Vittorio LussanaE’ stato presentato, nei giorni scorsi, presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, un ricorso introduttivo degli avvocati Teodoro Klitsche de la Grange e Vincenzo Palumbo, i quali impugnano gli atti di proclamazione degli eletti alle elezioni regionali del Lazio 2010 dell’Ufficio centrale elettorale della Corte d’Appello di Roma, sia per l’eletto presidente, sia per i consiglieri regionali, nonché per tutti gli atti precedenti connessi, sia antecedenti, sia conseguenziali. La qual cosa significa che le recenti consultazioni regionali tenutesi lo scorso 28 e 29 marzo 2010 potrebbero essere annullate e che l’ente Regione potrebbe vedersi commissariato pro tempore, in attesa di una nuova elezione amministrativa da tenersi o nel prossimo autunno o, più probabilmente, nella primavera del 2011. Il ricorso presentato dagli avvocati de la Grange e Palumbo in rappresentanza del presentatore della lista, Nazareno Ferrazza, delegato del Segretario nazionale del Pli, Stefano de Luca e del candidato, nonché consigliere regionale uscente, Antonietta Brancati, in sostanza accuserebbe la Regione Lazio, l’Ufficio centrale regionale presso la Corte di Appello di Roma e il Partito democratico di violazione ed evidente falsa interpretazione del nuovo Statuto regionale del Lazio così come modificato a seguito della riforma del Titolo V parte II della Costituzione italiana. Già il caso della lista Liberal – Sgarbi, in effetti, riammessa all’ultimo momento e presentatasi alle urne senza aver potuto minimamente svolgere la propria campagna elettorale, aveva già sollevato più di qualche dubbio. Ora, a seguito di questo ulteriore ricorso del Partito liberale italiano, la cui lista a sostegno della candidata presidente del centrosinistra, Emma Bonino, era stata rigettata in sede di presentazione a causa del mancato raggiungimento del numero di firme necessarie, negli ambienti politici romani si dà quasi per certo il possibile annullamento delle recenti consultazioni regionali che hanno visto la vittoria della candidata del centrodestra, Renata Polverini. Ecco qui di seguito il testo del ricorso presentato in questi giorni innanzi al Tar del Lazio, che presto si pronuncerà in merito alla questione:

ECC.MO T.A.R. DEL LAZIO
RICORSO (connesso ai 2393/2010 e 2507/2010)
 di Antonietta BRANCATI e Nazareno FERRAZZA, rappresentati e difesi per procura a margine del ricorso introduttivo dall'avv. Teodoro Klitsche de la Grange e presso lo stesso domiciliati in Roma, Via degli Scialoja n.6 e dall'avv. Vincenzo Palumbo, i quali impugnano l'atto sia quali cittadini-elettori della Regione Lazio, sia quale presentatore della lista e delegato del Segretario Generale del PLI (Ferrazza) e candidato (Brancati), sia quale consigliere regionale uscente (Brancati).
NEI CONFRONTI DI
- REGIONE LAZIO, in persona del legale rapp.te pro tempore
- UFFICIO CENTRALE REGIONALE c/o la Corte d’Appello di Roma.
- PARTITO DEMOCRATICO, in persona del legale rappresentante pro-tempore nella sede legale in Roma, Via Sant’Anastasia, n. 7 quale eventuale controinteressato, nonché della on.le Renata Polverini, Presidente della Regione Lazio e dei sigg…..Consiglieri Regionali proclamati eletti
per impugnare gli atti di proclamazione degli eletti alle elezioni regionali del Lazio 2010 dell’Ufficio centrale elettorale della Corte d’Appello di Roma sia per l’eletto Presidente che per i consiglieri, nonché tutti gli atti precedenti connessi, sia antecedenti che conseguenziali.
PREMESSA
I ricorrenti hanno già presentato ricorsi contro l'atto qui impugnato, iscritti al n. R.g. 2393/2010  e 2507/2010 e fissati all'udienza del 05/05/2010 per la discussione. Ai fatti ivi descritti si riportano e qui integrano.
FATTO
In data 29 ottobre 2009 con decreto 201/VIII (doc. 3) il Presidente del Consiglio Regionale del Lazio on.le Bruno Astorre decretava “- di dare atto, ai sensi dell’articolo 44, comma 2 dello Statuto, dell’esistenza di una causa di cessazione dalla carica del Presidente della Regione Lazio Pietro Marrazzo consistente nelle dimissioni rassegnate dallo stesso;
- di dare altresì atto che, ai sensi dell’articolo 19, comma 4, dello Statuto il Consiglio regionale è sciolto”.
Di conseguenza si apriva il procedimento elettorale.
Con decreto 26/01/2010 n. 17 (doc. 1) il Vice-Presidente della G.R. deliberava d’indire le elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale del Lazio.
Qualche tempo dopo la Regione diffondeva le “Istruzioni integrative per la presentazione e l’ammissione delle candidature” (doc. 2), a p. 32 delle quali si può leggere “Ai sensi dell’articolo 9, comma 2, della legge 17 febbraio 1968, n. 108 la dichiarazione di presentazione della lista provinciale dei candidati deve essere sottoscritta, per la sua validità:
a) da almeno 1000 a non più di 1500 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle circoscrizioni elettorali provinciali di Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo;
b) da almeno 2000 a non più di 3000 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nella circoscrizione elettorale provinciale di Roma”.
