Sempre più spesso leggiamo la sigla AI (Artificial Intelligence, ndr) e sentiamo parlare di intelligenza artificiale: ma cos’è? L’intelligenza artificiale è la capacità di una macchina di andare a simulare un comportamento intelligente umano. Attraverso delle istruzioni prestabilite, chiamate in informatica algoritmi, la macchina replica determinate azioni. Nel suo agire la macchina è autonoma: gli vengono chiesti dei compiti ed essa li esegue in piena indipendenza, senza controlli da parte dell’uomo. La macchina è in grado di adattare le prestazioni richieste in base ai contesti e riesce dunque ad apprendere determinati comportamenti nello stesso modo in cui farebbe un bambino. Si iniziò a parlare di intelligenza artificiale già negli anni ’50 del secolo scorso, con un test del matematico, Alan Turing. Secondo il test di Turing, una macchina può essere considerata intelligente se è in grado di sostenere una conversazione con un umano, oltre un certo limite di tempo, senza che questi si accorga che sta comunicando con una macchina. L’esperimento di Turing aveva lo scopo di confrontare le comunicazioni, le risposte e le conclusioni che forniva la macchina e paragonare così il comportamento di questa al cervello umano. La sorprendente scoperta di Turing fu che una macchina, tipo quella da lui ideata, poteva compiere qualunque operazione rappresentabile attraverso un’istruzione (algoritmo). Si tenga presente, che Il test di Turing viene utilizzato ancora oggi. Nel 1966, l’informatico Joseph Weizenbaum inventò 'Eliza': un 'chatbot' (assistente virtuale, ndr) che simulava la seduta con un terapeuta. Pur avendo vita breve, Eliza rappresentò uno straordinario traguardo: per la prima volta, un programmatore riuscì a sviluppare un’interazione 'uomo-macchina' con l’obiettivo specifico di creare l’illusione di un dialogo 'uomo/uomo'. Oggi, Weizenbaum è considerato il 'nonno' dei moderni chatbot (programmi che simulano ed elaborano le conversazioni umane, ndr) come chatGPT (Generative pretrained transformer). Dagli anni ’70 in poi, sono proseguiti gli studi sull’intelligenza artificiale e sulle sue possibili applicazioni nei diversi settori: economico, finanziario, medico, meccanico, salutistico, assicurativo, sicurezza, editoria, fotografia, scrittura creativa. Un grande successo dell’intelligenza artificiale si è verificato nel 2016 con 'Alexa': un assistente vocale progettato dall’azienda statunitense Amazon, in grado di interagire con le persone fornendo informazioni di diverso tipo, attraverso dei comandi vocali. Alexa è la prima intelligenza artificiale entrata nelle nostre case, in grado di riprodurre musica, audiolibri, gestire liste e promemoria, informazioni sul traffico, notizie in tempo reale, fino a controllare l’abitazione. Uno dei maggiori sostenitori delle potenzialità e dell’inesorabilità dello sviluppo dell’intelligenza artificiale è Elon Musk, numero uno di Tesla, azienda automobilistica che sta portando avanti l’idea delle auto con guida autonoma e che prevede di presentare, entro il 2024, il 'robotaxi'. Insomma, l’intelligenza artificiale sembra essere la prossima grande rivoluzione tecnologica che ci attende. Ma, come tutte le cose, bisogna considerare sia i vantaggi, sia gli svantaggi. Tra i primi, vi è l’eliminazione del rischio umano, la disponibilità h24 e 7 giorni su 7, la riduzione dei costi, l’acquisizione e l’analisi dei dati, l’automatizzazione dei processi; tra i secondi, la perdita del lavoro e delle professioni per molte persone, le questioni etiche tra cui la privacy, la mancanza di emozioni e di creatività. Il dibattito sui 'pro' e 'contro', al momento è molto acceso. E ci si chiede fino a che punto una macchina possa sostituire l’essere umano. Si arriverà a una 'dittatura' dei robot? Il dubbio è legittimo, ma noi non siamo così pessimisti: una logica di sostituzione è sempre la conseguenza di una contrapposizione. Se, invece, sapremo farci aiutare dalla macchina, mantenendola entro i giusti limiti di complementarietà e di compatibilità, impareremo anche a gestirla e a governarla.