Molti la chiamano:
"Mal d'amore". Ma si tratta essenzialmente di una patologia psichica, definita
"dipendenza affettiva", che si manifesta quando una relazione diventa una morsa soffocante, composta di ossessione e dipendenza nei confronti del partner, il quale si trasforma in un 'male necessario' e irrinunciabile, simile a una droga, una gabbia entro cui si rimane involontariamente imprigionati. Si tratta di un legame molto forte, spesso unilaterale, dettato dall'annullamento di sé, da sofferenza, disagio e infelicità. Elementi questi che, in taluni casi, possono sfociare in atti di estrema violenza e in episodi di
'femminicidio': un fenomeno preoccupante che continua a mietere vittime. L'ultima, registrata il 27 ottobre scorso, si chiamava
Veronica Valenti. Aveva 27 anni e una 'colpa': quella di aver lasciato il proprio ex-fidanzato mesi prima. Lo stesso uomo che, al culmine di una lite esplosa poiché la giovane si era rifiutata di tornare con lui, le ha tolto la vita barbaramente, colpendola ripetutamente al petto. La 'querelle' sui numeri delle donne uccise negli ultimi anni all'interno di relazioni sentimentali 'complicate' risulta infinita. E, forse, un po' pleonastica e inutile. Un esercizio limitante, come ha sottolineato mesi fa
Linda Laura Sabbadini - direttrice del
Dipartimento per le statistiche sociali e ambientali dell'Istat e membro della
commissione Onu - se non coadiuvato da riflessioni più profonde, che mettano in luce le possibili cause della violenza. Riflessioni che dovrebbero partire, più che dai 'numeri', non di rado discordanti, da due aspetti pregnanti: il teatro del delitto, ovvero le mura domestiche, e la natura dei carnefici, vale a dire i partner, i mariti, gli ex-fidanzati, cioè quelle figure che in una normale relazione dovrebbero 'dare' anziché 'togliere'. Perché molte volte i
'femminicidi', intesi come la punta di un 'iceberg' di brutalità e odio represso, hanno origine da psicopatologie latenti, non adeguatamente curate, come la stessa
'dipendenza affettiva'. E potrebbero essere scongiurati attraverso una preliminare autodiagnosi. Ne abbiamo parlato con
il professor Roberto Pani, specialista in
Psicologia clinica, docente di
Psicopatologia e
professore all'Alma Mater Studiorum, presso l'Università di Bologna.
Professor Pani, può spiegarci meglio che cos'è la "dipendenza affettiva" e perché molti la definiscono "mal d'amore"?"Ciascuno di noi ha avuto una vicenda affettiva pregressa, magari precoce, che ha portato a future idealizzazioni e delusioni. Queste esperienze frustranti e deludenti vengono cercate nel nuovo partner, conosciuto molto presto, spesso nell'adolescenza o poco dopo. Le varie problematiche affettive e le diverse delusioni che caratterizzano la vita di ogni individuo possono aumentare la ricerca di figure idealizzanti che, secondo il soggetto dipendente, dovrebbero appagare i propri personali bisogni. Nella dipendenza affettiva, infatti, si parla di bisogno e non di desiderio, che presuppone invece una maggior autonomia e maturità, una approfondita conoscenza di sé e del rapporto di coppia, da vivere in maniera consapevole e razionale. Nei soggetti affetti da questo tipo di patologia, invece, il teatro del matrimonio, della coppia in generale, dopo un po' di tempo, finisce per essere deformato dalla dipendenza. In altre parole, ci si aspetta che l'altro sia una specie di compagno infantile, che sia ovunque e dappertutto e che ci salvi da ogni problema. L'autonomia dell'altro viene percepita come minacciosa e frustrante. Il soggetto dipendente vuole guarire le sue ferite narcisistiche attraverso il partner, rinchiuso all'interno di una sorta di 'guscio', dal quale risulta difficile uscire. Nel frattempo, le pretese perfezionistiche e gli ideali riposti nella coppia e nell'altro diventano enormi, generando conflitti talvolta insanabili".
