Giuseppe Orsini

Nel ‘Belpaese’ trova spazio qualunque film, meglio se superficiale e sboccato. Ma vedere un’opera che parla di Storia e degli orrori del comunismo è quasi impossibile: ‘Katyn’ insegna. Questo film nel nostro Paese viene sostanzialmente boicottato: ne esistono circa 40 copie, ma inizialmente solo 12 sale in tutta Italia lo hanno proiettato. A Milano hanno fatto unicamente due proiezioni in un solo locale, con molti spettatori costretti a restare in piedi. Non è un problema di mercato: evidentemente gli orrori del comunismo sono ancora tabù. A Roma, ‘Katin’ è in programmazione in un solo locale: Farnese, Campo dei Fiori, fino a giovedì 26 marzo. In Polonia lo hanno visto 3 milioni e 600 mila persone. L’invasione della Polonia da parte della Wehrmacht e dell’Armata Rossa iniziò con sedici giorni di intervallo, come previsto dal famoso patto Molotov – von Ribbentrop. L’accordo del 23 agosto 1939 riconosceva segretamente la spartizione della Polonia e l’espansione territoriale sovietica su Baltico e Romania. Dopo l’invasione, decine di migliaia di polacchi finirono prigionieri, sia dei tedeschi, sia dei russi. La gran parte fu massacrata nella foresta di Katin (oggi in Bielorussia, sul fiume Dnepr): tra il marzo e il maggio del 1940 furono uccisi con un colpo di pistola alla nuca circa 22 mila polacchi: 12 mila ufficiali dell’esercito e 10 mila tra medici, ingegneri e professori universitari. L’ordine di morte fu firmato dal direttore dei servizi segreti russi, Lavrentij Beria, il 5 marzo 1940. Il comportamento dei russi ‘comunisti’ non fu diverso rispetto a quello dei tedeschi ‘nazisti’ i quali, a loro volta, deportarono e uccisero tutti i professori dell’università di Cracovia. Le stragi hanno avuto conseguenze a breve e a lungo termine ed hanno influenzato la storia della Polonia fino ai giorni nostri. Per la cronaca, le fosse comuni di Katyn furono scoperte dai tedeschi nel 1943. I sovietici, entrati vittoriosi a Berlino, addossarono la colpa dell’eccidio all’esercito nazista datandolo all’avanzata della Wehrmacht verso Mosca (agosto 1941). I polacchi hanno dovuto tacere per 45 anni: tutti sapevano a chi addebitare quella strage ma, trovandosi in pieno regime comunista, parlarne significava finire in carcere. Il lutto, misto all’amarezza per la menzogna, fu un ‘dramma nel dramma’ per i parenti delle vittime e per l’intero popolo polacco fino al 1992, quando il presidente russo Boris Eltsin, riconoscendo la piena responsabilità dell’Urss nel massacro di Katyn, dichiarò: “Perdonateci, se potete”. Andrzej Wajda, anziano regista polacco (83 anni), nel 2007 ha portato sullo schermo il massacro di Kaytn anche per un fatto personale: suo padre, Jakub Wajda, ufficiale della cavalleria polacca, fu ucciso dalle truppe sovietiche forse proprio a Katyn. Per realizzare i 118 minuti del film, Wajda ha attinto principalmente da diari, lettere e confessioni degli uccisi e dagli archivi polacchi, statunitensi e inglesi. Sono due ore scarse di cinema rigoroso, potente, magistralmente realistico, chiuso dall’Agnus Dei del grande Krzysztof Penderecki (su un minuto di schermo nero). Unico neo: un discutibile doppiaggio nell’edizione in italiano. Alla prima del film, a Varsavia, il 17 settembre 2007, anniversario dell’invasione sovietica della Polonia, alla proiezione è seguito l’assoluto silenzio della sala, interrotto solo dalle preghiere per i morti di Katyn. Qualche giorno dopo, a Mosca, uno spettatore ha invitato il pubblico ad alzarsi in piedi per rendere onore ai caduti. Tutti conosciamo il tremendo genocidio degli ebrei ad opera del nazismo. Tuttavia, la Polonia, con circa quattro milioni di morti, è seconda solo ad Israele per persecuzione e numero di martiri durante la seconda Guerra Mondiale. Polonia ed Israele hanno avuto lo stesso destino per olocausto e questione territoriale. Paradossalmente, la Storia ha schiacciato e disperso due fra i popoli che maggiormente considerano sacrale il rapporto con la propria terra. Il film di Andrzej Wajda prende le mosse dal patto di spartizione della Polonia, il documento più terribile che la memoria storica ricordi. Quell’alleanza mise d’accordo nazismo hitleriano e comunismo staliniano. Il film possiede una innegabile valenza storica anche perché solleva, lodevolmente, un velo sulla grandissima menzogna sulla strage di Katyn, una delle più gravi bugie del XX secolo. Spiace che questo lungometraggio in Italia sia considerato uno scandalo da molti cosiddetti ‘intellettuali’ e sia condannato ad una breve e limitata diffusione nei nostri cinema. Il massacro di Katyn può distruggere il mito della grande guerra patriottica che l’Unione Sovietica vinse contro la Germania nazista, mentre Katyn, invece, rappresenta il simbolo della collaborazione più stretta ed efficace tra la Germania nazista e Russia comunista, tra Hitler e Stalin. La Storia su questo punto è molto singolare: Germania nazista e Russia sovietica parteciparono insieme all’eliminazione fisica, culturale e linguistica della Polonia. Ancora una volta si riscontra il criminale parallelismo tra le due ideologie totalitarie del XX secolo dopo decenni di silenzi e censure sui crimini commessi in nome del comunismo. Concludo col ricordo di un grande polacco che ha vissuto intensamente, in prima persona e per trentotto lunghi anni, il dramma della Polonia: Karol Wojtyla, Papa Giovanni Paolo II. Ai tempi di Katin non era ancora ventenne. Wojtyla fu temprato dalla doppia dominazione nazista e comunista. Si è visto che tempra ne è scaturita. E si spiega perché, liberatosi di svastica e falce e martello, appoggiandosi alla croce abbia potuto gridare, non solo ai giovani, ma a tutti i cittadini del mondo: “Non abbiate paura di aprire le porte a Cristo! Sì, spalancate le porte a Lui! Non abbiate paura! Solo Lui ha parole di vita eterna: Cristo non delude mai”!




Segretario del 'Movimento Elia', elettori liberi e attivi
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paolo frosini - pistoia - Mail - mercoledi 25 marzo 2009 8.38
ottimo articloo che solleva un problema grave di doppiopesismo in italia molto trascurato


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