Onde il Partito Liberale, confidando su quanto scritto iniziava la raccolta delle firme per la presentazione della lista, insieme con i repubblicani. La lista si chiama “Partito liberale italiano – rinascita repubblicana” ed appoggia la candidatura dell’On. Bonino
Tuttavia l’alto numero delle firme richieste non era raggiunto. Ne erano raccolte n. 1.560 per la provincia di Roma; n. 580 per la provincia di Frosinone e n. 560 per la provincia di Rieti (v. moduli esibiti in fotocopia – doc. 4).
Confidando nel dato del numero delle firme indicato nelle istruzioni regionali, essendo insufficienti quelle raccolte, le liste nelle tre province prefate non erano presentate. Tuttavia risultava che all’udienza dell’11 marzo u.s. questo ecc.mo T.A.R. (Sezione II° bis) ha accolto i ricorsi di tre liste invocanti la necessità di un numero di sottoscrizioni dimezzato, in base alla normativa appresso specificata”; onde i ricorrenti presentavano un primo ricorso a questo T.A.R. (2399/2010) Sussiste anche un’altra ragione per l’annullamento totale dell’atto impugnato (decreto 26/10/2010 n. 17), che si espone di seguito. Pertanto in un secondo ricorso (2509/2010) era    dedotta la violazione di legge e l’incompetenza del Vice-Presidente on.le Montino a sostituire il Presidente on.le Marrazzo a indire le elezioni. Successivamente si svolgevano le elezioni e l’Ufficio centrale regionale iniziava a proclamare gli eletti (v. atti impugnati sub 1 – allegato).
DIRITTO
MOTIVO I
Violazione e falsa applicazione dell'art. 44 e 45 Statuto Regione Lazio (L.s. Regione Lazio 11/11/2004, n.1); incompetenza e violazione di legge
1.0     L’interpretazione letterale.
In materia di durata in carica degli organi politici regionali lo Statuto del Lazio all'art. 45, co. 4 dispone che “il Presidente della regione e la Giunta durano in carica fino alla proclamazione del Presidente della Regione neoeletto”. Pertanto il principio generale, confermato dall'art. 45, co. 6 dello Statuto, è quello della prorogatio dei poteri, peraltro esteso dall'art. 28, co. 1 dello Statuto anche ai Consiglieri Regionali. Con riguardo al caso specifico, il Consiglio regionale è stato sciolto con decreto del Presidente del Consiglio regionale Astorre del 29 ottobre 2009 sulla base espressamente citata nel decreto stesso delle intervenute dimissioni volontarie del Presidente Marrazzo ai sensi dell'art. 44, co. 1 dello Statuto. Da questo momento in poi sono dimissionari tanto il Consiglio quanto il Presidente quanto la Giunta, compreso il Vicepresidente, giusta l'art. 44, co. 1 dello Statuto. In caso di dimissioni volontarie non opera la cosiddetta “reggenza” del  Vicepresidente di cui all'art. 45, c. 6 dello Statuto. E' il caso di riportare il testo dell'art. 45, co. 6 dello Statuto: “La giunta dimissionaria ai sensi dell'art. 19, co. 4, dell'at. 43, co. 2, dell'art. 44, co. 1, resta in carica, presieduta dal Presidente della Regione, ovvero dal Vicepresidente nei casi di rimozione, decadenza, impedimento permanente e morte del Presidente, limitatamente all'ordinaria amministrazione, fino alla proclamazione del Presidente della Regione neoeletto”. Se si dà alla congiunzione “ovvero” il giusto valore, appare di tutta evidenza che detta reggenza opera solo nei casi tassativamente ivi indicati: morte, impedimento permanente, rimozione o decadenza del Presidente. Invece, in caso di dimissioni volontarie, che pure da luogo insieme ai quattro casi su citati allo scioglimento anticipato del Consiglio ai sensi dell'art. 44, co. 1 dello Statuto richiamato nell'art. 45, co. 6 dello Statuto, la Presidenza della Giunta dimissionaria continua a spettare al Presidente dimessosi volontariamente. La ratio della disposizione appare chiara; in caso di interruzione traumatica per eventi esterni e involontari che portino al decesso del Presidente o minino gravemente la salute o la libertà del Presidente (immaginiamo che il Presidente diventi incapace di intendere e volere o sia stato sequestrato da terroristi) o che ne determinino la rimozione o decadenza risulterebbe assai inopportuno o impossibile che il Presidente continui a presiedere la Giunta. Viceversa nel caso in cui è lo stesso che ha dato volontariamente le dimissioni si ritiene che sia fisiologico che porti a termini il mandato, seppure con poteri di Giunta “dimezzati” limitati all'ordinaria amministrazione ai sensi dello stesso art. 45, co. 6 dello Statuto. A rafforzare detta interpretazione va sottolineata l'assenza della virgola dopo “Vicepresidente”, assenza che lega saldamente la “reggenza” esclusiva del Vicepresidente -con conseguentemente perdita delle funzioni presidenziali in capo al Presidente- ai soli quattro casi ivi espressamente riportati di scioglimento anticipato del Consiglio regionale (morte, decadenza, impedimento permanente e rimozione del Presidente).
