Vittorio LussanaMercoledì scorso ho visto il nuovo leader del Pd, Walter Veltroni, ospite a ‘Porta a Porta’. E devo dire che sono rimasto sinceramente sconvolto dalla grande supponenza di questo candidato premier, che non era minimamente in grado di comprendere una serie di questioni relative alla mancata alleanza del suo partito con i socialisti e alle difficoltà di chiudere un accordo con i radicali. A questi ultimi, dopo avergli per l’ennesima volta affibbiato la consueta patente di ‘laicisti’ fustigatori di sacerdoti, li ha accusati di aver fatto proprio un tema, quello della laicità dello Stato, che rappresenta un principio sancito dalla Costituzione, dunque intangibile. Non si è trattato di un’obiezione formale derivante da un’interpretazione puramente ‘letterale’ della Carta costituzionale, bensì di un vero e proprio autogol, poiché Veltroni si presenta come il segretario nazionale del Partito democratico, ovvero di una formazione politica che ha fatto proprio quel principio di democrazia sancito anch’esso dalla Costituzione, addirittura all’articolo 1. Due domande mi sono dunque sorte spontanee: se la laicità non viene messa in discussione da nessuno, in questo Paese, vi è forse qualche pericolo per la democrazia? E che genere di democrazia è quella in cui un Veltroni qualsiasi può sentirsi libero di definire la propria identità contestando quella degli altri? In seguito, incalzato dal collega Pirani, si è mostrato incuriosito dal fatto che i socialisti non chiudano un accordo di confluenza all’interno del Pd: ma qualcuno glielo spiega che esiste una questione socialista, in Italia, dopo il caos creato negli anni 1992 – 1994, in cui improvvisamente, dopo quarant’anni di malversazioni e corruttele di svariato genere, alcuni magistrati hanno preso a pretesto degli episodi specifici per devastare l’intero mondo politico e condannare sommariamente alcuni suoi protagonisti? Nessuno ha spiegato a Veltroni che proprio i socialisti sono coloro che intendevano ristabilirsi a sinistra al fine di riuscire a voltare pagina rispetto ad alcuni errori, che poi erano i medesimi di tutti gli altri partiti, pur di riaprire un discorso di riappacificazione con tutto il mondo ‘neoriformista’ italiano? A me personalmente, Veltroni è sembrato tanto un tipo che è stato troppo tempo al di fuori delle contese quotidiane. E credo che abbia perso per strada numerosi ‘passaggi’ inerenti a tante questioni, a partire da quella di una giustizia giusta. Anzi, l’impressione più forte è stata quella di un esponente che proveniva direttamente dal 1998, attraverso un salto spazio-temporale legato non alle vicende del governo Prodi II, ma a quelle del Prodi I. E che dunque vorrebbe costringere gli italiani ad un nuovo, ennesimo, ritorno all’indietro. Infine, il suo parlare di futuro rimane un elemento che discende direttamente della vecchia cultura italo – marxista, uno strascico di utopismo che lo porta a non vedere i problemi del presente e a parlare d’altro, del Paese che si vorrebbe, del Paradiso che si intende raggiungere. Ma un vero riformista sa bene che i miglioramenti del futuro si costruiscono proprio sul presente, con il lavoro e l’impegno quotidiano. Insomma, a me questo Veltroni non è piaciuto affatto: mi è tanto sembrato un ‘pariolino’ di sinistra. Continuerò a seguire le vicende di questa ambigua campagna elettorale. Ma sono certo che gli italiani non si lasceranno conquistare dalla sua supponenza.


(articolo tratto dal quotidiano 'L'opinione delle Libertà' del 15 febbraio 2008)
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