Quali sono le possibili cause della "dipendenza affettiva"?"I traumi infantili e le delusioni pregresse. E non è affatto una novità, visto che l'essere umano adulto è il risultato di ciò che è stato durante l'infanzia. Il nucleo del problema è da rintracciare, in molti casi, nel rapporto conflittuale con uno dei due genitori: la madre, nel caso dell'uomo, il padre in quello della donna".
Quali sono le principali caratteristiche del soggetto dipendente?"L'isolamento, la pretesa che la coppia copra ogni bisogno, la mancanza di rispetto nei confronti del partner, delle sue esigenze e autonomie, della sua diversità o, ancora, la tendenza a cercare in esso la parte di sé mancante. Chi è affetto da questo tipo di tendenza dinamica è portato a viversi entro una sorta di 'guscio', dove i due partners della coppia si sentono al sicuro. La fuoriuscita dal guscio potrebbe far emergere, in seguito, disillusioni, gelosia, forte rabbia patologica. Ecco, in parte, come spiegare i numerosi casi di 'femminicidio', in cui l'uomo, rendendo la partner un punto di riferimento imprescindibile, vive la fine della relazione in senso totalmente drammatico. Non riuscendo uno dei due partners a rinunciare al fortissimo bisogno di 'possesso', perché si tratta di un bisogno fondamentalmente egocentrico, reagisce attraverso un atto potentemente impulsivo e violento. Tutto ciò in quanto, in questo tipo di patologia, il soggetto dipendente risulta sopraffatto dal senso del suo bisogno primitivo. E quando c'è bisogno non c'è amore. La chiave è tutta in questa frase: perché l'amore implica desiderio, che non va confuso con la parola 'necessità'. Anche l'espressione, utilizzata spesso dai media in relazione al 'femminicidio', "lui l'amava tanto", è essenzialmente errata: come si fa a definire amore un bisogno morboso? Si tratta di possesso nato da una necessità, da una dipendenza, da una effettiva mancanza pregressa che ha determinato un 'blocco', o un rallentamento nella crescita interiore ed emotiva del soggetto dipendente".Dunque, alla luce di quanto detto finora, è corretto affermare che esiste una correlazione diretta fra "dipendenza affettiva" e 'femminicidio'?"Evidentemente sì: oggi, la donna si esprime in maniera molto più autonoma rispetto al passato. Un elemento non sempre tollerato dagli uomini affetti da questo tipo di patologia. Alcuni di loro arrivano persino a uccidere, poiché incapaci di sopportare che la partner, riconosciuta appunto come una 'proprietà', possa pensare di immaginare una vita diversa, al di fuori di quel 'guscio' di cui si parlava prima. In un primo momento, molti uomini fanno finta di accettare il distacco, che però, nei casi di 'femminicidio', non viene mai del tutto superato e sfocia in atti di efferata violenza".
L'opinione pubblica, veicolata dalle informazioni a volte menzognere del web, come anche dall'enorme fortuna del libro 'Donne che amano troppo' di Robin Norwood, è portata ad associare la "dipendenza affettiva" al genere femminile, percepito in linea di massima come 'emotivamente' più debole di quello maschile. Tuttavia, da quanto emerge, tale patologia sembra colpire anche molti uomini: è corretto?"Sì. Ovviamente, anche le donne possono soffrire di dipendenza affettiva, soprattutto nel passato, quando la società e la cultura, estremamente diverse rispetto ad oggi, concorrevano a renderle molto più fragili e dipendenti dal sesso maschile, preda di gelosie e possessività. Tuttavia, oggi, statisticamente, sono soprattutto gli uomini a esserne colpiti perché, a dispetto di quanto si possa credere, socialmente ed emotivamente più fragili e immaturi delle donne".
