Alessandro LozziLa Storia d'Italia, come tutti sanno e soprattutto i laici non dovrebbero mai scordare, è da sempre condizionata in modo inestricabile dalle scelte d'oltre Tevere. Anche l'Italia dell'Ulivo, e quella che noi auspichiamo prossima del post Ulivo, non prescinde da questa realtà. L'argomento non si presta a semplificazioni o riassunti. Proviamo, tuttavia, a vederne gli aspetti salienti per trarre poi una conclusione attuale. Cominciamo dall'unità d'Italia: se questa è stata frutto del laicismo (anzi dell'anticlericalismo, cioè dell'idea portante ed unificante che consacrando l'ideale di libertà ha fatto sì che l'Italia divenisse una e indipendente) lo si deve principalmente al fatto che, mentre da un lato il movimento cattolico liberale italiano di Rosmini e Gioberti non riuscì nell'associare alla ricerca di una riforma religiosa la rivendicazione dell'unità d'Italia, dall'altro la spinta unitaria era fortissima, inarrestabile. Quella sorta di confederazione con alla guida il Papa che Gioberti immaginava non prese corpo proprio perché Pio IX rifiutò di associarsi alla guerra condotta contro l'Austria e ruppe con il movimento nazionale italiano. Fu ancora Pio IX nel 1864 con l'enciclica Quanta cura e il Syllabo, cioè un catalogo di idee considerate erronee, a condannare il liberalismo. Da quelle a scelte ha inizio lo stato di minorità dei cattolici liberali all'interno del mondo della Chiesa e la conseguente estraneità alla cultura liberale dello Stato. Basti dire che solo con il Concordato del 1929 la Chiesa riconobbe l'unità d'Italia e superò definitivamente il "non expedit" che aveva mantenuto i cattolici ai margini della vita politica. Fu proprio grazie al definitivo superamento del "non expedit" che alla fuoriuscita dal fascismo i cattolici italiani poterono trovarsi riuniti in un partito popolare democratico cristiano fondato da un prete, don Sturzo, che subito divenne il partito di maggioranza relativa. La Dc e la Chiesa, vivendo nel tempo della guerra fredda, rappresentarono l'argine al comunismo e ciò non tanto e non solo per ragioni di principio e per avversione al materialismo storico ma anche perché in Unione Sovietica come in Cina, in Cecoslovacchia come in Ungheria ed Polonia, insomma ovunque governavano i comunisti la Chiesa era vittima di persecuzioni. Ciononostante, la Chiesa non ha mai sposato la cultura liberale tanto che all'interno della Dc nacque e crebbe prima confusamente, poi in forma sempre più radicata e diffusa, quella politica che si riassume con il nome di "progetto cattolico sociale". Sotto il papato di Paolo VI il progetto si caratterizzò appieno come terza via tra il comunismo ed il liberalismo con l'obiettivo dichiarato della Chiesa di animare con il proprio modo di agire la società contemporanea. La caduta del muro di Berlino ha reso più accentuata questa politica perché, venendo meno la necessità della lotta al materialismo marxista, il papato di Wojtila, che degli orrori del comunismo e dell'impegno anticomunista della Chiesa era la rappresentazione vivente, non potè che spendersi per impedire l'omologazione del cattolicesimo al modello vincente del capitalismo. Ciò avvenne appunto valorizzando la dottrina sociale della Chiesa ed offrendola al mondo come fonte di civilizzazione, rimedio autentico alla crisi del significato della vita moderna, alla caduta delle tensioni ideali, all'edonismo che, si dice, caratterizza le società contemporanee. E' questa la chiave di lettura con cui va interpretata la posizione di Giovanni Paolo II che, rompendo la solidarietà atlantica, annunciò al mondo la sua obiezione radicale alla guerra del Golfo, la medesima chiave di lettura che, tornando al nostro piccolo Paese, consente di comprendere perché il mondo ecclesiastico abbia parteggiato per l'alleanza elettorale dell'Ulivo sino ad essere determinante per sconfitta della CdL. Diciamocelo, amaramente ma con franchezza: in definitiva, la discesa in campo di Berlusconi ha ridotto noi poveri laici a sperare nella Chiesa e nei cattolici! Ci resta una consolazione, una sorta di provvidenziale legge del contrappasso: se il mondo ecclesiastico e i cattolici italiani faranno questa scelta, noi saremo con loro, ma loro saranno costretti ad abbandonare definitivamente la visione del cattolicesimo sociale e sposare indissolubilmente il cattolicesimo liberale di Rosmini, Gioberti, Sturzo e De Gasperi. E tanto basti a salvarci l'anima.
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