estremamente rari, perché il DNA maschile è composto da due cromosomi differenti, XY, mentre quello femminile è composto dai cromosomi XX. Viene sempre trasmessa dalla madre, che ne può essere portatrice e, in questo caso, sarebbe possibile effettuare una diagnosi prenatale, ma è molto frequente il caso di mutazioni spontanee nel corso della maturazione dell’ovulo materno che sono del tutto imprevedibili. Vi è il 50% delle possibilità che una donna portatrice sana possa generare un bambino maschio malato. La distrofia muscolare è una malattia per la quale non è stata ancora trovata una cura eziologica (ovvero in grado di guarire definitivamente la malattia), ma è possibile portare avanti una terapia sintomatica (ovvero che cura solo i sintomi, ma non la causa scatenante). Le cure sintomatiche non sono inutili e possono, anzi, essere molto efficaci, come per esempio nel caso dell’emofilia: la somministrazione della globulina, la proteina mancante nel plasma, risolve quasi completamente la patologia. Ma nel caso della distrofia muscolare ciò non è attuabile, poiché è impossibile somministrare la proteina assente in una cellula. La distrofia muscolare di Duchenne ad oggi è incurabile e certamente si illude chi ritiene si possa trovare una cura definitiva nel giro di poco tempo. La ricerca fa, ogni giorno, passi da gigante, ma potrebbe anche sfortunatamente accadere che fra cinquant’anni non avremo ancora trovato una soluzione risolutiva alla distrofia muscolare, così come a molte altre malattie genetiche. La richiesta dei genitori del piccolo Daniele della sottoscrizione di fondi per finanziare un viaggio in America è certamente plausibile, ma probabilmente inutile. In primo luogo, perché 250 mila euro sembrano un po’ troppi per un viaggio negli States, così come appare decisamente una somma ridicola e irrisoria per iniziare una ricerca scientifica, peraltro già avanzata, in Italia così come in moltissimi altri Paesi. In secondo luogo, le cure e le terapie per questa malattia sono possibili anche nel nostro Paese, che certamente non è ai primi posti per i finanziamenti alla ricerca scientifica. Ma ciò non significa che da noi non si faccia o che non esistano centri di eccellenza in tutto il territorio nazionale. Una terapia efficace è possibile anche in Italia e a costi particolarmente bassi rispetto ai 250 mila euro richiesti. La domanda che sopraggiunge spontanea è pertanto la seguente: non è che si tratta di raggiro a danno della famiglia e dei cittadini più sensibili e generosi? Perché richiedere soldi e creare fondazioni benefiche per uno scopo che potrebbe essere ottenuto con costi minori? Perché alimentare speranze vane e ridicole a dei genitori disperati, illudendoli che una cura efficace sia possibile e in tempi ridotti? Come nel caso della terapia Di Bella contro il cancro, anche con la vicenda di Daniele Amanti si producono illusioni sui quali i media trovano libero sfogo, dimenticandosi che i protagonisti della storia sono persone, esseri umani che andrebbero ben consigliati e non infarciti di vane speranze. Probabilmente, la disperazione acceca e fa diventare sciocchi. Ma è anche una questione di buon senso comprendere che un viaggio in America sarebbe inutile, dato che le terapie sarebbero sostanzialmente le stesse di quelle somministrate in Italia o in Europa a costi molto più ridotti e sostenibili, anche se praticate presso strutture ospedaliere private. L’Italia, con tutti i suoi difetti, rimane un Paese con strutture scientifiche e mediche di gran rilievo. Nonostante le tante inefficienze, cerchiamo di sfruttare quello che abbiamo qui abbandonando, per una volta, il mito degli Stati Uniti, dove tutto sembra luccicante e colorato, come la giostra di un parco - giochi.