Dal suo punto di vista, l'aumento dei casi di 'femminicidio' è dovuto a una maggiore attenzione da parte dei media, oppure a un effettivo incremento del fenomeno?"Gli episodi di violenza non denunciati sono numerosissimi e difficili da quantificare. Parallelamente, assistiamo in questi ultimi anni a un sempre maggiore interesse da parte dei media a questo tipo di problematica. Personalmente, ho seguito molti casi di persone che erano sul punto di uccidere, ma che grazie all'aiuto di specialisti sono riuscite a porre un freno al proprio desiderio di violenza. Come dicevo, il nucleo del problema risiede nella 'mancata evoluzione' del soggetto dipendente. Non in senso cognitivo, ma emotivo. Conosco molti uomini intelligenti, che hanno studiato, ma che non hanno raggiunto un grado di evoluzione emotiva soddisfacente, perché una parte di loro è rimasta estremamente infantile. Sono uomini bisognosi di una madre simbolica, che svolga le funzioni di quella madre che non hanno avuto, la quale deve compensare un vuoto. Un'enorme lacuna che l'essere umano può portarsi dietro a prescindere dal livello professionale raggiunto".
Secondo lei è davvero possibile guarire dalla "dipendenza affettiva"?"Si, lavorandoci sopra. È fondamentale, in questo senso, effettuare una sorta di autodiagnosi, capire in fretta di avere un disturbo capace di ostacolare seriamente la propria vita affettiva. È importante comprendere in fretta l'inadeguatezza del proprio comportamento, arginando immediatamente il problema, sul quale in seguito si potrà lavorare con calma, attraverso l'aiuto di uno specialista".
ARGOMENTI CORRELATILa donna nei suoi molteplici aspetti. La donna come Madre-Terra, come rifugio, come "porto sicuro" ove approdare; come perno e origine dell'esistenza. La donna come oggetto, come feticcio. La donna stuprata, violentata, "martirizzata", sacrificata nella sua essenza; la donna emancipata, filosofa, scienziata; intesa nel suo valore archetipico universale, ma anche come individualità concreta, tangibile, pregnante. La donna in tutta la sua complessità. Questi i temi principali della mostra "Donna e Multiculturalità nell'Europa di oggi", organizzata da L'Altrosguardo-Artisti Associati con la collaborazione del Mibact, di Roma Capitale e del Centro Antinoo, che vede la partecipazione di Artisti di vari Paesi europei e una apposita sezione dedicata alla promozione di selezionati Giovani Artisti emergenti. Alla manifestazione partecipa anche la candidata al Premio Nobel Marcia Theophilo con un intervento inaugurale; una sezione è dedicata inoltre alla grande scrittrice Marguerite Yourcenar, di cui il Centro Antinoo custodisce in esclusiva unici e numerosi documenti e prime edizioni firmate. Condotto con incursioni in tempi, luoghi e culture differenti, ma compresenti nell'Europa odierna, il percorso della manifestazione ci parla della complessità dell'essere donna e di momenti densi di difficoltà, gioie e paure, al di là di ogni barriera geografica, culturale e di orientamento sessuale.
ARTISTI: Claudio Abate, Minou Amirsoleimani, Mirella Bentivoglio, Luigi Campanelli, Bruno Ceccobelli, Raffaele Della Rovere, Paolo D'Orazio, Patrizia Dottori, Roberto Dottorini, Roberta Filippi, Elizabeth Frolet, Massimo Gatti, Valter Gatti, Bianca Menna, Patrizia Molinari, Lina Passalacqua, Umberto Salmeri, GIOVANI EMERGENTI: Violetta Carpino, Greta Colli, M.Cristina Marmo, M.C.Nuccetelli, Nunzia Pallante, Igor Spadoni, Ralf J. Trillana, Fabio Vernile.
DOVE: Roma, Complesso Monumentale di S. Andrea al Quirinale - Teatro dei Dioscuri - Via Piacenza, 1 00184
QUANDO: 11 - 20 novembre 2014
ORARI DI APERTURA: dal lunedì al sabato dalle 8,30 alle 18,30