“L’Europa difende solo le zucche di Halloween”, dichiara il cardinal Bertone. E la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo “può andare a morire, perché i crocifissi nelle scuole rimarranno”, ha affermato il ministro La Russa a ‘La vita in diretta’. Il crocifisso deve rimanere nelle scuole “perché soddisfa il nostro bisogno di simboli. Anziché incollare un poster sul muro bianco dietro la cattedra nelle aule, ci attacchiamo un crocifisso, crea ambiente e non danneggia le menti dei nostri ragazzi, perché in quel crocifisso si sentono rappresentati”, ha scritto Vito Mancuso su ‘la Repubblica’. Perché difendere così a spada tratta uno dei simboli, se non forse il simbolo per eccellenza, della cristianità? È un’immagine che raffigura il dolore e la morte, che trasforma uomini e donne in individui aggressivi e violenti. Perché sbracciarsi, sgolarsi e infuriarsi nel difendere un simbolo che non è di tutti, soprattutto in un Paese che ha fatto della laicità uno dei princìpi cardine della sua esistenza e della sua Costituzione? “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” (art. 3 Cost.). Il crocifisso è appeso dietro la cattedra su muro bianco che, sì, probabilmente rimarrebbe vuoto, lasciando ai ragazzi la libertà di scelta se appendere una cartina del mondo o dell’Europa (la geografia, questa sconosciuta!) o un poster dell’ultimo gruppo pop di moda, se proprio sentono la necessità di appendere qualcosa per riconoscersi in qualcuno. Non credo che tutti abbiano il bisogno, nonché il desiderio, di riconoscersi nel crocifisso, che è un simbolo solo per i credenti cristiani. Le scuole pubbliche non sono frequentate solo da alunni di fede cattolica, ma anche da bambini che possono identificarsi in altre religioni o in nessuna delle religioni monoteistiche. E proprio perché le scuole sono pubbliche, dunque di tutti, non dovrebbero avere rappresentati sui propri muri o all’interno della propria struttura alcun simbolo religioso, così come alcun simbolo politico. La scuola pubblica è laica. Ma troppo spesso ci si dimentica il significato proprio di questi due termini: pubblico e laico. Il pubblico viene spesso considerato, da alcuni, come ‘privato’, come un qualcosa che può essere utilizzato per scopi e fini personali. Dimenticandosi che ciò che è pubblico è interesse di tutti o, meglio, è di tutti. Mentre il termine laico configura la non appartenenza alla Chiesa e al clero, dunque indica un concetto di indipendenza e autonomia dal volere, dalle indicazioni e dagli orientamenti suggeriti o imposti dalla Chiesa. Non sono concetti particolarmente complessi: la nostra scuola è laica e pubblica, così come lo sono la aule dei tribunali, i municipi e tutti gli altri edifici che ospitano e che rappresentano la Pubblica Amministrazione. I genitori che proprio non sopportano di veder andare via il crocifisso dall’aula del figlio perché credono in quel simbolo godono della libera scelta di iscrivere il fanciullo nelle scuole cattoliche, dove oltre a quel simbolo amato, gli si potrà garantire un corretto insegnamento della religione cristiano - cattolica (che, in teoria, la scuola pubblica, proprio per le motivazioni poc’anzi descritte, non dovrebbe garantire come unico ed esclusivo insegnamento religioso). Ma la coppia italiana che ha scelto ‘coraggiosamente’ (come ci hanno tenuto tanto a sottolineare i telegiornali, forse per marcare l’incredulità e la gravità del gesto compiuto) di intentare una causa alla Corte di Strasburgo ha solo dato voce ad un bisogno di tanti italiani che non si riconoscono nel crocifisso o in altri simboli religiosi e che ritengono che la laicità dello Stato sia qualcosa di irrinunciabile, per la quale vale la pena battersi.