A contrario, l'alternativa sarebbe quella di interpretare la congiunzione “ovvero” nel senso di “o indifferentemente”, il che striderebbe assai con i principi dell'ordinamento e con la stessa logica, giacché il Presidente si troverebbe a guidare la Giunta anche in caso di sua morte o impedimento permanente (il che è impossibile), rimozione o decadenza (il che è altamente inopportuno). Esclusa la “reggenza” del Vicepresidente in caso di dimissioni volontarie, ipotesi in cui al contrario lo Statuto, come si è visto, prescrive la prorogatio dei poteri presidenziali limitatamente a quelli, monocratici o collegiali, da esercitare in seno alla Giunta regionale o quale componente della Giunta regionale (l'art. 45, co. 6 dello Statuto è infatti inserito nell'art. 45 intitolato “composizione e durata in carica”, a sua volta inserito nel Capo III dedicato alla Giunta Regionale e non nel Capo II dedicato al Presidente), lo Statuto disciplina le funzioni vicarie del Vicepresidente nell'art. 45 co. 2, che recita “il Vicepresidente sostituisce il Presidente in caso di assenza o impedimento temporaneo”. Detta disposizione è inserita all'interno dell'art. 45, articolo e Capo III intitolati come detto sopra. Pare evidente che in caso di dimissioni volontarie del Presidente le funzioni vicarie del Vicepresidente, anch'egli automaticamente dimissionario, operino solo se vi sia un’assenza temporanea per attività da espletarsi in seno alla Giunta regionale, ed attengono al potere di convocare e presiedere l'organo collegiale, disciplinandone i lavori, al posto del Presidente assente o indisposto. Appare peraltro decisivo che mentre l'art. 44, co. 1, enumera cinque casi di cessazione della carica del Presidente della Regione, l'art. 45, co. 6, ne enumera solo quattro per le funzioni di “reggenza” del Vicepresidente, e il mancante è proprio il caso delle dimissioni volontarie, quello cioè che ha originato lo scioglimento del Consiglio e le elezioni.
1.1    Peraltro, sempre in caso di dimissioni volontarie, non si ritiene ammissibile che il Vicepresidente dimissionario possa sostituire automaticamente il Presidente, anche se munito di delega di questi, per il compimento di tutti gli atti presidenziali monocratici elencati nell'art. 41, intitolato “Funzioni”, ed inserito nel Capo II dedicato al “Presidente della Regione”. Difatti l'art. 41, unitamente agli art. 19, co. 1, 40, co. 1 e 43 dello Statuto concorre a delineare la forma di governo laziale come forma “presidenziale” o (meglio) “semi-presidenziale”, dal momento che all'elezione popolare diretta del Presidente e del Consiglio regionale si aggiunge il potere di sfiducia dell'assemblea nei confronti di Presidente e Giunta. Ne deriva che la provvista funzionale che lo Statuto assegna  al cosiddetto governatore della regione è strettamente riconnessa al ruolo di capo dell'esecutivo regionale legittimato direttamente dal corpo elettorale, e difficilmente è ammissibile che il Presidente della Regione possa essere sostituito o farsi sostituire in caso di assenza o impedimento temporaneo nella firma di atti monocratici rientranti nell'elenco di cui all'art. 41. Inoltre detto articolo non contiene un elenco tassativo degli atti presidenziali, posto che il co. 10 prevede un rinvio ad ulteriori funzioni previste nella Costituzione, nello Statuto o nelle leggi. Tra dette leggi rientra senza dubbio l'art. 5 della legge regionale 2 del 2005, che espressamente prevede che il decreto di indizione delle elezioni regionali sia sottoscritto dal Presidente della Regione. Orbene anche un approccio sistematico dell'ordinamento milita in favore della tesi secondo cui generalmente il potere di indizione delle elezioni e di fissazione della data delle elezioni stesse (art. 87 Cost. Concernente l'indizione delle elezioni delle Camere da parte del Presidente della Repubblica)- lasciando da parte la questione della riconducibilità agli atti presidenziali sostanzialmente propri o sostanzialmente governativi o sostanzialmente complessi legata all'istituto della controfirma anche perché, diversamente dal livello statale, a livello regionale il Presidente della Regione assomma in sé la figura di organo di rappresentanza legale dell'ente e di garanzia con quella di vertice dell'esecutivo- è difficilmente delegabile o suscettibile di essere esercitato da organi con funzioni vicarie se non si è in presenza di un gravissimo impedimento del titolare della funzione. I certificati medici di stress psico-fisico prodotti dal Presidente Marrazzo prima e/o dopo le sue dimissioni non costituiscono certo un impedimento permanente irrimediabile quale quello richiesto dallo Statuto regionale perché operi la cosiddetta “reggenza”. Occorrerebbe una vera e propria incapacità di intendere e volere, quale quella che avvenne durante il mandato del Presidente della Repubblica Segni, o nella Regione Lazio, all'assessore alla cultura on.le Cutolo.
