La scelta della propria occupazione futura è divenuta, negli anni, sempre più complessa: il disorientamento, al momento di decidere il
corso di laurea universitario, è comune ed è originato, in parte, dalle migliaia di corsi di laurea che le università italiane offrono. Diversi fattori, come l'eterogeneità dell'offerta formativa, l'ansia e la fretta che accompagnano spesso gli studenti neodiplomati, conducono, di frequente, a
valutazioni più intuitive che ragionate, con risultati deludenti, come mettono in evidenza alcuni dati statistici riguardanti gli immatricolati, gli iscritti e i laureati di tutto il sistema universitario italiano. Chi abbia intenzione di iscriversi all'università dovrebbe, invece, dedicare sufficiente tempo e molta attenzione alla
scelta del corso di studio da seguire e della
sede universitaria nella quale frequentarlo, sia perché si tratta di una valutazione economicamente impegnativa, sia perché quest'ultima potrebbe tradursi facilmente in una
decisione fallimentare. Le domande principali da porsi e alle quali si dovrebbe fornire una risposta sono diverse. Esse riguardano non solo l'analisi dei propri desideri e delle proprie capacità individuali, ma anche e soprattutto lo studio delle
prospettive occupazionali, congiuntamente alla
qualità dei corsi di studio e delle università nelle quali i corsi sono organizzati.
Le facoltà con maggiori prospettive occupazionali: medicina, ingegneria ed economia Le statistiche ci dicono che, per la scelta delle facoltà, gli studenti italiani sono maggiormente attratti dall'area
scientifica e sociale. Tuttavia, è opportuno operare una distinzione per genere dei percorsi di studi selezionati dai neodiplomati. Per l'anno accademico
2014/2015, per esempio, si è registrata una maggiore propensione delle donne per le discipline
umanistiche, per l'area
sociale e quella
sanitaria, mentre gli uomini sembrerebbero orientarsi verso le specializzazioni
scientifiche. In linea di massima, le facoltà più gettonate sarebbero quelle
economiche, ingegneristiche e
statistiche, seguite dalle aree
giuridiche e
sociali. Ma quali sono le facoltà con maggiori prospettive occupazionali? Secondo il
XVII rapporto 'Alma Laurea', la classifica è la seguente:
medicina (con il 97% di tasso di occupazione e una retribuzione media di 1.593, 00 euro mensili);
ingegneria (con il 95% di tasso di occupazione e una retribuzione media di 1.693,00 euro mensili);
economia e statistica (con il 90% di tasso di occupazione e una retribuzione media di 1.487,00 euro mensili);
chimica-farmaceutica (con il 90% di tasso di occupazione e una retribuzione media di 1.475,00 euro mensili); infine,
matematica e fisica (con l'88% di tasso di occupazione e una retribuzione media di 1.471,00 euro mensili). Anche la
XVIII indagine, quella del
2016, conferma che l'occupazione è significativamente superiore alla media, a cinque anni dalla laurea, per i laureati delle professioni
medico-sanitarie (95%), di
ingegneria (94%) e del gruppo
economico-statistico (90%). Al di sotto della media si posizionano, invece, i laureati dei gruppi
letterario (72%),
giuridico (75%),
geobiologico (78%) e di
insegnamento (78%). In assoluto, gli ingegneri sono quelli che guadagnano di più, mentre all'ultimo posto figurano i laureati nelle discipline psicologiche.
Studi umanistici: una prospettiva nel marketing e nella comunicazione E per chi, testardamente, nonostante i dati statistici sfavorevoli, per seguire una propria passione o interesse, prosegue comunque gli studi nel campo
umanistico? Niente paura: una collocazione occupazionale è certamente possibile, purché ci si dimostri flessibili e pronti al cambiamento. Lo assicura
Gianluca Gioia, manager di
Mcs, società che si occupa di ricerca del personale, formazione e consulenza per lo sviluppo, il quale ha affermato che
"il mercato, oggi, richiede posizioni di marketing e nelle risorse umane". Infatti, secondo le statistiche sopra menzionate, i laureati nel campo
umanistico riuscirebbero a muoversi su un orizzonte molto più ampio del semplice insegnamento e, nella società odierna, troverebbero numerosi
'sbocchi' in
rete, come
'media manager' di aziende, creatori di
contenuti multimediali, curatori di
profili web. Tutto ciò varrebbe anche per i
beni culturali, l'archeologia e la
storia dell'arte: il mercato attuale richiede figure come il
'project manager', in grado di pianificare e realizzare processi complessi, multimediali. Figure professionali in grado di gestire il nostro patrimonio culturale anche da un punto di vista
manageriale ed
editoriale. In altre parole, se si vuole trovare un impiego, oltre ad avere una buona conoscenza del proprio settore, si dovrebbe saper
divulgare bene, organizzare e
progettare, nonché saper leggere i numeri, interpretarli e migliorarli.
