Elisabetta Lattanzi
Alla periferia est di Roma, in via Prenestina 913, si trova il Maam (Museo dell’altro e dell’altrove metropoliz, ndr), nel luogo in cui c’era, un tempo, il salumificio Fiorucci. Lo stabilimento di insaccati ha chiuso i battenti nel 1993 ed è divenuto proprietà di un’azienda di costruzioni, che l’ha lasciato andare in decadenza senza effettuare alcuna ristrutturazione. In questo luogo abbandonato hanno così iniziato a insediarsi abusivamente persone senza casa: emigrati, rom, senegalesi, eritrei, marocchini, peruviani, ucraini e anche qualche italiano. Questo rudere urbano, in cui andavano a morire i maiali, è divenuta la 'casa/fortezza' di artisti e senzatetto che, da 15 anni, vi convivono pacificamente. Durante la settimana, gli abitanti di Metropoliz - così vogliono essere chiamati i residenti nell’ex salumificio - conducono la loro vita quotidiana e il sabato aprono le porte a visitatori e curiosi provenienti da ogni parte. Entrando in questo luogo speciale, si resta colpiti dai colori accesi e vivaci dei murales con accanto i vecchi macchinari ormai arrugginiti: maschere stravaganti e sculture di varie forme e dimensioni raccontano la vivacità e l’energia di un luogo simbolo di integrazione, rinascita, speranza e nuove prospettive, sperimentazioni e avanguardie artistiche. C’era, però, la minaccia incombente dello sgombero, finché due antropologi, Giorgio de Finis e Fabrizio Boni, nel 2012 hanno guardato a questa borgata abusiva con occhi diversi, con lo sguardo di chi legge la forza dell’umanità che non si arrende, ma cerca nel disagio una via per riscattarsi e hanno avuto l’idea geniale di girare un film lì dentro. La pellicola s’intitola 'Space Metropoliz': una storia di fantascienza, ma anche di convivenza, condivisione e impegno politico. E’ la storia di un’occupazione e di una provocazione artistica. Nella locandina del film si leggeva: “La Luna non è di nessuno e nessuno la può comprare”. Un messaggio incisivo e ribelle, per descrivere come gli abitanti di Metropoliz, stanchi di lottare tutti i giorni perché la gente della Terra non capiva come essi potessero essere felici vivendo in quel posto così fuori dalle regole - ponendoli ai margini della società - decidono di costruire un razzo per andare a vivere sulla Luna. In breve, 'Space Metropoliz' chiama la borgata a trasferirsi sulla Luna in quanto "patrimonio comune dell'umanità" senza padroni. Il film è uscito nel 2013, portando con sé alcuni messaggi precisi: l’arte che cambia il mondo e il sogno, l’immaginazione che appartiene a tutti gli esseri umani, nessuno escluso. Qualunque cosa può diventare simbolo di rinascita. Pensatori, performer, artisti, fotografi e writer, hanno interpretato l’occupazione abusiva come una presa in custodia di un pezzo di città abbandonato a se stesso, come esempio di una società diversa. Si sono battuti contro lo sgombero e finalmente, dopo tanto tempo, il Comune di Roma ha deciso di ristrutturare lo spazio attraverso un progetto di edilizia e un centro culturale senza eguali. Nel 2021 il Mic (Ministero della Cultura) lo ha riconosciuto di fatto come museo. Dallo 'Space Metropoliz' è nato, così, il Maam: Museo dell’Altro e dell'Altrove, dove per 'Altro' si intende la “città meticcia”, come la definiscono gli stessi abitanti in continua evoluzione e, per 'Altrove' l’intenzione è quella di continuare a mantenere le diversità come un valore.





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