1.2    Per i motivi detti sopra tanto una delega amministrativa del Presidente al Vicepresidente per l'esercizio delle funzioni presidenziali di cui all'art.41 rilasciata prima o dopo le dimissioni volontarie del Presidente, quanto il mero esercizio di fatto delle funzioni presidenziali da parte del Vicepresidente per assenza o impedimento temporaneo del Presidente di fatto cozzerebbero contro l'art. 45, co. 2 e 6 dello Statuto. Per detti motivi il Decreto Presidenziale di indizione delle elezioni regionale nel Lazio n. 17 del 26 gennaio 2010, firmato da Esterino Montino in qualità di Vicepresidente, non poteva essere validamente deciso e firmato da Montino, spettando la firma al Presidente Marrazzo. A maggior ragione se si evidenzia che- come ha accertato il T.A.R del Lazio poche settimane orsono - dette elezioni si qualificano come “anticipate” alla luce dell'avvenuto scioglimento anticipato del Consiglio Regionale- il Vicepresidente Montino (“funzionario di fatto” nel caso di specie) le ha fissate per una data successiva al termine perentorio previsto dalla legge. Ammesso e non concesso dunque che Montino potesse firmare al posto di Marrazzo il decreto che ha indetto le elezioni, certamente Montino non poteva fissarle in una data contraria a quella prevista dalla legislazione vigente. Pertanto i due profili di illegittimità del decreto Montino, quello dell'incompetenza (relativa) dell'organo che l'ha firmato (il Vicepresidente della Giunta regionale) e quello della violazione delle norme legislative sul termine perentorio per elezioni regionali anticipate, insieme si rafforzano e portano al risultato dell'annullamento dell'intero procedimento elettorale nel Lazio.
L’interpretazione logico-sistematica
1.3 Nell’ultimo ventennio l’ordinamento degli enti politici territoriali sub-statali (ma, anche, in misura minore, quello statale) è profondamente mutato: da un modello (tendenziale e prevalente) a carattere assembleare-parlamentare a uno presidenziale.
Le innovazioni al Titolo V (p. II) Costituzione.
1.4 Le tappe di questa trasformazione sono state per Comuni e Province le L. 142/90 e L.81/93; per le Regioni, che qui interessa, la novella costituzionale (L.c. 22/11/1999 n. 1 e successive integrazioni), con le profonde innovazioni al titolo V – (parte seconda) della Costituzione e le (conseguenti) novellazioni/revisioni degli Statuti regionali (tra cui quello della Regione Lazio, avvenuto con L.S. 11/11/2004, n. 1).
Pur nel rispetto dell’autonomia statutaria regionale la Costituzione (novellata) indica alcuni principi/direttive in materia statutaria (e di ordinamento) regionale.
Con l’art. 121 indica gli organi e le loro funzioni/poteri, in omaggio alla distinzione dei poteri (I comma): legislativo al Consiglio regionale (II comma); esecutivo alla Giunta (III comma); di direzione politica (e “centralità istituzionale”) al Presidente della Regione (IV comma).
L’art. 122 (ultimo comma) dispone che “Il Presidente della Giunta regionale, salvo che lo statuto regionale disponga diversamente, è eletto a suffragio universale e diretto. Il Presidente eletto nomina e revoca i componenti della Giunta”. Quindi Consiglio e Presidenza sono ambedue eletti direttamente dal corpo elettorale; il Presidente nomina (e revoca) i componenti della Giunta. È chiarissimo in queste disposizioni: a) la dipendenza diretta dal voto popolare dei due organi, senza la “mediazione” dell’elezione o della fiducia del Presidente da parte del Consiglio; b) l’autonomia del Presidente che nomina l’esecutivo di propria fiducia (la Giunta), senza intervento (di fiducia o d’altro) da parte del Consiglio. Ovviamente ambedue queste innovazioni sono tipiche degli ordinamenti presidenziali (o semi-presidenziali) (v. artt. 6  e 8 Cost. V Rep. francese; art. II, sez. I Cost. U.S.A.).
L’art. 126, in mancanza di un autonomo e discrezionale “potere di scioglimento” dell’organo legislativo, attribuito per il Parlamento al Presidente della Repubblica, lega lo scioglimento all’approvazione della mozione di sfiducia (o a determinati casi di cessazione della carica del Presidente) “L’approvazione della mozione di sfiducia nei confronti del Presidente della Giunta eletto a suffragio universale e diretto, nonché la rimozione, l’impedimento permanente, la morte o le dimissioni volontarie dello stesso comportano le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio.
In ogni caso i medesimi effetti conseguono alle dimissioni contestuali della maggioranza dei componenti il Consiglio”; e quindi segue l’indizione di nuove elezioni.
Lo Statuto regionale del Lazio.
1.5 Il modello presidenziale delineato dalla novella al Titolo V della Costituzione è stato puntualmente seguito dalla Regione Lazio la quale con L.S. 11/11/2004 n. 1 si è data un nuovo Statuto.
Questo all’art. 18 dispone: “La forma di governo della Regione è determinata dallo Statuto regionale, in armonia con i principi della Costituzione e in osservanza del principio della separazione dei poteri”; l’art. 19 (ultimo comma) prescrive lo scioglimento del Consiglio in caso di dimissioni della maggioranza dei consiglieri; l’art. 23 l’attribuzione al Consiglio della funzione legislativa; l’art. 40, comma I, ripete  la disposizione costituzionale che “Il Presidente della Regione è eletto a suffragio universale e diretto, in concomitanza con il rinnovo del Consiglio regionale”. Segue l’art. 41 che elenca le funzioni dell’organo-Presidenza; l’art. 42 la nomina e revoca dei componenti della Giunta (“Il Presidente della Regione, entro dieci giorni dalla proclamazione, nomina i componenti della Giunta regionale, tra i quali un Vicepresidente, scegliendoli anche al di fuori del Consiglio regionale”; l’art. 43 la mozione di sfiducia (“1. Il consiglio regionale esprime la sfiducia nei confronti del Presidente della Regione mediante mozione motivata, sottoscritta da almeno un quinto dei suoi componenti e approvata per appello nominale a maggioranza dei componenti stessi. La mozione non può essere messa in discussione prima di tre giorni e non oltre venti giorni dalla presentazione.
