Alessio SpeldaI fatti di Macerata sono ancora sulla bocca di tutti. Ma c'è una stretta correlazione nei due eventi: una matrice comune. Luca Traini, 28enne maceratese, mentre guidava per le vie della città, il 3 febbraio scorso, in pieno giorno, dopo l'ennesimo straziante notiziario radio che parlava dell'omicidio di Pamela Mastropietro, decide di tornare a casa e di prendere la pistola per sistemare la questione. Il resto lo sappiamo bene: spara e ferisce almeno 6 persone. Il suo obiettivo, dichiarato successivamente, era quello di "dare un segnale a questa gente immigrata. Gli spacciatori sono tutti 'neri': a Macerata è così. Per prima cosa, infatti, mi sono diretto ai Giardini Diaz (dove a Macerata si concentra lo spaccio, ndr), ribadendo inoltre il 'circolo mafioso' di omertà che si crea all'interno delle comunità di immigrati". In un'altra intervista, più recente, Traini ha anche aggiunto di esser stato,nell'infanzia, vittima di 'bullismo', di avere un passato travagliato, legato anche alla sua tossicodipendenza. Questo dimostra l'effettiva instabilità mentale del ragazzo, che però, a nostro parere, non è la causa principale del suo 'exploit'. E non lo è neanche il suo legame con i Partiti di estrema destra. È tutto il contesto, sociale e politico, maceratese, ma anche italiano. L'uomo rappresenta, in questo momento, il sentimento di moltissimi italiani. Ancor di più se accantoniamo la parte xenofoba, che rappresenta la più piccola parte di un insieme più grande. Traini aveva, come obiettivo, quello di colpire gli spacciatori, non gli immigrati in quanto tali. Una volta rilasciato dall'isolamento, egli è stato accolto dagli altri detenuti con gli applausi. E in tanti volevano stringergli la mano. Fuori dalle mura della prigione, anche altri lo hanno difeso, a dimostrazione di un sentimento comune, pur criticandone i modi. Ma non i politici, sia mai: loro non possono permettersi di 'impantanarsi' in una questione così divisiva. Siamo sotto elezioni: suvvia, non scherziamo! Ovviamente, non si sta giustificando il gesto: stiamo cercando di analizzare la vicenda per quello che è. Luca Traini non è soltanto uno xenofobo o un pazzo: prima di tutto, egli rappresenta un fenomeno che, prima o poi, sarebbe esploso comunque. Un'immigrazione poco selettiva e una lunga crisi economica portano inevitabilmente problemi sociali ed economici. Soprattutto, quando un numero cosi alto di immigrati (circa 400 mila, secondo il rapporto Ismu) si ritrova completamente fuori dalla legge. Affermare che Luca Traini abbia ucciso quelle persone perchè razzista significa dare la colpa alla 'goccia', perché ha fatto traboccare il 'vaso' e non al contenuto di esso. Se non vengono prese in considerazione le reali conseguenze delle politiche di immigrazione di questi ultimi anni, è chiaro che ambienti come quelli di Macerata divengano teatro di scontri politici. Perché non si ricordano anche le minacce nei confronti di Carlo Gasparetti, come per esempio un biglietto minatorio davanti alla propria abitazione o il furto dell'auto del figlio? Così facendo, si sta limitando la visione, vedendo solo un piccolo 'squarcio' di essa. Questa visione limitata viene utilizzata da chi il problema non vuole affrontarlo, dagli 'sciacalli' che barattano volentieri la dignità di una persona (anche dei politici stessi, a volte) per un voto in più. Siamo sotto elezioni: ricordiamolo. Ma cosa hanno in comune Pamela e Luca, oltre alla loro città di residenza? Semplice: la pietosa strumentalizzazione e l'efferata violenza del gesto. Ricapitoliamo la vicenda della ragazza: Pamela Mastropietro, anch'essa con un passato di tossicodipendenza - esattamente come Luca Traini - è stata uccisa e, probabilmente, stuprata da 3 nigeriani, fatta a pezzi e messa in due valigie. La parte rilevante della vicenda, tuttavia, è il processo, ancora in corso, dei tre ragazzi di colore, in merito al quale, come sempre, in molti hanno dato per scontata la loro colpevolezza, prima ancora che venissero effettivamente dichiarati colpevoli. I ragazzi nigeriani hanno negato tutto, persino di conoscersi, anche se i tabulati telefonici dimostrano tutt'altro. E allora? Aveva forse ragione Luca Traini? C'è un ambiente 'collaborativo' tra gli spacciatori di Macerata. A confermarlo sono gli inquirenti, che sospettano che Pamela sia stata uccisa perché, dopo essersi drogata, non ha accettato di avere rapporti sessuali con i ragazzi nigeriani, che l'avrebbero violentata e uccisa. Quindi, inconsapevolmente, Traini si è sentito autorizzato a comportarsi come un 'vendicatore'. Ma di questo non se n'è parlato: si è parlato di fascismo e di xenofobia. E nei confronti di Pamela si è parlato di una vittima, di "un sacrificio non vano", come l'ha definito Matteo Salvini. Se n'è parlato seguendo, sempre e rigorosamente, la regola del "se - e solo se - questa versione dei fatti può farmi comodo", stop! Sarebbe opportuno ricordare che la continua ripetizione della notizia della morte di Pamela è stata la 'molla' che ha fatto 'scattare' la reazione di Traini, certamente non un tipo tranquillo. Di fatto, i due eventi non sono 'slegati': sono le due facce della stessa medaglia. Entrambi sono frutto di una condizione sociale ed economica disastrosa, benché vista da due punti diversi: quello della martire e quello del carnefice. Non è soltanto una storia di razzismo.


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Riccardo Ciccarè - Pontinia - Mail - venerdi 16 febbraio 2018 10.54
Articolo eccellente


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