L'analisi del Censis sui migliori atenei statali italianiAnche quest'anno, a partire dal 30 maggio, sono tornate le classifiche delle università italiane che il
Censis ha realizzato in collaborazione con il quotidiano
'la Repubblica'. E anche in questa occasione, l'articolata analisi del sistema universitario italiano, riletto attraverso una valutazione (per atenei statali e non statali) dei raggruppamenti di classi di laurea triennali e dei corsi a ciclo unico rispetto alle dimensioni della progressione in carriera e del grado di internazionalizzazione, ha evidenziato alcune
luci e ombre che riguardano anche le strutture, i servizi erogati e la comunicazione. Dall'analisi sono risultate
40 classifiche che, malgrado la loro complessità, hanno lo scopo di aiutare i giovani a individuare con consapevolezza il loro percorso di formazione. L'analisi del
Censis, che fa riferimento sia alle
47 classi di laurea triennali istituite con la
legge n. 270 del 2004, sia ai corsi di laurea a ciclo unico, prende in considerazione diversi indicatori, come la
'progressione' di carriera degli studenti (tasso di iscritti regolari e tasso di regolarità dei laureati) e i
rapporti internazionali (la mobilità degli studenti in uscita e le università internazionali ospitanti). Per la valutazione degli atenei, invece, sono stati presi in esame altri indicatori, come la
tipologia dei servizi erogati, le
borse di studio messe a disposizione dagli atenei e le
strutture, cioé le aule, gli spazi fisici, la qualità della comunicazione e dei servizi digitali e, nuovamente,
'l'internazionalizzazione', come gli iscritti di nazionalità straniera e gli studenti che hanno studiato all'estero. Gli atenei sono stati suddivisi in base al numero di iscritti in mega, grandi, piccoli, medi e politecnici.
Le classifiche: meglio l'Italia settentrionale Le classifiche degli
atenei, realizzate sulla base dei dati forniti
dall'Ufficio statistica del Miur e
dall'Anagrafe nazionale degli studenti universitari (aggiornati al maggio 2016), sono state quindi suddivise in base al numero di iscritti e comprendono gli indicatori cui si è già accennato. Per gli atenei definiti
'mega', al primo posto si piazza
l'università di Bologna, seguita da
Padova e
Firenze. 'La Sapienza' di
Roma guadagna un
mediocre quinto posto, mentre all'undicesimo si colloca
l'università di Catania. Per la categoria delle
'grandi', al primo posto troviamo
l'università statale di Perugia, seguita dagli atenei di
Pavia e della
Calabria. Le università romane di
Tor Vergata e
Roma Tre si collocano, rispettivamente, all'ottavo e all'undicesimo posto: peggio di loro, solo le università di
Messina, L'Aquila, Chieti e
Napoli. Per le
'medie' spiccano
Trento e
Siena, mentre la storica
Urbino si piazza solamente al decimo posto. Per gli atenei
'piccoli', al primo posto troviamo
l'università di Camerino, mentre per quanto concerne i politecnici, spicca fra tutti il noto
ateneo milanese, seguito da
Venezia Iuav, da
Torino e da
Bari. Relativamente alla didattica, per le lauree triennali sono state redatte diverse classifiche in base alle discipline (scientifiche, linguistiche, giuridiche, umanistiche e così via). Nelle discipline scientifiche, medico-sanitarie, socio-politiche ed economiche emerge la
'primazia' del
nord d'Italia, mentre per quanto riguarda quelle letterarie, nelle prime cinque posizioni troviamo, inaspettatamente,
l'università romana di Tor Vergata a pari merito con quella di
Bologna e, a seguire, quella di
Urbino 'Carlo Bo' e quelle di
Pavia e
Padova. A questo proposito, emergono diverse
'sorprese': per esempio,
l'università di Modena-Reggio Emilia 'primeggia' nelle discipline
medico-sanitarie di durata triennale, per
l'ingegneria, le scienze agrario-veterinarie e quelle
linguistiche. Incrociando i dati