2. L’approvazione della mozione di sfiducia comporta le dimissioni della Giunta regionale e lo scioglimento del consiglio”). L’art. 44  disciplina le ulteriori cause di cessazione dalla carica di Presidente “1. Le dimissioni volontarie, la rimozione, la decadenza, l’impedimento permanente e la morte del Presidente della Regione comportano le dimissioni della Giunta regionale e lo scioglimento del Consiglio regionale.
2. L’esistenza di una causa di cessazione dalla carica di Presidente della Regione, fatta salva l’ipotesi della rimozione nonché di scioglimento del Consiglio ai sensi dell’art. 126, Comma 1, della Costituzione, è dichiarata con proprio decreto dal Presidente del Consiglio regionale”. Da cui consegue il principio che Presidente e Consiglio simul stabunt simul cadent; è escluso che il Consiglio possa nominare altro Presidente, neanche per l’ordinaria amministrazione e limitatamente al periodo elettorale.
L’art. 45 è particolarmente interessante ai fini della soluzione della questione de qua.
Infatti il comma 1 conferma la nomina dei componenti della Giunta da parte del Presidente (art. 42), tra i quali espressamente cita il Vice-Presidente.
Il comma 2 dispone che “Il Vicepresidente sostituisce il Presidente in caso di assenza o impedimento temporaneo”; il comma 4 la durata del Presidente e della Giunta “Il Presidente della Regione e la Giunta durano in carica fino alla proclamazione del Presidente della Regione neoeletto” (quindi fino alla nuova elezione da parte del corpo elettorale). Il che esclude la nomina di sostituti anche temporanei.
Il comma 6 prescrive “La Giunta dimissionaria ai sensi dell’art. 19, comma 4, dell’articolo 43, comma 2, dell’articolo 44, comma 1, resta in carica, presieduta dal Presidente della Regione ovvero dal Vicepresidente nei casi di rimozione, decadenza, impedimento permanente e morte del Presidente, limitatamente all’ordinaria amministrazione, fino alla proclamazione del Presidente della Regione neoeletto”. Il che conferma sia il principio che a governare è sempre il Presidente eletto dal corpo elettorale, sia che i casi di “reggenza” del Vicepresidente non coincidono in tutto con quelli elencati nell’art. 44, perché manca il caso delle dimissioni volontarie, cioè proprio quello che costituisce la ragione delle discussioni del Presidente Marrazzo: non solo fatto notorio, ma accertato e dichiarato nell’atto del Presidente del Consiglio regionale (Astorre) del 29 ottobre 2009, 201/VIII, quale causa di scioglimento del Consiglio.
Tutte tali disposizioni confermano il principio che a dirigere “l’esecutivo” è chi è stato eletto dal corpo elettorale alla carica di Presidente: non solo la nomina diretta per elezione, ma la “clausola di dissolvenza” per cui sia la sfiducia che altre cause di cessazione dalla carica di Presidente comportano l’automatico scioglimento del Consiglio, e la stessa durata della carica, per cui, anche in caso di crisi politica (con convocazione dei comizi elettorali) continua a governare il Presidente uscente eletto, fino all’insediamento del nuovo Presidente eletto.
Il sistema negli  enti locali
1.6 D’altra parte un sistema assai simile vige per le elezioni comunali e provinciali. La L. 25/03/1993 n. 81, all’art. 6 dispone “Nei comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti, il sindaco è eletto a suffragio universale e diretto, contestualmente all’elezione del consiglio comunale”; l’art. 8 dispone che “Il Presidente della provincia è eletto a suffragio universale e diretto, contestualmente alle elezioni del consiglio provinciale. La circoscrizione per l’elezione del presidente della provincia coincide con il territorio provinciale”; l’art. 12 prescrive “1. All’art. 36 della legge 8 giugno 1990, n. 142, è premesso il seguente comma:
«01. Il sindaco e il presidente della provincia sono gli organi responsabili dell’amministrazione del comune e della provincia».
