Alberto LopezMeglio dal vivo che dal morto. E’ questo il commento che verrebbe spontaneo, emulando il filosofo della mai abbastanza rimpianta trasmissione ‘Quelli della notte’, a seguito del rapporto sulla mobilità sociale curato da Irene Tinagli – ironia del caso, nostro ‘cervello in fuga’ all’Università Carlo III di Madrid - presentato al primo appuntamento di Italia Futura, advocacy group fondata e finanziata da Luca Cordero di Montezemolo. Cioè, una banalità. Infatti, la pur documentata relazione non fa altro che ribadire quanto ormai tristemente noto da più di un decennio: la società italiana è bloccata e le voci di spesa destinate al sociale sono sbilanciate in misura tale - più del 60 % in pensioni e meno del 6 % in infanzia e famiglie - da poterle annoverare fra i complici del mantenimento dello status quo. Il sostegno pubblico, invece, può e nel caso italiano deve essere indirizzato alla promozione dell’autonomia individuale. In realtà, come ha osservato acutamente Enzo Palumbo – presidente del Consiglio nazionale del Partito liberale italiano - rispondendo all’invito di partecipazione all’incontro, la situazione dell’Italia è peggiore di un Paese ‘bloccato’: è quella di un Paese ‘ingessato’. E la differenza è molto più profonda di quanto possa suggerire apparentemente una scelta diversa della terminologia. Come spiega Palumbo: “Un meccanismo bloccato può sempre rimettersi in moto non appena si rimuova la causa del blocco, dopo di che il movimento può subito agevolmente riprendere il suo corso, pur scontando qualche ritardo. Ed è anche possibile che, con qualche accelerazione, si riesca a riguadagnare il terreno perduto. Nel nostro caso, purtroppo, c’è qualcosa di più: l’ingessatura che ricopre il Paese da ormai molti anni. (…) ne ha atrofizzato gli arti, per cui la ripresa della corsa sarà lenta, difficile e sconterà anche qualche ulteriore pericolo.(…) Se, appena tolta l’ingessatura, ci mettiamo a correre spericolatamente, il meno che ci possa capitare è di romperci una gamba e di restare poi immobilizzati ulteriormente per chissà quanto tempo”. Non poteva esser scelta metafora migliore per esprimere la drammaticità della realtà in cui ci troviamo. E che i politici di Governo nei fatti ignorano, troppo affaccendati a difendere se stessi. Infatti, di fronte all’annuncio di questa iniziativa l’unica preoccupazione del ministro Brunetta è stata di bollarla fra quelle delle “èlite di merda” , temendo un complotto ai danni dell’esecutivo in carica. A conclusione, gli ha fatto eco il miope commento della parlamentare del Pdl, l’on. Giustina Destro, che nell’evento vi ha visto solo “lo stesso identico film di Prodi: una pellicola ormai bruciata”. Ovvero, ha guardato al ‘dito’, scorgendo ovunque fantasmi che minacciano la propria posizione, e ha ignorato la ‘luna’. Perché l’incontro ha avuto il merito di suggerire anche delle proposte concrete per superare l’empasse. Proposte, anche queste già note, che all’estero hanno dimostrato di funzionare. Qui da noi, queste sarebbero davvero innovative. Ma a causa delle forti resistenze, stentano a trovare spazio. Come nel caso dell’introduzione del test nazionale standard per valutare la preparazione degli alunni delle scuole superiori e degli studenti che accedono all’Università, già proposto da Abravanel, ma sospeso dal ministro Gelmini, temendo che un eventuale blocco del test da parte del Tar in un singolo Ateneo  possa condurre alla paralisi nazionale. A parole, le riforme le vogliono tutti, insomma. Nella realtà, invece, i conflitti d’interesse e le rendite di posizione sono tali da suscitare una levata di scudi in tutte le direzioni di fronte a qualsiasi timida iniziativa d’innovazione. A questo punto, il problema non è solo culturale o sociale: se manca la fiducia in un futuro migliore non ci si impegna, non si fanno più sacrifici e così vengono meno i presupposti per innescare una crescita complessiva del Paese. L’involuzione finirà per coinvolgere tutti. Ma, riprendendo di nuovo Palumbo, essa diverrà anche politica. E non basteranno convegni, per quanto partecipati e qualificati, a esorcizzare questo pericolo, se poi non li metteremo a frutto.


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