'Alma Laurea' con quelli del
Censis siamo, inoltre, in grado di definire le migliori università per quei percorsi di studi consigliati dalle analisi sopracitate, sia nell'ottica delle prospettive lavorative, sia in quella della retribuzione: per le professioni medico-sanitarie di durata triennale, la miglior proposta didattica statale appartiene, a sorpresa, alla già citata
università di Modena-Reggio Emilia, seguita dagli atenei di
Udine, Torino, Bologna e
Brescia; per quanto attiene, invece, il
'gruppo ingegneria' di durata triennale, troviamo di nuovo in
'pole position' le università di
Modena-Reggio Emilia, di
Trieste, il
Politecnico di Torino, quello di
Milano e
l'università di Ferrara. Per il gruppo economico-statistico, infine, emergono ai primi cinque posti gli atenei statali di
Padova, Milano, Venezia (Ca' Foscari), Bologna e
Trieste. Per i corsi a ciclo unico attivati presso gli atenei statali, in
medicina e chirurgia si collocano ai primi cinque posti, nella didattica, le università di
Pavia, Padova, Udine, Milano Bicocca e
Bologna. Per il centro-sud, meglio gli atenei di
Foggia, Firenze, Sassari, Perugia e
Bari (dodicesimo, tredicesimo e quindicesimo posto), maluccio invece le due romane
Tor Vergata e
'La Sapienza' (venticinquesimo e ventisettesimo posto). Chiudono la classifica le università statali napoletane
'Federico II' e
'Napoli II', quella di
Palermo e del
Molise. Il sistema universitario a un punto di svoltaSpecchio della nostra società attuale, sempre più
'social', secondo gli studi del
Censis, anche l'università statale italiana starebbe cambiando i propri connotati e il suo
'modus operandi'. Un'evoluzione dovuta, in larga parte, all'innovazione tecnologica che ha investito tutti gli atenei italiani, con l'introduzione di ausili informatici sempre più complessi. Un cambiamento che incide sulle strutture universitarie in base alle dimensioni delle stesse, laddove le università più piccole risultano, in questo senso, più efficienti rispetto ai grandi atenei. Inoltre, la sempre maggiore internazionalizzazione delle strutture sta modificando anche il corpo docente, che deve (o dovrebbe) essere padrone almeno di una lingua straniera. Altri elementi di cambiamento sono costituiti dalla crescita di studenti con disabilità e disturbi dell'apprendimento e dall'intreccio tra il
'sapere' e il
'saper fare' dei tirocini formativi e delle esperienze di
'studio-lavoro', proposte dai migliori atenei italiani e sempre più incentivate dal nuovo sistema universitario in costante evoluzione.
Teoricamente bravi, praticamente insufficientiUn
paradosso statistico, che emerge con forza dalla classifica del
Censis, è la
riduzione degli immatricolati, già registrata, negli ultimi anni, da altre indagini statistiche, come per esempio quelle di
'Alma Laurea'. E' invece destinato a migliorare, nel futuro prossimo, il
rapporto 'docenti-studenti', accrescendo la qualità della vita universitaria, che secondo il settimo rapporto
Eurostudent-2015 presenta un quadro piuttosto
'divergente': gli studenti italiani, infatti, sarebbero abbastanza soddisfatti della loro preparazione
teorica, ma non di quella
pratica. Un dato che fa emergere un profondo
'gap' dei nostri giovani tra il
'sapere' e il
'saper fare'. Una questione intorno alla quale occorrerebbe riflettere, per favorire il loro corretto inserimento nel mondo del lavoro.
Fonti: http://temi.repubblica.it/le-guide-universita-2016-2017/2016/05/27/le-classifiche-degli-atenei%E2%80%8B-statali/?refresh_ce
http://www.almalaurea.it/sites/almalaurea.it/files/docs/universita/profilo/Profilo2016/report_xviii_rapporto_profilolaureati-def.pdf
http://www.almalaurea.it/sites/almalaurea.it/files/docs/universita/occupazione/occupazione14/report_xviii_rapporto_condizioneoccupazionale_definitivo.pdf