2. Il comma 1 dell’art. 36 della legge 8 giugno 1990, n. 142, è sostituito dal seguente:
«1. Il sindaco e il presidente della provincia rappresentano l’ente, convocano e presiedono la giunta, nonché il consiglio quando non è previsto il presidente del consiglio, e sovrintendono al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti»”; l’art. 16, comma II “il sindaco e il presidente della provincia nominano i componenti della giunta, tra cui un vicesindaco, e ne danno comunicazione al consiglio nella prima seduta successiva alla elezione unitamente alla proposta degli indirizzi generali di governo. Il consiglio discute ed approva in apposito documento gli indirizzi generali di governo”; particolarmente importante è l’art. 18, II comma che prevede “Il sindaco, il presidente della provincia e le rispettive giunte cessano dalla carica in caso di approvazione di una mozione di sfiducia votata per appello nominale dalla maggioranza assoluta dei componenti il consiglio. La mozione di sfiducia deve essere motivata e sottoscritta da almeno due quinti dei consiglieri assegnati e viene messa in discussione non prima di dieci giorni e non oltre trenta giorni dalla sua presentazione. Se la mozione viene approvata, si procede allo scioglimento del consiglio e alla nomina di un commissario ai sensi delle leggi vigenti (cfr. art. 20, comma 3°)” (anche qui è escluso che gli organi consiliari possano eleggerne uno nuovo o sostituirlo anche surrettiziamente).
Anche l’art. 20 di detta legge è illuminante “In caso di dimissioni, impedimento permanente, rimozione, decadenza o decesso del sindaco o del presidente della provincia, la giunta decade e si procede allo scioglimento del consiglio.
Il consiglio e la giunta rimangono in carica sino alla elezione del nuovo consiglio e del nuovo sindaco o presidente della provincia. Sino alle predette elezioni, le funzioni del sindaco e del presidente della provincia sono svolte, rispettivamente, dal vicesindaco e dal vicepresidente” (comma 1°); e al 4° comma “Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale determina in ogni caso la decadenza del sindaco o del presidente della provincia nonché delle rispettive giunte”. Nella legge suddetta è esplicitamente previsto, anche per il caso di dimissioni del Sindaco, la “reggenza” del vice, mentre per la Regione Lazio, no.
Anche per gli enti politici territoriali, con la variante della nomina del Commissario, è comunque escluso che si possa arrivare a prassi di sostituzione surrettizia del Presidente (attraverso  un vicepresidente all’uopo designato), se non per il tempo strettamente necessario al rinnovo elettorale degli organi. L’unica differenza appare che, nel caso dei Comuni e delle Province, la “reggenza” dei “vice” comprende, diversamente dallo Statuto della Regione Lazio, anche il caso di dimissioni.
1.7 Deriva, anche dall’esame della legislazione elettorale (e ordinamentale) degli enti locali che nel “sistema delle autonomie” è stato attuato (almeno tendenzialmente  per le Regioni) il sistema presidenziale ponendo organo consiliare e organo “governativo” in una situazione di sostanziale equilibrio, diversamente dal sistema assembleare-partitocratico in cui il rapporto tra corpo elettorale ed esecutivo era mediato dall’organo consiliare, per cui v’era una costruzione “a gradi” dell’ordinamento dell’Ente, con il corpo elettorale che sceglieva la rappresentanza consiliare e questa che sceglieva l’ “esecutivo”. Invece nel sistema attuale ambedue – Consiglio e Presidente (Sindaco) – sono eletti direttamente e un contrasto tra i due (o anche solo una vacatio) comporta che il corpo elettorale decida nuovamente (anche anticipatamente rispetto alla scadenza naturale), determinando il nuovo equilibrio col rieleggere gli organi; per cui, rispetto ai due organi “egualmente ordinati” è il corpo elettorale il “terzo superiore” con funzioni decisive, di risoluzione dell’impasse o della crisi (politica) dell’Ente.
La tesi della Regione Lazio
1.8 La Regione Lazio, nella memoria del ricorso R.G. 2507/10 ha sostenuto che la decisione dell’indizione della data delle elezioni da parte del Vicepresidente on. Montino sarebbe dovuta ad una (improbabile) assenza per malattia del Presidente Marrazzo, per cui ad avviso della Regione il tutto sarebbe riconducibile alla norma di cui all’art. 45, II comma dello Statuto della Regione Lazio, cioè quella di sostituzione per “assenza o impedimento temporaneo” del Presidente della Giunta.
Tale ricostruzione è errata in fatto e diritto:
a) quanto al fatto, è arcinoto – e quindi neppure da provare perché notoria non egent probatione, che il Presidente Marrazzo si era dimesso a seguito dello scandalo che lo aveva coinvolto, e delle reazioni del mondo politico.
All’uopo, pur non avendone l’onere, alleghiamo vari articoli di giornale dell’epoca. Vi si legge: “Di Pietro: «Si dimetta» «Marrazzo dovrebbe fare un ulteriore passo indietro: dia le dimissioni al più presto per evitare che la sua auto-sospensione venga interpretata dai cittadini come l’ennesimo papocchio politico»” (Il Giornale.it 27/10/2009). Qualcun altro dubitava assai dell’attendibilità della malattia dell’on. Marrazzo “Il senatore Domenico Gramazio, vicepresidente della Commissione Sanità ha annunciato: «Siamo pronti ad intraprendere azioni legali nei confronti di chi oggi ha firmato il certificato medico al presidente Marrazzo. Si tratta di una vera e propria truffa di chi è evidentemente abituato allo strumento della menzogna, della falsificazione e del raggiro»” (il Gazzettino.it del 27/10/2009). Sul “Giornale.it” del 27 ottobre 2009 si può leggere anche una puntualizzazione giuridica degli on. Gasparri e Quagliariello i quali “hanno presentato ai ministri per i rapporti con le Regioni Raffaele Fitto e dell’Interno, Roberto Maroni un’interrogazione urgente a risposta orale in cui chiedono di verificare l’esistenza della delega a Montino per l’esercizio delle funzioni. In caso affermativo, continuano i senatori «se la suddetta delega sia legittima, considerato che, nella fattispecie, trattasi di un impedimento permanente al quale dovrebbero seguire le dimissioni del presidente». Inoltre, scrivono i parlamentari del PdL, «se allo stato attuale gli organi della Regione siano legittimati a svolgere le rispettive funzioni ovvero se debba intendersi il Consiglio regionale decaduto, mentre la Giunta in carica solo per l’esercizio dell’ordinaria amministrazione»”.
