Vittorio LussanaNei dibattiti televisivi di questi ultimi tempi è accaduto di tutto: membri di governo che hanno abbandonato polemicamente un dibattito, discussioni al limite dell’assurdo su vicende che poco o nulla hanno a che fare non soltanto con la politica, ma persino con l’evidente processo di ‘deistituzionalizzazione’ attuato dallo schieramento moderato italiano, un processo a cui, bisogna notare, l’opposizione di sinistra non ha saputo rispondere adeguatamente o in maniera credibile. L’Italia rimane una democrazia ‘bloccata’, post ideologica. Negli altri Paesi, allorquando il ciclo di una specifica squadra di governo o di una determinata coalizione è terminato, una buona parte dei cittadini tende a cambiarla attraverso un normale giuoco di alternanze periodiche tra progressisti e conservatori. In Italia, invece, tutto questo non è concepito e non avviene: gli elettorati rimangono ‘inscatolati’ tra odi, testardaggini e rancori di svariato genere e tipo, non avviene alcun superamento dialettico di contraddizioni e contrapposizioni, la stessa alternanza di governo viene assicurata solamente da qualche ‘escamotages’ di natura puramente elettorale, attraverso qualche ‘ribaltone’, oppure tramite qualche lista ‘civetta’ schierata da una parte anziché da un’altra. Questa situazione appare indiscutibilmente insostenibile. Così come insostenibili sono i dibattiti televisivi che si ascoltano ovunque, poiché l’opposizione affida ormai esclusivamente a una ‘squadra’ di giornalisti l’incarico di tentare una maggiore incisività sull’opinione pubblica attraverso logiche che sono, tuttavia, quelle di una ‘videocrazia’ e non quelle di un maturo sistema democratico. I motivi di una simile degenerazione sono, in verità, i soliti di sempre: una pigrizia mentale della cosiddetta ‘anima populi’ che vive la politica nella sua fase di competizione ideologica (siamo il Paese con le più alte percentuali al mondo di affluenza alle urne), ma non quella delle normali procedure parlamentari. Un assolutismo di fondo, di natura più ‘dogmatico-religiosa’ che effettivamente ideologica, perché laddove ci sono delle identità e delle ideologie precise ci sarebbero anche delle idee, delle visioni distinte sul tipo di società che si intende rigenerare o eventualmente mantenere. Qui da noi, invece, non c’è nulla di tutto questo, ma solamente una gara di ‘vuoti’, di mere immagini, di edonismi o tipologie di atteggiamenti: da quello provocatorio e ‘revanchista’, a quello di stampo ‘buonista’ basato su tutta una serie di moralismi e ipocrisie. I talk show proposti dalle nostre televisioni non fanno altro che rispecchiare questa realtà inconfutabile: dibattiti confusi, disordinati, astratti, mal condotti, dove la maleducazione e l’interruzione imperversa come elemento di trasgressione mentre, in realtà, è solamente malafede, ignoranza, vacuità. Per dirla in termini 'marxiani': la nostra televisione è ormai l’evidente espressione di una piccola borghesia che non può realizzare nient’altro che piccole idee, poiché rappresenta solamente piccoli uomini.




Presidente dell'Associazione culturale 'Phoenix'
Direttore responsabile dei mensili 'Periodico italiano magazine' e 'Confronto Italia'

(articolo tratto dal numero di febbraio del mensile 'Liberoreporter')

Lascia il tuo commento

Vittorio Lussana - Roma - Mail - martedi 15 febbraio 2011 20.19
RISPOSTA A MAURIZIO: Carissimo lettore, potrei anche convenire con molte delle sue osservazioni, in particolar modo sulle forzature che hanno condotto alla fine non della 'prima Repubblica' - terminologia puramente giornalistica, totalmente priva di validità giuridica e formale - ma della politica stessa, posta nelle condizioni di non poter incidere più di tanto sulle condizioni socioeconomiche del nostro Paese. Tuttavia, mi lasci almeno la libertà di rimanere assai perplesso sul fatto che quel che non fu perdonato dagli italiani a tanti, oggi dovrebbe esserlo per un uomo solo. Io stesso preferirei che la sinistra italiana sconfiggesse sul terreno politico un aziendalismo puramente parolaio, totalmente utilitaristico, che identifica ogni genere di etica collettiva, persino le culture laiche e liberaldemocratiche, come delle ideologie rivoluzionarie o paracomuniste. Così come mi sembra assai sospetto richiamare in causa una vittima autentica di un grave errore giudiziario al fine di difendere a tutti i costi una singola persona che, in quanto tale, non è certamente destinata a vivere in eterno. Meglio, a questo punto, aprire per tempo una fase di ricerca della futura leadership dei moderati italiani, piuttosto che attendere una crisi che potrebbe rivelarsi improvvisa, convulsa e di difficile gestione. Cordialmente. VL
maurizio - ravenna - Mail - martedi 15 febbraio 2011 19.42
In accordo o meno su quanto leggo, sono speranzoso che questi confronti e dibattiti in qst sito, egr. Lusanna, riescano ad arricchire oltre al proprio senno, anche la coscienza politica di ognuno di noi.
Ma la mia modesta impressione è che ci sia nell'aria una esigenza di un capro espiatorio per nascondere la verità delle cose. In questo caso il mostro "berlusconi" è il capro espiatorio "del morto lui si ricomincia a vivere". SI!! perchè su tutti gli articoli che leggo nessuno sembra aver il coraggio di urlare in piazza che siamo sotto un regime di dittatura della magistratura. Come è possibile che dal 92 l'italia venga tenuta sotto scacco da un pool di magistrati che continua ogni giorno a tessere la tela dell'inquisizione usando impropriamente il proprio potere giudiziario per sovvertire il volere, la scelta della maggioranza degli italiani? Ma come è possibile che 1 Di pIetro che altri magistrati si ritrovino a dirigere partiti?Quella parte che per cultura fa fatica a scendere in piazza, lavora, e crede nella funzione della politica, quella che non crede che lo sciopero o l'assalto alle diligenze dei pendolari possano risolvere il problema dell'economia perchè sono ritenuti meno importanti delle scorribande dei sessantottini?. Assistiamo a una costruzione a tavolino di una volontà di aizzare gli uni contro gli altri, come dice giustamente la madrigali, assistendo alla costruzione di odi da riuscire a mettere in crisi anche le migliori amicizie da lunga data. Ma perchè invece di indignarsi di quella velina o di quelle mutande non si inizia a dubitare che molto prima di mani pulite non fosse già presente questo contesto politico parallelo? Dico a voi giornalisti!! quando fu incolpato Tortora da che parte eravate? Non le sembra che il caso Berlusconi possa ridarvi una occasione per riscattarvi dalla brutta figura che faceste nel scagliarvi allora contro un innocente? questo vorrei ascoltare dalla nuova generazione "giornalisti !! di quelli che si forgiano di essere grandi osservatori della vita di questa repubblica.


 1