b) Il fatto delle dimissioni del Presidente, è quello costituente il motivo/presupposto dello scioglimento del Consiglio regionale, come dichiarato con atto del Presidente di detto organo del 29/10/2009; onde non è possibile revocare in dubbio che la cessazione della carica del Presidente è quella risultante (il presupposto) di detto atto.
A tale proposito, nella memoria depositata nel ricorso R.G. 2507/2010 la Regione Lazio ha sostenuto: “In realtà nel caso di specie si è verificata la sovrapposizione dei due istituti delle dimissioni e dell’impedimento – rispettivamente previsti dagli artt. 44, comma 1, e 45, comma 2, sicché il Presidente è stato sostituito dal Vicepresidente nell’esercizio di tutte le funzioni ad esso attribuite… Agli atti della Regione esiste la dichiarazione del dr. Marrazzo di impedimento allo svolgimento delle funzioni di Presidente della Regione Lazio (nota del Vice Presidente Montino del 23/03/2010 – All. 3).
Prosegue la memoria della Regione: “Ma anche a prescindere dalla suddetta documentazione non vi è chi possa escludere una condizione personale del Presidente non rapidamente reversibile e compatibile con le responsabilità derivanti dallo svolgimento della carica: costituiscono, infatti, fatti notori le circostanze che lo hanno indotto a rassegnare le dimissioni determinate, quindi, senz’altro da esigenze politiche ma ancor più dall’obiettiva impossibilità a proseguire un’attività fisicamente, mentalmente, psicologicamente impegnativa come la guida di una Regione”.
In sostanza da quanto asserisce la Regione vi sarebbe un … concorso di due situazioni impedienti. Tuttavia nel caso nostro tale ricostruzione appare del tutto inattendibile perché: 1) andava provato che il Presidente Marrazzo fosse impedito in ogni giorno dal 27 ottobre 2009 (data delle dimissioni) fino al 27/01/2010 (data d’indizione dei comizi). Prova che non è stata depositata agli atti, e tale non può essere la dichiarazione del Vicepresidente on. Montino che non ha la competenza  professionale per accertare lo stato di salute del Presidente (non è medico) e, di converso, ha l’interesse a sostenere la tesi dell’”impedimento”, perché così sostituisce il Presidente. Quindi dei due istituti “sovrapposti” il primo è pacifico e risulta dagli atti, il secondo non è provato, non è pacifico ed è anche poco…….credibile.
1.9 In effetti dalla documentazione di stampa allegata, oltre che dalla notorietà del fatto, e quel che più conta del decreto 29/10/2009 del Presidente del Consiglio regionale Bruno Astorre risulta:
a) che l’on.le Marrazzo, dopo qualche giorno dallo “scandalo” che l’aveva coinvolto, e dopo aver affermato che si “autosospendeva” si dimetteva volontariamente
b) che il fatto che avesse una malattia, peraltro così grave da impedirgli di firmare  la paginetta scarsa del decreto d’indizione delle elezioni (v. decreto  firmato per lo stesso scopo dal Vice-Presidente) non è provato e non è credibile . Che poi la “malattia” sia durata tre mesi (dal 27 ottobre 2009 al 27 gennaio 2010) è parimenti non provato e ancora meno credibile.
c) che l’on. MARRAZZO invece abbia goduto e goda di buona salute, al punto che di recente ha anche dichiarato pubblicamente di voler rientrare a lavorare alla RAI, è comprovato dalla documentazione-stampa allegata.
Per cui la tesi regionale è contraddetta dagli atti, dai  fatti, non è provata,  e soprattutto inverosimile: qualche giorno  fa la Cassazione ha definito l’On.le Marrazzo  “vittima di un’imboscata” (cioè di un’estorsione) ch’è proprio                        ciò che appare all’opinione pubblica, e non che sia “vittima dello stress” come ha sostenuto la difesa regionale (nel ric. 2507/2010). Concludendo appare chiaro che la vicenda de qua ha visto violato lo Statuto regionale ed il principio generale dell’ordinamento, che si è sviluppato nell’ultimo ventennio – in particolare nelle istituzioni locali e segnatamente in quelle regionali -, in antitesi e contrapposizione a pratiche istituzionali di segno opposto, per cui legittimato a governare è chi è eletto dal corpo elettorale, da cui consegue che sono vietati  alternanze, staffette, rotazioni e in generale tutta le forme di distribuzione “diacronica” delle posizioni apicali  di governo locale.
Oltretutto, ove non fosse esattamente delimitato il potere temporaneo di sostituzione del Vice-Presidente, sarebbe sufficiente una qualsiasi allegazione di assenza o impedimento per consentire l’esercizio delle funzioni presidenziali a un soggetto non legittimato alle stesse dal voto popolare, cioè proprio quello che la logica del nuovo ordinamento vuole evitare.
MOTIVO II
Violazione e falsa applicazione della L.R. Lazio 13/1/2005 n. 2 e dell’art. 1 (III comma), L. 43/1995, art. 9, L. 17/02/1968 n. 108. (e successive modificazioni ed integrazioni)
2.0 L’art. 1 della L.R. 2/2005 dispone “1. All’elezione del Presidente della Regione e del Consiglio Regionale si applicano le disposizioni della presente legge.
2. Per quanto non espressamente previsto, sono recepite la legge 17 febbraio 1968, n. 108 (Norme per la elezione dei Consigli regionali delle Regioni a statuto normale) e la legge 23 febbraio 1995, n. 43 (Nuove norme per la elezione dei consigli delle regioni a statuto ordinario), e successive modifiche e integrazioni”. Quindi è applicabile, ove non derogato da quella nazionale, la normativa statale vigente, in particolare delle due leggi richiamate.
2.1 Orbene il comma 3 dell’art. 1 L.     43/1995 dispone “In caso di scioglimento del consiglio regionale che ne anticipi la scadenza di oltre centoventi giorni ed in sede di prima applicazione della presente legge, il numero minimo delle sottoscrizioni previsto, per le liste regionali, dal precedente periodo e, per le liste provinciali, dall’art. 9, secondo comma, della legge 17 febbraio 1968, n. 108 e successive modificazioni, è ridotto alla metà”. Quindi essendo stato sciolto il Consiglio regionale il 27/10/2009 cioè prima di centoventi giorni dalla scadenza naturale ( cioè il 4/4/2010) si applica la disposizione sul “dimezzamento” delle sottoscrizioni necessarie a presentare le liste.
L’art 9 comma 2 l. 17968 dispone che le liste devono essere presentate:
a) da almeno 750 e da non più di 1.000 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle circoscrizioni fino a 100.000 abitanti;
b) da almeno 1.000 e da non più di 1.500 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle circoscrizioni con più di 100.000 abitanti e fino a 500.000-abitanti
c) da almeno 1.750 e da non più di 2.500 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle circoscrizioni con più di 500.000 abitanti e fino a 1.000.000 di abitanti;
d) da almeno 2.000 e da non più di 3.000 elettori iscritti nelle liste elettorali di comuni compresi nelle circoscrizioni con più di 1.000.000 di abitanti .”
Dimezzando i suddetti numeri si ha che,  contrariamente a quanto opinato nelle “istruzioni” regionali, erano sufficienti al minimo 500 in tutte le province del Lazio tranne a Roma in cui ne abbisognavano 1000. Anche l’art 9 comma 6° d. lgs. 533 del 1993 dispone che in caso di scioglimento anticipato del Senato ( col limite di 120 giorni) il numero di sottoscrizioni necessarie è della metà, a conferma di un principio ricorrente in più norme. Per cui pare evidente l’errore provocato dalla Regione Lazio, indicando il minimo delle sottoscrizioni senza tener conto del dimezzamento. Errore in cui è caduto il presentatore della lista del “Movimento sociale – Fiamma Tricolore”, prendendo per valida e legittima l’indicazione contenuta nelle istruzioni regionali, confidando nell’esattezza delle medesime.

P.T.M
Si chiede:
* in via definitiva l'annullamento:
1) dell'atto impugnato ovvero il decreto 26/01/2010 n. 17 del Vicepresidente della G.R. Lazio
2) dell’atto di proclamazione degli eletti alla Regione Lazio  
3) degli atti connessi, sia antecedenti che conseguenziali ai predetti.
* Con salvezza di ogni diritto , anche al risarcimento danni.
Si deposita:
1) Atti impugnati (proclamazione degli eletti);
2) Ricorso 2393/2010 notificato il 18/03/2010;
3) Decreto 26/01/2010 n. 17 del Vice-Presidente della Regione Lazio;
4) Istruzioni integrative per la presentazione ed ammissione delle candidature (elezioni regionali 2010) della Regione Lazio;
5) Decreto 29 ottobre 2009 n. 201/VIII del Presidente del Consiglio Regionale del Lazio;
6) Dodici ritagli di stampa e d’agenzia sul caso “Marrazzo”.
Si chiede l'autorizzazione a notificare a mezzo fax (per le resistenti P.P.A.A.) e PUBBLICI PROCLAMI dato l’elevato numero dei contraddittori (76) il presente ricorso come da istanza in calce.

Con osservanza,

Roma, 22 aprile 2010

Avv. Teodoro Klitsche de la Grange


A S.E. IL PRESIDENTE DELLA SEZIONE II bis
Il sottoscritto avv. Teodoro Klitsche de la Grange, rilevato che il suesteso ricorso è indirizzato alle PP.AA. resistenti, nonché al Presidente eletto della Regione Lazio e a 73 (settantatre) consiglieri eletti
CHIEDE
di essere autorizzato a notificare a mezzo fax alle PP.AA. resistenti e a mezzo pubblici proclami agli eletti agli organi regionali sia alla Presidenza che al Consiglio.

Roma, 23/04/2010

Avv. Teodoro Klitsche de la Grange



(articolo tratto dal web magazine www.periodicoitaliano.info)
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